di Guido Melis. Già professore di Storia delle Istituzioni Politiche all’Università “La Sapienza” di Roma
Chi deve riformare l’amministrazione – ha scritto Sabino Cassese – deve fare come il buon giardiniere: che cura il giardino ogni giorno e in tutte le stagioni, e una volta pota, un’altra sradica le male piante, un’altra ancora semina, un’altra combatte i parassiti. Senza mai stancarsi.
Come si fa a mettere l’amministrazione al passo con quanto richiede il Recovery Plan? Come liberarsi delle pesanti “eredità” storiche che gravano l’amministrazione italiana? Ecco poche modeste proposte: qualche idea sulle cose da fare.
Programma massimo (tempo mediolungo):
a) Norme. Rivedere le troppe oggi vigenti, semplificando, riducendo molte leggi al livello regolamentare, favorendo un ampio programma di delegificazione. D’ora innanzi poche leggi nuove e possibilmente chiare ed essenziali.
b) Via l’amministrazione in briciole. Eliminare l’attuale frammentazione del sistema creando una rete per mettere in relazione tra loro amministrazioni centrali, grandi enti con funzioni pubbliche, regioni, comuni e enti intermedi; ricomporre le funzioni, oggi disperse. Stabilire chi deve fare cosa, in quali tempi, rapportandosi con chi. Ridurre l’attuale eccesso di forme di decisione compartecipate e consultive.
c) Personale. Attraverso una pianificazione del reclutamento a lungo termine e agendo principalmente sulla formazione, eliminare il difetto capitale dell’amministrazione italiana: il predominio assoluto del formalismo giuridico.
d) Età. Svecchiare, ma assumendo quote distinte di personale secondo un piano che parta dai bisogni reali.
e) Tempi. Svolgere la riforma nel tempo, sperimentandone le soluzioni e solo dopo averlo fatto eventualmente modificandole; vista la temporaneità dei responsabili politici di governo, porre il progetto riformatore al riparo dai mutamenti di esecutivo attraverso un patto tra le forze politiche che ne garantisca la continuità.
Programma minimo (tempo breve: nell’immediato):
a) Concorsi. Partire dalla regola aurea di Massimo Severo Giannini: «prima le funzioni, poi l’organizzazione, per ultimo il personale». Bando ai “concorsoni” o, peggio, alle “infornate” di precari; chiusura definitiva anche delle attuali “graduatorie. Prove mirate, in rapporto al personale che serve. Il concorso in sé deve essere mantenuto (tra l’altro lo prevede la Costituzione), ma niente vieta di concepirlo come una serrata selezione di verifiche in sequenza temporale (non una tantum, o la va o la spacca), prove teoriche e pratiche ognuna con rispettive valutazioni, intervallate da brevi periodi di tirocini. Più professionalità tecniche e specialistiche. Ringiovanimento. Aumentare il più possibile gli attuali corsi-concorso, perfezionandoli.
b) Carriere. Introdurre, come si fa in altri Paesi, forme di fast stream per accelerare la carriera dei migliori. Creazione in questo modo di un’élite amministrativa, vera grande assente in Italia.
c) Cultura. Massiccia introduzione a tutti i livelli di competenze informatiche, diffusione del digitale, costruzione di reti, flessibilità del lavoro, ripristino al tempo stesso di figure di “generalisti”, capaci di affrontare problemi complessi al di là delle paratìe stagne dell’unica specializzazione.
d) Dirigenza. Una dirigenza che diriga realmente, assumendosi le relative responsabilità: quindi autonoma dal potere politico e garantita rispetto al ricatto dell’attuale spoils system.
e) Valutazione: effettiva, equa e periodica, sia della dirigenza, sia delle amministrazioni in genere.
f ) Responsabilità dei dirigenti: eliminazione dell’abuso d’ufficio (che oggi paralizza in partenza qualunque decisione). Semplificazione dei controlli con privilegio di quelli “a risultato”.
g) Decisioni: accelerazione attraverso tabelle che impongano per ognuno di essi tempi prestabiliti, individuando chi deve assumere le decisioni (oggi, per aprire un’attività qualunque, occorre una sequenza interminabile di autorizzazioni e visti in capo a soggetti diversi).
Naturalmente queste poche righe non costituiscono la miracolosa ricetta per fare una riforma tentata per innumerevoli volte in ogni epoca della storia d’Italia e sistematicamente fallita. Chi deve riformare l’amministrazione – ha scritto Sabino Cassese – deve fare come il buon giardiniere: che cura il giardino ogni giorno e in tutte le stagioni, e una volta pota, un’altra sradica le male piante, un’altra ancora semina, un’altra combatte i parassiti. Senza mai stancarsi. Parole sacrosante: ma dove sta oggi in Italia il buon giardiniere?

Guido Melis
Già professore di Storia delle Istituzioni Politiche all’Università “La Sapienza” di Roma