di Gianfranco Pagliarulo. Presidente nazionale Associazione Nazionale Partigiani Italiani.
(Intervista a cura di Claudio Paravati)
Col Congresso del 2006 e il cambio di statuto, l’ANPI ha aperto anche ai non partigiani. Questa importante apertura vuole essere un segno della volontà di continuare a perpetuare la Memoria della Resistenza di generazione in generazione.
Io sono il secondo presidente non partigiano, ma da sempre vicino all’ANPI. Fin da ragazzo mi aveva attratto l’insieme dei valori della Resistenza italiana; valori storicamente determinati, e che secondo me sono attuali specialmente oggi: la repubblica democratica, la libertà, la giustizia sociale, la solidarietà e la prossimità, l’unità contro il nemico comune, la pace. Se si considera l’insieme di questi valori, si disegna un’altra idea di società.
Per esempio?
L’idea di solidarietà, per l’appunto, fu lo spirito in base a cui operavano le bande partigiane, e l’articolo 2 della Costituzione parla proprio della solidarietà come un dovere;vale ad esempio rispetto al fenomeno delle grandi migrazioni in corso nel mondo, e vale nel rapporto fra Nord e Sud del Paese. E poi, oggigiorno, solidarietà davanti alle due tragedie che si incrociano e si intrecciano, che stiamo vivendo, vale a dire la tragedia della pandemia – ad oggi ci sono 118mila morti per Covid-19 solo nel nostro Paese – che si intreccia con la tragedia della rovina di decine, centinaia di migliaia di famiglie, per motivi legati alle chiusure imposte dalla crisi. Si pone un problema enorme di solidarietà.
Come possiamo descrivere l’ANPI del 2021?
L’ANPI, dal punto di vista statutario, era un’associazione a cui potevano aderire i partigiani e i loro familiari. Dopo il 2006 hanno potuto aderire tutti coloro che non erano né partigiani né familiari dei partigiani, ma semplicemente anti-fascisti. Infatti noi ci auto-definiamo la “casa degli anti-fascisti”. Da quel momento in poi è avvenuto l’irregolare, alle volte lento alle volte veloce, processo di ingresso all’interno dell’ANPI di altre generazioni. Questo processo ha assunto un valore simbolico speciale quando nel 2017 è stata eletta come presidente Carla Nespolo, la prima donna presidente nazionale, ma anche la prima presidente nazionale dell’ANPI non partigiana. Carla è mancata, ed è stata per noi una perdita enorme. Ad oggi in tutta Italia, cioè in tutte le province italiane, contiamo un totale di 130mila iscritti.
Così tanti iscritto sono il segnale di una voglia di fare politica?
È successo che gli ultimi dieci anni, sono stati gli anni della progressiva e sempre più veloce, poi conclamata, crisi dei partiti e della militanza politica. Questo ha portato al fatto che una parte dei nostri iscritti provenissero da esperienze politiche poco soddisfacenti a causa di questa crisi. Ciò ha comportato da parte nostra l’utilità ed opportunità di una speciale formazione perché, come noi sottolineiamo sempre, l’ANPI fa politica ma non è un partito. Fa politica perché è un diritto e dovere di tutti i cittadini, tutti facciamo politica sia in forme individuali che in forme organizzate. Non è un partito perché sarebbe una scelta del tutto sbagliata, impropria per la stessa ANPI in quanto organizzazione pluralista. I partigiani erano di tante formazioni politiche e molti di essi di nessuna. L’anti-fascismo non è un’ideologia ma un punto di vista che accomuna culture politiche diverse come nella storia e nella vita vissuta dai partigiani del nostro Paese.
Cosa pensa quando vede giovanissimi che si dicono fascisti?
Gli anni di maggiore sensibilità e di formazione sono gli anni della giovinezza. Non è un caso che i grandi movimenti sociali siano sempre innescati dalle giovani generazioni. Anche la Resistenza è stato un fenomeno portato avanti da centinaia di migliaia di persone, la cui stragrande maggioranza erano ragazzi, alcuni dei quali molto giovani.
Abbiamo avuto negli ultimi decenni una crisi di valori spaventosa, e da ciò è derivata un’ondata di nichilismo, per una serie di ragioni che riguardano il rapporto tra la politica e la cultura italiana. Le giovani generazioni si sono trovate spaesate in una caduta di riferimenti ideali e morali che ha trovato l’intera società impreparata.
In questo scenario di macerie, i messaggi di “mito” portati avanti dai fascisti, fondati su un irrazionalismo di fondo che viene sovente teorizzato, possono avere più presa. Questo naturalmente non riguarda tutti i giovani, perché c’è una parte rilevante che ha una salda cultura democratica, ma può accadere che un ragazzo, davanti a cattivi maestri si aggrappi a dei miti di cui non ha conoscenza e competenza. Come rispondere a questo tentativo dei fascisti di creare una relazione con parti delle giovani generazioni? Con la cultura e con la formazione.
L’ANPI come fa a favorire questo processo di cerniera della Memoria che rischia, col passare del tempo, di andare a perdersi?
