Nadia Angelucci. Giornalista e scrittrice
È uscito a maggio Aparecida,lo straziante e potente testo di Marta Dillon, giornalista e scrittrice argentina, che raccontala cronaca della scomparsa di sua madre, Marta Taboada – avvocata e militante del Movimiento Revolucionario 17 de Octubre –, sequestrata dalla dittatura argentina nel 1976 e desaparecida.
«E alla fine me l’avevano restituita. La mamma o ciò che restava di lei. Tutta quella vita in sua assenza mi crollava addosso. Cos’era? Un insieme di frammenti, ricordi isolati, la sua altezza, a che punto della scollatura le arrivavo e quanto mi mancava per raggiungerla. Qualcosa come i vestiti trovati insieme alle sue ossa: impenetrabilmente familiari. Toccandoli appena si disfano,polvere che ritorna polvere dopo aver trascorso trentacinque anni sottoterra».
È uscito a maggio Aparecida, lo straziante e potente testo di Marta Dillon, giornalista e scrittrice argentina, che racconta la cronaca di una scomparsa e di una apparizione. Quelle di sua madre, Marta Taboada – avvocata e militante del Movimiento Revolucionario 17 de Octubre –, sequestrata dalla dittatura argentina nel 1976 di fronte ai quattro figli, e desaparecida. Il libro, pubblicato in Italia per la casa editrice gran víacon la magistrale traduzione di Camilla Cattarulla, è un testo poetico e politico che si inserisce nel filone letterario della memoria delle seconde generazioni e che descrive esattamente cosa accade nella vita di una famiglia quando uno dei suoi membri scompare: le speranze, le illusioni, la rabbia, il dolore, le incomprensioni ma soprattutto l’assenza.
Un’assenza che si ricompone con il ritrovamento in una fossa comune dei resti della madre di Dillon – il teschio, un femore, il radio – che provoca l’inizio di una ricerca, quella della storia politica e personale, delle relazioni, della memoria dei corpi, finanche delle ossa la cui fragile presenza attraversa tutte le pagine del libro. Alla notizia del ritrovamento, dell’apparizione della madre, Dillon prende concretamente coscienza della sua scomparsa e inizia l’elaborazione del lutto in un pellegrinaggio spaziale e temporale che la porta nei luoghi della desaparición, quelli della sua infanzia, e in quelli dell’apparizione: l’ufficio dell’Equipe argentina di Antropologia forense (Eaff), un’istituzione scientifica nata nel 1986 proprio per poter identificare i corpi sepolti nelle fosse comuni durante la dittatura argentina del 1976-1983.
Quasi in coincidenza con l’uscita del libro di Dillon, il Ministero degli Esteri argentino ha lanciato anche in Italia, attraverso le sue sedi diplomatiche, una campagna per incoraggiare i parenti delle persone scomparse durante l’ultima dittatura civile-militare a fornire un campione di sangue. Sono circa 600 infatti, i corpi rinvenuti in fosse comuni o individuati nei cimiteri argentini, sepolti lì durante l’ultima dittatura come ignoti, che non hanno potuto essere identificati a causa della mancanza di profili genetici per poter effettuare la corrispondenza del Dna.
Il numero di persone italiane, o italo-argentine, scomparse in quegli anni non è ancora completamente definito ma comunque molto alto. Nel 1982 il Corriere della Sera pubblicò i nomi di 297 italiani scomparsi in Argentina dal 1976. Il Ministero degli Esteri italiano disse allora che il numero di italiani scomparsi era pari a 44 e che altri 277 avevano la doppia nazionalità.
Un’altra parte di dati proviene dalla richiesta di informazioni (habeas corpus) realizzata dall’avvocato del Consolato italiano a Buenos Aires il 7 gennaio 1983 per 45 cittadini nati in Italia, e dalla sua denuncia di scomparsa di 617 italo argentini, secondo i dati che erano stati raccolti in quegli anni dai consolati italiani in Argentina. Ai 45 italiani irreperibili se ne sono aggiunti negli anni altri 20, grazie alle informazioni dell’Archivio nazionale della Memoria.
Possono partecipare alla campagna i parenti di primo grado – genitori, figli e fratelli – ma anche cugini, zii e nipoti. Infatti maggiore è il numero di parenti degli scomparsi che forniscono campioni di sangue, più alta è la possibilità di identificazione. I campioni di sangue, una semplice goccia prelevata con una puntura sul dito, vengono raccolti presso le sedi dei consolati attraverso dei kit inviati proprio dall’Eaff.
Le ultime pagine del libro di Dillon sono dedicate al racconto del funerale. Sono pagine convulse, confuse e limpide allo stesso tempo, che restituiscono il valore del saluto come soglia sulla quale può radicarsi la memoria, mostrano il momento in cui si manifesta il passaggio dalla presenza-assenza fisica e quella del ricordo.
«Adesso era chiaro, mamma stava tornando. Sarebbe stata tra di noi anche solo per quel secondo in cui il lampo attraversa la notte e la trasforma in giorno»
Ph. © Matias Jacobi

Nadia Angelucci
Giornalista e scrittrice