di Luigi Sandri. Redazione Confronti
A vent’anni di distanza, che è rimasto della Charta oecumenica firmata a Strasburgo il 22 aprile 2001 dalla Conferenza delle Chiese europee (KEK) e dal Consiglio delle Conferenze episcopali europee (CCEE)? Sono rimasti frutti maturati nel frattempo, ma anche zone d’ombra su problemi antichi incancreniti, e su questioni nuove che hanno diviso ancor più alcune Chiese.
Alla seconda Assemblea ecumenica europea svoltasi a Graz, in Austria, nel 1997, era stata ventilata questa iniziativa che poi, in concreto, si è attuata con un ristretto gruppo di lavoro che ha approntato una bozza; questa, infine rivista a Strasburgo, è stata poi là adottata. La Charta è un solenne invito a proseguire con coraggio nel cammino dell’ecumenismo, cercando di collaborare sempre più, a meno che motivi di fede impediscano ad una Chiesa di prender parte ad una determinata iniziativa.
Molte sono state, in questi anni, nei singoli paesi dell’Europa, collaborazioni tra Chiese diverse per affrontare impegni precisi e localmente assai significativi, soprattutto per aiutare a risolvere emergenze legate all’immigrazione e ai profughi, o causate da calamità naturali.
Nel campo più propriamente ecclesiale, in alcuni paesi si è sviluppata la prassi della ospitalità eucaristica tra comunità legate alla Riforma e comunità cattoliche; una prassi partita dalla base e però, di norma, non approvata dalla Santa Sede. E così è anche per le Chiese ortodosse dove, in linea di principio, questo modo di fare era, ed è, improponibile. E, sempre rimanendo nell’Ortodossia, sempre più grave appare lo “stato di scisma” tra il patriarcato di Mosca e quello di Costantinopoli, a causa della questione dell’autocefalia della Chiesa ucraina: contestando l’iniziativa del secondo, che ha favorito e deciso quella soluzione, il primo ha rotto la comunione eucaristica con l’altro. E, al momento, non si vedono segnali del possibile superamento di questa amara contrapposizione.
Adesso, ribadendo la loro volontà di ravvivare la Charta, il metropolita Polykarpos, arcivescovo d’Italia ed esarca per l’Europa meridionale per il patriarcato di Costantinopoli, il cardinale Gualtiero Bassetti, presidente della CEI, e i pastore Luca Maria Negro, presidente della Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia, hanno rilevato che, rispetto al 2001, oggi la situazione sociale dell’Europa presenta sfide più accentate, o diverse da allora: “La crisi economica e i cambiamenti climatici, i flussi migratori e, da ultimo, la pandemia che affliggono il mondo intero e colpiscono l’Europa al cuore dei suoi valori e princìpi di convivenza civile e di solidarietà umana”. Certo, “molti degli impegni presi insieme dalle Chiese cristiane nel 2001 restano ancora da attuare, ma un preciso solco di sequela del Signore Gesù è tracciato”.
Luigi Sandri
Redazione Confronti