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Fotografie (Argentina)

by Nadia Angelucci

di Nadia Angelucci. Giornalista e scrittrice

Sono passati 40 anni dal ritrovamento dell’elenco degli iscritti alla Loggia massonica Propaganda 2. Se la storia di Licio Gelli e delle sue amicizie sudamericane è abbastanza nota, quella di Victor Basterra – un grafico e fotografo con simpatie peroniste sequestrato dalle squadracce della dittatura argentina nel 1979 – , ha viaggiato sottotraccia.

Sono passati 40 anni da quando, durante una perquisizione a Villa Wanda, residenza di Licio Gelli, ordinata dai giudici milanesi Gherardo Colombo e Giuliano Turone, apparve l’elenco degli iscritti alla Loggia massonica Propaganda 2: una lista di 962 nomi che comprendeva militari, appartenenti ai servizi segreti, parlamentari, ministri, banchieri, giornalisti, magistrati, imprenditori.

La scoperta dell’esistenza della P2 fu un terremoto per l’Italia della Prima repubblica rivelando la presenza di una “organizzazione marcatamente antisistemica”, così come si dice nella Relazione della Commissione parlamentare d’inchiesta sulla Loggia massonica P2, la cui azione, nelle ricostruzioni giudiziarie, si è rivelata essere al centro dei principali e tragici misteri della storia italiana.

Dopo il rinvenimento di quell’elenco Licio Gelli sparì dalla circolazione fino a quando, il 13 settembre del 1982, fu arrestato a Ginevra nella sede della banca di credito svizzera Ubs. Gli agenti trovarono nella sua valigetta due passaporti falsi, di nazionalità argentina.

Solo qualche anno dopo si scoprirà che quei documenti erano stati fabbricati all’Esma – Escuela de la Mecanica Armada – di Buenos Aires che tra il 1976 e il 1983 era stato uno dei centri di detenzione clandestini ed illegali della dittatura civico militare, un luogo di vessazioni e torture da cui erano scomparse, soprattutto nei tristemente famosi voli della morte che partivano proprio da lì ogni mercoledì, circa 5000 persone.

La storia di quei passaporti la racconterà Victor Basterra, un grafico e fotografo con simpatie peroniste sequestrato dalle squadracce della dittatura argentina nel 1979, portato all’Esma, torturato e poi messo a lavorare come schiavo nel laboratorio fotografico del Centro.

In cambio della promessa di salvare la vita alla sua compagna e a sua figlia Basterra fabbricava documenti falsi per i militari argentini e gli agenti stranieri che sostenevano la dittatura e che erano impegnati in azioni di guerra sporca tra il Cile, l’Uruguay, il Brasile e l’Argentina.

Se la storia di Licio Gelli, delle sue amicizie sudamericane, delle ricchezze accumulate in quel continente, della vicinanza alla dittatura argentina e dei suoi affari in Uruguay è abbastanza nota, quella di Victor Basterra ha viaggiato sottotraccia.

I due però, tra il 1979 e il 1981, si sono incontrati in qualche sotterraneo dell’Esma, e Basterra più tardi ha ricordato che la presenza di italiani fiancheggiatori della dittatura in quel carcere clandestino era consistente: «Tra di loro ce n’era uno che ricordo bene e che entrava e usciva liberamente da quel posto. Dopo ho capito che era un pezzo grosso. Si chiamava Licio Gelli».

È a partire dal 1980, quando la stretta sorveglianza a cui era sottomesso inizia ad ammorbidirsi un poco, che Basterra inizia a nascondere le foto che faceva ai militari; invece di scattare le quattro necessarie per il documento ne faceva cinque. La quinta la nascondeva nella busta dei negativi e la archiviava. A poco a poco, quando sul finire della dittatura gli permisero di visitare la sua famiglia all’esterno, il fotografo cominciò a portare fuori dall’Esma le foto.

È più o meno nello stesso periodo che si accorge che i militari avevano ammassato in un bidone un gruppo di foto da bruciare. Victor si avvicina al mucchio e vede tra le altre una sua foto, scattata il giorno in cui era stato arrestato. Allora ne acchiappa una manciata, se le mette nei pantaloni e riesce a portarle fuori.

Tutto il materiale che Basterra riesce a trasportare fuori dall’Esma, e che poi consegnerà alla Comisión Nacional sobre la Desaparición de Personas, servirà per riconoscere e portare in giudizio molti di coloro che sequestrarono, torturarono, uccisero, e per aiutare a saperne di più sul destino di alcuni desaparecidos.

Victor Basterra è morto lo scorso novembre. La sua vita, dopo l’Esma, è stata spesa nel raccontare al mondo le atrocità della dittatura. Ha rilasciato interviste, guidato visite all’interno della stessa Esma, dichiarato davanti a tanti tribunali.

Il 22 luglio 1985, lo scrittore Jorge Luis Borges assistette alla sua testimonianza nel processo alla giunta militare. Mentre lasciava l’aula disse: «Mi sento come se fossi uscito dall’inferno». Borges aveva applaudito il golpe del 1976, aveva pranzato con il dittatore Videla, aveva ricevuto una onorificenza da Augusto Pinochet e aveva poi gradualmente cambiato atteggiamento firmando il primo appello delle Madri de la Plaza de Mayo. Ma questa è un’altra storia.

Nadia Angelucci

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