di Goffredo Fofi. Scrittore, critico letterario e cinematografico, giornalista. Direttore della rivista Gli asini.
Nel 1967 vivevo tra Parigi e Milano, a Parigi frequentavo soprattutto amiche e amici latino-americani ed ero diventato amico del gestore della libreria spagnola di rue Monsieur-le-Prince, nel Quartiere Latino, un anarchico spagnolo diventato francese dopo la sconfitta della Repubblica. Fu grazie a lui che potei leggere tra i primi in Europa, in lingua originale, un romanzo che mi travolse e che diventò mitico già un anno dopo, nel 1968, Cent’anni di solitudine di Gabriel García Márquez, tradotto rapidamente in Italia da Feltrinelli. In quella scoperta c’entrava per qualcosa anche la tragica morte del Che, appena un anno prima.
Esplodeva il cosiddetto boom della letteratura latino-americana, sia ispanica che lusitana, e ne scoprimmo e ne amammo la grande ricchezza, la barocca vitalità. Il boom ci fece ri-scoprire Jorge Louis Borges e altri “vecchi” e ci fece scoprire scrittori formidabili come Juan Rulfo, Robert Arlt, Julio Cortàzar, Octavio Paz (poi premio Nobel), Carlos Fuentes, João Guimarães Rosa, Elena Poniatowska, José Marí Arguedas, José Lezama Lima, Josè Donoso, Augusto Roa Bastos, Alejo Carpentier y Valmont, Miguel Ángel Asturias (un altro Nobel, che ho avuto la fortuna di conoscere a Parigi grazie al figliastro, diventato più tardi uno dei più ostinati capi della guerriglia), Antônio Carlos Callado, Jorge Amado, Clarice Lispector e tanti altri, che trovammo rapidamente antologizzati in un prezioso volume Vallecchi curato da Franco Mogni, un amico argentino-milanese, pochi anni dopo.
Di questa voga, oggi purtroppo normalizzata, infiacchita, uno dei nomi non del tutto minori e che certamente usufruì della voga e la cavalcò, è stato Luis Sepúlveda (1949-2020, cileno, morto in Spagna), dalla vita avventurosa e ribelle, tra gli indios e sui mari con Greenpeace, fino all’ultimo a fianco di Allende e oppositore di Pinochet e per questo in carcere e in esilio, ma pur sempre dotato di una carica vitale invidiabile, e di straordinaria simpatia umana anche quando, diciamolo, ci sembrava un po’ attore, anche troppo.
Fui tra i primi a entusiasmarmi e a propagandare tra gli amici il romanzo che lo rese famoso, Il vecchio che leggeva romanzi d’amore, la storia vivace e a suo modo allegra, vitale, di avventure tra città e giungla di un vecchio che è dagli indios che ha imparato il giusto e l’ingiusto, e che, quando tra i suoi simili, ama sopra ogni altra cosa leggere romanzi d’amore (detesta il nostro Cuore, per esempio, troppo pieno di disgrazie, e predilige il melenso Rosario di Florence Barclay che per fortuna pochi hanno letto…). La sua grande impresa sarà quella di dar la caccia a una omicida femmina di tigrillo, che si vendica ferocemente degli uomini che le hanno massacrato la prole.
Il “vecchio che leggeva romanzi d’amore”, Antonio José Bolivar, è diventato un personaggio esemplare della letteratura degli anni del boom, e la sua storia un long-seller, seguito immancabilmente da molti altri libri di Sepúlveda, di segno vieppiù fiabesco, celebre su tutti la Storia di una gabbianella e del gatto che le insegnò a volare. È legando il suo ritratto di Sepùlveda e i suoi ricordi di fedele traduttrice delle sue opere in italiano (sempre per Guanda) alle sue più fortunate invenzioni che Ilide Carmignani, bravissima, e benemerita tra l’altro per quanto ha fatto per farci conoscere e amare Roberto Bolaño, ha scritto una Storia di Luis Sepúlveda e del suo gatto Zorba (Salani), un’abile e agile narrazione che evoca vita avventure convinzioni di Luis Sepulveda, dalla cui personalità è stata anche lei affascinata. Di fatto, una narrazione che sembra sfociare nella fiaba, come nelle opere del maestro…
Fu un grande scrittore, Sepúlveda? Qualche dubbio io continuo ad averlo, ma certamente fu un grande, un grandissimo personaggio, e un uomo di grande coraggio, generosamente estroverso, amante della vita (con solo umana) e della natura.
Ph. © https://www.flickr.com/photos/ezrarhesus/
Goffredo Fofi
Scrittore, critico letterario e cinematografico, giornalista. Direttore della rivista Gli asini