di Fulvio Ferrario. Professore di Teologia sistematica e Decano della Facoltà valdese di teologia di Roma.
Il Responsum della Congregazione per la Dottrina della Fede del 22 febbraio, reso pubblico a metà marzo ha ribadito che – per la Chiesa cattolica – non è lecito benedire forme di unione diverse dal matrimonio. La Congregazione ricorda, inoltre, che non sussistono analogie, “neppur remote”, tra le unioni omosessuali e il matrimonio.
Niente di nuovo in Vaticano. Non è lecito benedire forme di unione diverse dal matrimonio. La benedizione costituisce infatti, secondo la dottrina romana, un “sacramentale”, cioè un rito che può riguardare solo situazioni intrinsecamente “buone”. Poiché le unioni al di fuori del matrimonio non lo sono, non possono essere “coonestate” (sic), cioè legittimate, mediante un rito. Ciò vale per le unioni omosessuali, ma anche per quelle etero tra persone non sposate.
Il Responsum della Congregazione per la Dottrina della Fede del 22 febbraio, reso pubblico a metà marzo, precisa che tale decisione non costituisce una “ingiusta discriminazione”; che le benedizioni alle persone (anche omosessuali, ma che si comportano secondo le indicazioni della Chiesa cattolica) restano possibili, che comunque Dio benedice i suoi figli. Insomma, nessuna economia di benedizioni, né in cielo né in terra, ma non per le coppie non sposate.
Lo stesso pontefice aveva a suo tempo dichiarato, come ora ricorda la Congregazione, che non sussistono analogie, “neppur remote”, tra le unioni omosessuali e il matrimonio (così l’Amoris Laetitia, n. 251); per le unioni etero, sembra di poter dire, qualche analogia, almeno “remota” c’è, ma appunto, non basta.
Mentre scrivo, non dispongo ancora di una rassegna degli echi, ma non è difficile immaginarli. Nella Chiesa cattolica, la “destra” sarà sollevata: meno male che almeno qualche puntino sulle “i” lo si mette ancora. Il “centro” spiegherà che si tratta di un gesto di misericordia, che evita pericolose confusioni, senza emarginare nessuno. Il “centro-sinistra” dirà che, anche se a prima vista non sembra, si tratta in realtà di un importante primo passo, in quanto ci si pone il problema; tale promettente sviluppo è reso possibile, naturalmente, dalla primavera dello Spirito inaugurata da papa Francesco.
Quale fosse l’inverno precedente e chi ne fosse responsabile resta, di solito, non chiarito: chi chiede ragguagli riceve per lo più, come risposta, un sorrisino che vorrebbe essere complice e indicare che “ci siamo capiti”. Infine l’“estrema sinistra”, che invoca un deciso cambio di rotta (una “riforma”), per una Chiesa meno monarchica, sinodale, che ordini al ministero donne e uomini e che si rapporti alle sfide etiche del tempo in base a criteri diversi. Se dici che questo esiste già e si chiama Protestantesimo, l’estrema sinistra cattolica si arrabbia.
Già, il Protestantesimo. In effetti, sul punto toccato dalla Congregazione, le Chiese protestanti “classiche”, in particolare quelle del Nord del pianeta, sono completamente isolate.
Il mondo ortodosso, infatti, è ancora più radicale di Roma e in qualche caso appoggia persino la repressione poliziesca delle persone omosessuali (per amore, si capisce, come fraterno invito alla conversione); quello pentecostale e, più in generale, evangelical, tende a pensarla allo stesso modo.
Tutti insieme ricordano a gran voce che anche la Chiesa del passato, eminentemente compresa quella protestante, è unanime sull’argomento. Provate voi a essere gay friendly nella Ginevra di Calvino! Sono i protestanti di oggi che si sono venduti allo “Spirito del tempo”.
Costoro sostengono un argomento esattamente opposto a quello dell’Amoris Laetitia: tra le unioni omoaffettive, quelle etero diverse dal matrimonio e il matrimonio stesso sussistono significativi elementi di analogia. La Chiesa del passato non li ha visti, come non ha visto, ad esempio, la problematicità morale della schiavitù.
Non si tratta, naturalmente, di fare il processo alle generazioni passate, bensì di interrogarsi su come annunciare oggi il messaggio liberante dell’Evangelo.
La grande maggioranza delle Chiese cristiane ritiene che la riproposizione di uno schema consolidato svolga un buon servizio in tale direzione e che i frutti avvelenati della discriminazione siano incidenti di percorso che non intaccano il principio: l’esercizio della sessualità genitale è moralmente costruttivo solo all’interno del matrimonio.
Le Chiese protestanti classiche sviluppano un discorso diverso. Lutero, Calvino, Bonhoeffer non lo hanno svolto: ma è stata anche la loro riflessione e la loro testimonianza a renderlo oggi possibile.
Fulvio Ferrario
Professore di Teologia sistematica e Decano della Facoltà valdese di teologia di Roma