Goffredo Fofi. Scrittore, critico letterario e cinematografico, giornalista. Direttore della rivista Gli asini.
Tramite miss Louise Wood, quacchera, segretaria per l’Italia dell’American Friends Service Committee, i quaccheri distribuirono viveri (grandi sacchi di farina, e tante scatolette anche di un’odiosa crema di arachidi, ossia peanuts americane…) in molte iniziative, e anche al gruppo che faceva capo in Sicilia a Danilo Dolci.
Hanno senso forse solo per me, per i miei ricordi personali, ma credo che abbiano avuto un significato più vasto, nella Roma e nell’Italia degli anni Cinquanta, le figure di un’americana coraggiosa e determinata, miss Louise Wood, quacchera, segretaria per l’Italia dell’American Friends Service Committee che era ed è ancora l’organizzazione attraverso la quale i quaccheri americani assistevano gruppi e iniziative in più parti del mondo, compresa l’Italia.
Tramite miss Wood i quaccheri distribuirono viveri (grandi sacchi di farina, e tante scatolette anche di un’odiosa crema di arachidi, ossia peanuts americane…) a molte iniziative, e anche al gruppo che faceva capo in Sicilia a Danilo Dolci. Senza badare alle connotazioni politiche degli assistiti.
Miss Wood doveva avere tra i quaranta e i cinquant’anni. Svelta, semplice, concreta, fu penalizzata al tempo del maccartismo, mi si disse, col divieto di rimettere piede negli Usa, che durò molti anni.
Ero già allora, grazie a Dolci e soprattutto ad Aldo Capitini, mio primo maestro, un convinto nonviolento, e nel tempo in cui frequentai la scuola di assistenti sociali a Roma (per quasi tre anni) cercai di mettere un po’ d’ordine nelle mie convinzioni, di superare le mie insufficienze di autodidatta sia in campo politico che religioso, e mi furono di aiuto bellissime figure del mondo cattolico “di fronda” (anche se piuttosto da lontano, don Zeno Saltini e Carlo Carretto, più i loro scritti che le loro persone) ma anche del mondo protestante (soprattutto il pastore valdese Tullio Vinay).
Non so quanti si ricordano ancora di miss Wood, ma per me fu la scoperta di un mondo, quello dei quaccheri e del servizio civile americano, da cui c’era davvero tanto da imparare. Tanti anni dopo, grazie a Pier Cesare Bori, pubblicammo per Linea d’ombra una bellissima antologia di scritti dei quaccheri, e ne sono ancora orgoglioso.
Ma la figura più bizzarra e simpatica e di cui davvero ben pochi possono ancora ricordarsi fu per me quella del “bibbiaro” di piazza Venezia, così chiamato dai romani. Era un uomo affabile e accogliente, che mi sembrava uscito da un romanzo di Dickens e che gestiva un negozietto, a Napoli si sarebbe detto un “basso”, nell’edificio prospiciente la Colonna Traiana.
Quest’attività era vista con diffidenza dai preti della chiesa a fianco del negozietto, la Bibbia era allora una cosa da protestanti più che da cattolici. Nel negozietto si potevano trovare solo Bibbie, ma in tantissime lingue e in tante diverse edizioni. Gli acquirenti erano rari turisti protestanti di passaggio che avevano dimenticato la loro copia. Comprai da lui la mia Bibbia e ce l’ho ancora, piccola, in carta leggerissima ma molto resistente.
Col “bibbiaro” – così veniva chiamato e non ricordo il suo nome – mi fermavo volentieri a chiacchierare esponendogli i miei dubbi e le mie curiosità, e lui ne era contento perché, diciamolo, vendere Bibbie a piazza Venezia e nella Roma di Pio XII non era un’attività molto fortunata. Ma lui insisteva, credo finanziato e protetto dalla Società inglese per la diffusione della Bibbia nel mondo.
A metà Ottocento ne fu l’avventuroso emissario in Spagna George Borrow, di cui posso vantarmi di aver fatto ripubblicare tempo addietro da Textus le vivaci, bellissime memorie, che avevo scoperto ridotte, in edizione Longanesi del dopoguerra e in una collana spagnola dei classici di quella letteratura, considerate tali per la traduzione che ne fece Manuel Azana, grande studioso amato da Sciascia che ne tradusse per Einaudi La veglia a Benicarlò, e che fu per due volte presidente della Repubblica e morì in esilio in Spagna nel 1940.
Poi un bel giorno, tornato a Roma da Torino, trovai la bottega chiusa, e chissà adesso cosa è diventata. Prima o poi, ci passerò davanti e verificherò.
Ph © Doriano Strologo
Goffredo Fofi
Scrittore, critico letterario e cinematografico, giornalista. Direttore della rivista Gli asini.