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Chiese e democrature

by Fulvio Ferrario

di Fulvio Ferrario. Professore di Teologia sistematica e Decano della Facoltà valdese di teologia di Roma.

Sintesi di democrazia e dittatura, la democratura è un regime politicamente autoritario che si legittima con le procedure formali della democrazia. Ma che cosa dicono le Chiese della democratura?

L’Europa del XXI secolo vede, al proprio interno, un certo numero di regimi politicamente autoritari che però si legittimano con le procedure formali della democrazia, segnatamente con le elezioni; si parla, dunque, di democrature (sintesi di democrazia e dittatura) o di “democrazie illiberali”: l’espressione è di Viktor Orbán, che in materia è molto competente; in Ungheria e in Polonia, dove ci si muove nella stessa direzione, sono membri dell’Unione europea.

Il loro spauracchio geopolitico, il gigante russo, condivide con i propri ex satelliti l’avversione per il modello occidentale di democrazia e non si preoccupa di camuffare una continuità autoritaria che ha radici lontane: il satrapo è un ex ufficiale del Kgb e la sua polizia politica ha sede alla Lubjanka e al tempo stesso il regime ha un’inconfondibile coloritura neozarista.

Evidentemente, non si tratta di una questione di filosofia politica, bensì tristemente pratica: le democrature limitano o cancellano gli spazi di opposizione e non raramente ricorrono alla violenza psicologica e anche fisica per perseguire i loro fini liberticidi. Chi si sforza di pensare in termini europei non può non interrogarsi sulle conseguenze della presenza, nella stessa Unione, di visioni dell’esercizio del potere così diverse da quelle dei paesi fondatori. Ma la domanda che qui ci interessa riguarda le Chiese. Che cosa dicono della democratura?

Un avversario del cristianesimo (perché tale era, anche se in anni non lontani anche i teologi lo citavano volentieri) come Antonio Gramsci sosteneva che l’atteggiamento delle Chiese nei confronti dei regimi politici dipende pressoché esclusivamente dai vantaggi o meno che i secondi accordano alle prime: la concessione di privilegi di vario genere otterrà l’amicizia entusiasta delle Chiese, anche se il regime fosse autoritario o dichiaratamente dittatoriale.

Bisogna ammettere che la “regola di Gramsci” sembra applicarsi abbastanza bene anche alle Chiese nelle democrature: in Polonia il riferimento alla tradizione ipercattolica svolge un ruolo importante e così in Ungheria quello ai cosiddetti valori cristiani (Orbán stesso è di estrazione riformata); in Russia, poi, l’identificazione della patria con il cristianesimo ortodosso, in qualche modo sopravvissuta anche nei decenni della grande glaciazione comunista, viene ora esibita come uno dei pilastri ideologici dell’ideologia neoimperiale.

Credo che qui si ponga un problema ecumenico, a mio giudizio assai più urgente di quelli ai quali le Chiese sono solite appassionarsi (chi comanda nella Chiesa, chi è vera Chiesa e chi lo è solo in parte, ecc.).

L’ecumene cristiana ama vantare la propria unità soprattutto là dove essa è relativamente a buon mercato: siamo convinti, ad esempio, di essere tutti fratelli (anzi, “fratelli tutti”) e pazienza se nella stragrande maggioranza delle Chiese le sorelle sono discriminate; facciamo volentieri proclami sulla salvaguardia del creato, anche perché le grandi decisioni in materia di ambiente non dipendono da noi; siamo risolutamente “per la pace”, ma non sono rare le occasioni di guerra nelle quali ogni Chiesa si identifica con il proprio esercito.

L’ecumene cristiana ama vantare la propria unità soprattutto là dove essa è relativamente a buon mercato: siamo convinti, ad esempio, di essere tutti fratelli (anzi, “fratelli tutti”) e pazienza se nella stragrande maggioranza delle Chiese le sorelle sono discriminate; facciamo volentieri proclami sulla salvaguardia del creato, anche perché le grandi decisioni in materia di ambiente non dipendono da noi; siamo risolutamente “per la pace”, ma non sono rare le occasioni di guerra nelle quali ogni Chiesa si identifica con il proprio esercito.

A volte, apparentemente senza imbarazzo, qualifichiamo questo genere di discorsi come “profetici” Ebbene, che cosa diciamo, ecumenicamente, quando Chiese sorelle benedicono, nei fatti o a volte anche esplicitamente, una democratura? Non molto, a quanto pare.

Qualcuno potrebbe osservare che la democrazia occidentale non fa parte del messaggio del Nuovo Testamento, bensì è una proposta politica ricca anche di contraddizioni e ambiguità e dunque, in questo, non diversa da molte altre.

Si tratterebbe, però, di una risposta strumentale: non si tratta, infatti, di un concorso di bellezza tra sistemi politici, bensì della rilevanza dell’annuncio liberatore di Cristo in contesti di violenza di Stato, che avvelenano la vita di donne, uomini e società.

Le democrature celebrano un cristianesimo reazionario e cercano la complicità delle Chiese. Per il cristianesimo europeo, si tratta anche di un’occasione per segnare una discontinuità, rispetto a una storia decisamente troppo segnata dall’adeguamento conformista. Però bisogna volerlo. 

Ph. © Daniel Tseng/Copyleft

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Fulvio Ferrario

Professore di Teologia
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