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Potere assoluto. Il giro di vite su diritti ed economia del neo-sultano

by Michele Lipori

di Michele Lipori. Redazione Confronti

Il Partito democratico dei popoli (Hdp), terza forza nel Parlamento di Ankara che unisce una coalizione filo-curda e di sinistra della Turchia,rischia di essere destituito. La richiesta viene dal procuratore generale della Corte di cassazione, Bekir Sahin, che – come riportato dalla Bbc – accusa il partito guidato da Selhattin Demirtas (avvocato, attivista per i diritti umani,fondatore di Amnesty international a Diyarbakır) di avere «un ruolo attivo nel reclutamento di elementi dell’organizzazione terroristica armata Partito dei lavoratori del Kurdistan (Pkk)», e di tentare «con le sue dichiarazioni e i suoi atti di distruggere l’unità indivisibile tra lo Stato e la nazione».

Sahin ha inoltre richiesto l’interdizione dalle attività politiche per la durata di cinque anni nei confronti di 687 dirigenti dall’Hdp, incluso lo stesso Demirtas che versa nella condizione di detenuto in attesa di giudizio dal 4 novembre 2016 proprio per presunti legami con il Pkk. I vertici dell’Hdp – che è stato, nel 2015,il primo partito con radici curde a entrare in Parlamento, superando la soglia di sbarramento del 10% – negano ogni legame con il Pkk, e hanno commentatola richiesta definendola «Un golpe politico» invitando «tutte le forze democratiche a lottare insieme».

Oltre al risultato del 2015 ricordiamo che l’Hdp ha dato un appoggio che fu determinante per l’opposizione nel conseguire la vittoria a Istanbul durante le elezioni amministrative del 2019. Per la prima volta dopo 25 anni la città sul Bosforo era passata a un partito non vicino a Erdoğan. Demirtas, inoltre, anche nella condizione di detenuto in attesa di giudizio ha raggiunto l’8,4% delle preferenza alle elezioni presidenziali del 2018.La Corte europea dei diritti umani ha condannato la Turchia per violazione degli articoli 5, comma 3 e 18 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo per aver tenuto in carcerazione preventiva un esponente politico durante importanti scadenze elettorali, comprimendo la dialettica democratica. 

Contemporaneamente alla richiesta di Sahin, la Grande assemblea nazionale turca (il Parlamento) ha destituito un altro deputato dell’Hdp, Ömer Faruk Gergerlioğlu, con l’accusa di “propaganda terroristica”. Facendo così scendere a 55 i parlamentari in carica del partito filocurdo, che dopo i risultati elettorali del 2018 ne aveva eletti 67, con quasi 6 milioni di voti.Nelle prossime settimane, altri deputati rischiano la stessa sorte. «Condanniamo fermamente la decisione di privare Ömer Faruk Gergerlioğlu, difensore dei diritti umani e deputato del Partito democratico dei popoli (Hdp), del suo seggio parlamentare e dell’immunità parlamentare il 17 marzo 2021, e la sua successiva detenzione».

Questo il commento sulla vicenda del relatore permanente sulla Turchia del Parlamento Ue, Nacho Sánchez Amor, e il presidente della delegazione della commissione parlamentare mista Ue-Turchia, Sergey Lagodinsky in una nota congiunta. Nell’ultimo periodo si è assistito a una grande inversione a “u” sui diritti, specialmente delle donne. Con un decreto pubblicato durante la notte del 20 marzo scorso, Erdoğan annuncia infatti chela Turchia abbandonerà la Convenzione di Istanbul contro la violenza sulle donne dopo dieci anni dal suo lancio e di cui il governo di Ankara fu il primo firmatario.

La motivazione di questa scelta starebbe nel fatto che la Convenzione sarebbe “contro l’islam”, incoraggerebbe i divorzi e l’omosessualità. In particolare, il vice presidente turco Fiat Oktay,ha commentato su Twitter il ritiro della Turchia dalla Convenzione, definendolo un modo «per elevare la dignità delle donne turche» che risiederebbe «nelle nostre tradizioni e nei nostri costumi» e, dunque, non nell’imitazione di esempi “esterni”.

Immediata la reazione delle donne turche, che sono scese in piazza per manifestare contro la decisione con lo slogan «Non potrete cancellare in una notte anni di nostre lotte. Ritira la decisione, applica la Convenzione» lanciato dalla piattaforma indipendente Fermiamo i femminicidi che da anni monitora i casi di violenza contro le donne nel Paese. La stima è che, solo nel 2020, siano almeno 409 le donne uccise da mariti, partner e familiari. 171 sono, invece, le donne morte in “circostanze sospette ancora da chiarire”. «Un enorme passo indietro che compromette la protezione delle donne», denuncia il Consiglio d’Europa, promotore della Convenzione finora firmata da 45 Paesi e dall’Ue.

Altra notizia preoccupante, questa volta in ambito economico, è quella del crollo del 17% (rispetto al dollaro americano)della lira turca sul mercato dei cambi. È ciò che è accaduto lo scorso 22 marzo dopo la cacciata del capo della banca centrale Naci Agbal, ex ministro delle Finanze vicino a Erdoğan e posto alla guida della politica monetaria turca per far fronte all’inflazione. Non sono state rese pubbliche, finora, le motivazioni della deposizione di Agbal, ma la decisione arriva dopo l’ordine di quest’ultimo di alzare di due punti il costo del denaro (raggiungendo così un tasso del 19%). Agbal era in carica da cinque mesi ed è il terzo banchiere centrale destituito in due anni.

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Michele Lipori

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