di Salvatore Maltana. Contrabbassista e direttore artistico del Nuoro Jazz Festival.
(Intervista a cura di Michele Lipori)
Qual è la sua esperienza personale di questo anno di pandemia? A quali problemi deve far fronte un musicista in tempi come questi?
Devo dire che se durante il primo lockdown – anche perché nessuno sapeva che questa situazione sarebbe durata così tanto – ho preso con più filosofia la “pausa forzata” dalle attività quotidiane. Poco prima che scoppiasse la pandemia ho attivato un profilo Facebook che è stato provvidenziale per rimanere in contatto con altri musicisti e per seguire l’andamento delle mie produzioni. E lo dice una persona che è sempre stata lontana dai social! In quella prima fase pandemica ho lavorato molto per promuovere il mio ultimo disco (My folks, prodotto dall’etichetta Barnum For Art) e concentrarmi sulle mie composizioni. A breve ho in programma di pubblicare un disco con il contrabbasso solo, e un altro che vedrà la collaborazione di Angelo Lazzari alla chitarra e Roberto Cipelli al pianoforte. Questo smart-working, dunque, ha dato i suoi frutti, ma adesso il peso delle limitazioni (di movimento, ma anche di opportunità lavorative) si fa sentire con più forza, soprattutto per quanto riguarda l’organizzazione della XXXIII edizione di Nuoro Jazz Festival, di cui da due anni sono il direttore artistico, dopo Paolo Fresu e Roberto Cipelli.
Come giudica le misure messe in campo dal governo per aiutare la categoria degli operatori e delle operatrici del mondo dello spettacolo?
Penso, ma so di non essere il solo, che le misure attivate siano state discriminatorie nei confronti dei musicisti. Non ho la presunzione di dare “ricette” su ciò che si sarebbe dovuto fare, però la chiusura totale di teatri, cinema, sale da concerto e scuole di musica mi è sembrata sproporzionata, soprattutto se si pensa al fatto che alcuni settori – come il calcio, che presenta problematiche del tutto simili a quelle del mondo dello spettacolo – non abbiano avuto lo stesso trattamento. Eppure, durante la riapertura dell’estate 2020 è stato ampiamente dimostrato che – a patto di rispettare le regole e mettere al primo posto la salvaguardia della salute sia del pubblico che dei lavoratori e lavoratrici dello spettacolo – era possibile continuare con le attività legate alla musica e allo spettacolo in generale senza grossi rischi.
Poi c’è un’altro tipo di considerazioni da fare, che sono legate alla percezione che si ha della musica anche se lo stesso si potrebbe dire di altre forme d’arte. E’ possibile che si possa tranquillamente “dare l’assalto” ai supermercati ma non si possa acquistare – rispettando le norme di sicurezza – un disco in negozio? E perché mai un libro è equiparato a un “bene di prima necessità” ma non è lo stesso per un disco? Prestare attenzione a questi elementi avrebbe significato fornire un supporto fattuale a tante persone che vivono di musica a diverso titolo, oltre che permettere ai fruitori di potersi procurare del “cibo per l’anima”.
Inoltre, ho trovato poco delicato permettere che tanti grandi eventi – come Sanremo – andassero tranquillamente in onda, seppur senza pubblico. Certo, capisco che ci siano gli (enormi) interessi delle case discografiche da tenere in considerazione e che senza Sanremo non avrebbero avuto il trampolino per lanciare i dischi dei propri artisti… Tuttavia, ho trovato questa disparità di trattamento molto grave e indicativa della situazione attuale. Mi spiego meglio. Se un tempo c’erano i grandi artisti, quelli con un enorme seguito di pubblico, che formavano la “Serie A” dell’industria dello spettacolo e poi, a seguire, trovavamo la “Serie B” e “C”, adesso il divario tra i big e tutti gli altri si è molto allargato, creando molte disuguaglianze. I grandi artisti, infatti, hanno maggiore possibilità di ricevere finanziamenti, da sponsor privati ma anche pubblici, mentre gli altri hanno difficoltà a trovare ingaggi che coprano le spese di produzione dell’evento in cui sono chiamati a suonare. E questo ha pesanti conseguenze non solo economiche, ma anche psicologiche. Io ho sempre rivendicato con fierezza il fatto di essere un “artigiano” piuttosto che un “artista”, ma il lavoro – di chiunque – deve essere giustamente retribuito. Proprio per questo credo sia urgente ripensare a un sindacato, che non sia sotto l’ombrello di una specifica corrente politica, che ripensi completamente le misure di protezione dei musicisti ad esso affiliati.
Recentemente il ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi ha speso parole molto lusinghiere nei confronti dell’educazione musicale nel nostro Paese. Quali sono, a suo avviso, i nodi ancora da sciogliere per far sì che il settore musicale e dello spettacolo possano avere il giusto riconoscimento?
Tutti noi abbiamo apprezzato le parole del Ministro Bianchi, tuttavia reputo che ci sia ancora molto da fare affinché venga riconosciuto il grande lavoro che c’è dietro un evento culturale (e musicale in particolare) o tutto l’impegno che c’è dietro la professione di musicista. Siamo un Paese in cui alla domanda “Che lavoro fai?” si fa ancora fatica ad accettare “Il/la musicista” come risposta. Forse solo nell’ambito della musica classica si conserva la percezione di un’aura di professionalità. Eppure un/una musicista professionista, qualsiasi sia il genere musicale in cui è coinvolto/a, si specializza studiando duramente e investendo soldi nella propria professione, al pari di altre figure professionali che godono di prestigio e rispetto.
Inoltre, ma questo esula dalle parole dette dal Ministro, trovo scandaloso che si siano tagliati sempre più i fondi destinati alla cultura. Per anni si sono giustificate tali scelte dicendo che tali fondi dovevano essere dirottati a settori più importanti come la sanità, salvo poi scoprire – e la pandemia lo ha mostrato con molta chiarezza – che non sono stati impiegati come avrebbero dovuto.
Com’è stato organizzare il Nuoro Jazz Festival in tempo di pandemia?
Lo scorso anno è stato possibile organizzare solo il festival, senza le classi per gli studenti e le studentesse che ogni anno si ritrovano a Nuoro per studiare con alcuni dei musicisti jazz più affermati nel nostro Paese e anche all’estero. Stiamo ancora valutando cosa fare in merito per l’edizione di quest’anno. Inutile dire che sarebbe meraviglioso poter riprendere anche con le attività didattiche, ma in questo frangente è una cosa molto difficile, specialmente per una realtà come quella di Nuoro Jazz. Alla base del festival c’è un Ente musicale, formato perlopiù da volontari e volontarie, che non gode di grandi finanziamenti ma che continua a voler mantenere accessibile la propria proposta didattica e musicale a tutti e a tutte, a cominciare dalla retta e dalla possibilità di accedere a diverse forme di agevolazioni (borse di studio e rette ridotte). Crediamo fermamente in questa nostra mission e non abbiamo intenzione di rinunciarvi!

Salvatore Maltana
Contrabbassista e direttore artistico del Nuoro Jazz Festival