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Arrivederci Ramadan, mese di digiuno e misericordia

by Layla Mustapha Ammar

di Layla Mustapha Ammar (Islamologa)

A chi si interroga se fra le pratiche religiose dell’islam ci sia qualcuna che come nessun’altra ha tanta influenza sui popoli musulmani in tutto il mondo, si può tranquillamente rispondere che il digiuno obbligatorio nel mese di Ramadan occupa il primo posto. Anche i musulmani più negligenti nella loro fede in altri precetti non oserebbero ad esempio mangiare in pubblico in pieno giorno, durante quel mese, in tutto il mondo musulmano. 

È interessante osservare come in questi due anni di pandemia, oltre alla chiusura parziale delle mete di pellegrinaggio verso i santuari di Mecca e di Medina, in Arabia Saudita, così come la moschea di Al-Aqsa a Gerusalemme, e altri luoghi santi sciiti che si trovano in Iraq, c’è stato anche il divieto di incontrarsi per la preghiera della rottura serale del digiuno (iftar), mettendo tutti i credenti ad una nuova esperienza di “Ramadan Digitale”, con la tecnologia che aiuta ad accorciare le distanza tramite una piattaforma digitale che invita a pregare da casa prenotando on line il proprio posto alla moschea  in tutta sicurezza per sé e per gli altri.

Oltre un miliardo e mezzo di musulmani nel mondo hanno iniziato il 13 aprile il digiuno (awm) atto di culto prescritto durante Ramadan – nono mese del calendario islamico – e anche uno dei cinque pilastri dell’islam, insieme alla professione di fede (shahadah), alla preghiera (salat), all’elemosina (zakat), e al pellegrinaggio alla Mecca (hajj). Questo mese di benedizione e di misericordia possiede una dimensione spirituale e sociale molto intensa, in cui la fede autentica si manifesta nel consolidare i valori religiosi che si fondono nei valori umani della carità, della fratellanza e soprattutto nella compassione e la pietà verso i più bisognosi. 

Un intero mese dedicato alla preghiera, al raccoglimento e all’astensione completa da cibi, bevande, rapporti sessuali e fumo dal momento che precede lo spuntare dell’alba (fajr) fino al tramonto del sole (maghrib). Secondo la tradizione islamica, digiunare vuol dire anche trattenere l’anima dal seguire i suoi desideri e allontanarla dalle cose che ama, con lo scopo di rafforzare l’autocontrollo che tiene a freno il desiderio del credente dalla fame e la sete per timore e obbedienza.

Tuttavia, c’è un segreto soggettivo e misterioso che si stabilisce attraverso il digiuno tra il credente e Dio e nessun’altro, una lotta spirituale all’interno dell’essere umano che lo riporta attraverso l’amore e la ragione a controllare la propria vita senza essere schiavo del desiderio. Un addottrinamento della propria volontà che disciplina i propri desideri irrazionali mettendo il sé non solo alla prova ma soprattutto al di sopra delle tentazioni fisiche secondo un preciso senso dell’ordine fisico e spirituale congiuntamente.

Tra pochi giorni – il 13 maggio – una nuova luna sorgerà annunciando la fine di Ramadan e l’inizio del mese di Shawāl, e con esso si conclude questo breve percorso spirituale, praticato seppur con espressione diversa, anche nelle altre religioni monoteistiche e dai grandi mistici della storia dell’uomo. 

Layla Mustapha Ammar

Layla Mustapha Ammar

Islamologa

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