Proprio ieri c’è stato un incontro con il ministro dell’Istruzione Bianchi riguardo al portale creato dall’A.N.P.I., Noi, partigiani. Memoriale della Resistenza italiana, che contiene numerose interviste, lavorate da un folto gruppo di giornalisti, capeggiati da Laura Gnocchi e Gad Lerner, ed altrettanti partigiani viventi. Queste interviste saranno circa 500. La nascita del portale è avvenuta in occasione del 25 aprile con una prima tranche di interviste. Una seconda tranche sarà inserita il 2 giugno, Festa della Repubblica, e una terza il 25 luglio (caduta del fascismo). Queste interviste sono la rappresentazione della memoria diretta dei partigiani e della loro vita da ragazzi, come quelli che frequentano le scuole e le università del nostro Paese. Il ministro dell’Istruzione, in base a un accordo che c’è tra l’ANPI e il Miur, si è impegnato a utilizzare il memoriale come strumento formativo per i ragazzi.
Noi in quanto ANPI raccogliamo il testimone dei partigiani di cui conosciamo la memoria e diventiamo portatori di una memoria, per così dire, di seconda generazione. In analogia a quello che hanno fatto i 500 partigiani con il memoriale, non solo proponiamo la memoria del passato come memoria attiva, ma collochiamo la memoria del passato nel presente, e lo usiamo come strumento di interpretazione e azione nel presente. Se il partigiano ricorda le leggi razziali del ’38, possiede e offre uno strumento in più per contrastare il razzismo, la xenofobia e il nazionalismo contemporaneo. Questo è un esempio di memoria attiva e fa parte della mission dell’ANPI.
Cosa sogna l’ANPI per la ricostruzione del Paese dopo la pandemia?
Si dice da anni che viviamo un tempo di passioni tristi e questo accade quando ci si propone davanti un “futuro minaccia”, ovvero nessuna prospettiva di lavoro, tensioni sociali, e pandemia. L’alternativa a questo è il “futuro promessa” che permette di uscire dal tempo di passioni tristi e tornare a un tempo di passione, che oltre al significato di sofferenza porta con sé quella di attrazione irrefrenabile, attrazione per una società diversa e migliore, che è già scritta ed è quella disegnata dalla Costituzione ed è solo parzialmente attuata.
Quali pericoli vede all’orizzonte?
Uno di questi è il “sovranismo”, o per meglio dire il “nazional-populismo”; ma c’è anche la crisi economica. Possiamo uscirne con lo stesso meccanismo economico-sociale che ha governato l’Italia negli ultimi 30 anni? Se si pensa di far confluire gli straordinari finanziamenti europei esclusivamente in alcuni settori dell’economia italiana, dimenticando centinaia di migliaia di famiglie che costituiscono quel tessuto così disgregato di tanta parte del lavoro materiale italiano, si commette un errore mortale. Soltanto nel 2020 durante la pandemia il numero di poveri assoluti è arrivato a superare i 5 milioni e mezzo. Quindi è impensabile non porre in cima alle priorità una trasformazione del Paese che comprenda, certo, innovazione e digitalizzazione, ma che intervenga anche in modo programmatico per restituire lavoro a chi lo ha perso. Penso per esempio alla manutenzione edilizia, alla sistemazione del verde pubblico, al riassetto idrogeologico. Il che presuppone un importante intervento pubblico. Non si vive di solo business. Si vive specialmente di dignità e di valore del lavoro. L’A.N.P.I. non è un partito quindi non può e non vuole avanzare programmi, ma può e vuole avanzare proposte di indirizzo. E ci auguriamo che qualunque sia il piano di rinascita del Paese, questo sia misurato non soltanto sull’aumento del Pil, ma sulla soluzione della questione sociale che oggi attanaglia il Paese in una delle forme più drammatiche dal secondo dopoguerra.
Oggi l’Italia ha più di 5 milioni di migranti residenti regolari, e un pluralismo culturale e religioso nuovo rispetto a solo qualche decennio fa. Cosa significa leggere la storia dei partigiani per un ragazzo di nuova generazione?
Da oltre un anno è presidente di una sezione ANPI in provincia di Bologna, Sirin Ghribi, una giovane ragazza italiana, la cui famiglia è di origine tunisina, questa è la risposta! E ancora: l’ANPI di Brindisi, per esempio, è impegnata in un’attività di solidarietà e sostegno alle comunità di migranti che vivono nel territorio. Penso che questa integrazione sia non solo possibile, ma necessaria nel pieno rispetto delle diverse religioni e concezioni del mondo che sono presenti nel nostro Paese. Penso inoltre che i valori della Resistenza siano storicamente determinati, ma anche storicamente universali. La Resistenza non è stato altro che la conquista del diritto di “essere liberi di essere liberi”; e penso che questo faccia parte del desiderio di tutti gli uomini e le donne, indipendentemente dalle culture, dalle confessioni sia politiche che religiose. Chi viene dalla Siria, come può non essere favorevole a un’idea di un mondo che viva finalmente in pace? Qualcuno che viene dalla Libia, come può non contemplare l’idea di un mondo fondato sulla fratellanza? L’idea di ritrovarsi davanti a una catastrofe globale come quella della pandemia o del disastro climatico richiama a una relazione fra tutte le persone che pone una questione fondamentale, ovvero la necessità di un nuovo Umanesimo, di una visione del mondo che ponga al centro l’umanità unita dall’idea della fratellanza. Cosa vuol dire l’internazionalismo del Novecento se non la fratellanza i popoli di tutti i Paesi? E cosa implica l’immagine del confine intesa come una finestra attraverso la quale abbracciare l’altro e non come un muro che separa dal nemico, se non un nuovo Umanesimo che vede l’umanità unita da un sentimento di fratellanza?
Gianfranco Pagliarulo
Presidente nazionale Associazione Nazionale Partigiani Italiani