di Samuele Carrari. Libraio, Claudiana Milano
Per il Weekly di Confronti in uscita il 1° maggio andiamo a presentare La tirannia del merito. Perché viviamo in una società di vincitori e di perdenti, Feltrinelli. Con questo bel libro, appena uscito in Italia, vogliamo qui proporvi l’intervento del filosofo morale statunitense Michael Sandel che, fin dagli anni Ottanta, si occupa di temi quali la giustizia sociale e la critica al neoliberismo occidentale, attraverso la continua ricerca di un’alternativa credibile e, soprattutto, percorribile.
Attraverso lo sviluppo del saggio, l’autore va a colpire alcune parole figlie dei nostri giorni: il merito e la meritocrazia, l’ascesa e il credenzialismo; concetti che giungono a noi, in Italia e non solo, come concetti innovativi, come nuove strade da percorrere in una società stagnante e bloccata, in cui hanno successo solamente gli amici degli amici, clientela varia, quando non direttamente coloro che possano vantare veri e propri legami di tipo mafioso.
Il merito sembra porre definitivamente fine a questa storia tipicamente nostrana, portando con sé un vento nuovo: il concetto stesso di giustizia, basato sull’applicazione personale e sul successo individuale. Ma è proprio questo l’inganno di cui parla Sandel. Non è possibile parlare di governo dei migliori senza addurre contemporaneamente un’ingiustizia di fondo, quella alimentata dalla disuguaglianza che sta alla base di partenza. Senza equità, senza una reale opportunità paritetica, non è quindi possibile parlare di giustizia.
Vincerà semplicemente chi ha più mezzi e questo fatto, come possiamo immaginare, è legato anche al caso. In un mondo globalizzato, non possiamo certo non considerare fattori influenti il luogo di nascita (o l’emisfero) o i mezzi di cui si beneficia in partenza. Di più. Anche i talenti che si possiedono non sono sicuramente ascrivibili all’assunto che ognuno e ognuna di noi possa svilupparne e beneficiarne in egual misura. Che si creda in Dio o meno, che si parli di talenti o doni frutto di un disegno o del caso, l’equazione non cambia. E all’ingiustizia di partenza, poi, si aggiunge la mortificazione degli sconfitti: coloro che perdono questa gara per la vita, avranno perso da soli e solamente per colpa loro.
La colpa, altra parola chiave analizzata da Sandel. Di per sé, ad esempio, l’invito allo studio – Sandel cita come esempio i continui appelli dell’amministrazione Obama a prendersi una laurea – non rappresenta certo una cosa sbagliata, ma élites qualificate non possono non considerare il giudizio intrinseco cui sottopongono la maggioranza della nostra società: se non studi e non ottieni una qualifica, non otterrai successo e sarà un tuo fallimento.
Ma non possiamo certo pensare che a una società composta nella sua totalità da donne e uomini provvisti di questo attestato, soprattutto considerando le diverse e dispari condizioni di partenza. Occorre quindi una modifica strutturale alla concezione stessa della dignità del lavoro in senso etico ed economico, anche attraverso un salario decente, appunto. I moti di protesta, cavalcati e trasformati nei più sordidi populismi, sono ampia testimonianza dell’urgenza di questo dibattito pubblico sul lavoro e sul bene comune: la retorica meritocratica dell’ascesa ha perso evidentemente la sua capacità di ispirare, trasformandosi in un insulto.
La pandemia ha inoltre posto l’attenzione su quei mestieri che spesso non vengono considerati essenziali: cosa faremmo senza coloro che si occupano dei nostri rifiuti? Come potremmo gestire la nostra spesa senza coloro che tengono aperti i supermercati? E questi lavori, come vengono giudicati socialmente? Sicuramente occorre lavorare affinché l’accessibilità alle fonti di istruzione diventi effettivamente paritaria, e accettare il ruolo della fortuna nella propria condizione personale potrebbe essere un primo, umile, passo politico.
Guarda il video di Michael J. Sandel su La tirannia del merito su TED!
Samuele Carrari
Libraio, Claudiana Milano