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Tasse e incentivi per incidere sulla transizione ecologica

by Vittorio Cogliati Dezza

di Vittorio Cogliati Dezza. Già Presidente nazionale di Legambiente, oggi membro della Segreteria nazionale di Legambiente e del Coordinamento del Forum Disuguaglianze e Diversità.

Quali sono le novità che la politica “scale può mettere in campo per sostenere e accelerare la transizione verde?

Una domanda a cui finora non si è dato spazio nella discussione pubblica sul Recovery Plan, dove ci si è concentrati solo sulle tecnologie che dovrebbero supportarla. Eppure qualche novità c’è. Ne parliamo con Vieri Ceriani, tra i massimi esperti italiani di fisco, già sottosegretario al Mef nel Governo Monti e consigliere per le politiche fiscali dei ministri Saccomanni e Padoan, oggi membro del Forum Disuguaglianze e Diversità.

Fino ad oggi ha prevalso una politica tributaria, che con le imposte indirette ha internalizzato nel costo del produttore quello delle esternalità negative, cioè il danno all’ambiente e alla salute. Oggi si sta allargando la convinzione che occorre estendere il campo degli interventi fiscali alle imposte dirette, in particolare all’imposta sul reddito delle imprese e alla tassazione dei fringe benefit per i manager, applicando una filosofia diversa e in parte nuova, ovvero quella di incentivare comportamenti proattivi da parte delle imprese e dei manager, per migliorare la sostenibilità delle loro imprese. L’Unione europea ha annunciato per la metà dell’anno una proposta di direttiva sulle accise sui prodotti energetici, che innalza i livelli minimi in rapporto al contenuto di CO2 per ridurre le emissioni climalteranti attraverso la modifica dei prezzi. Non solo.

La Commissione pensa anche di introdurre un Carbon Border Adjustment, per colpire, con apposite tariffe, i prodotti importati in funzione del loro contenuto di carbonio. È un impegno non piccolo perché va negoziato con gli altri principali partner internazionali e deve essere coerente con le regole del Wto. La novità, piuttosto, sta nel fatto che oggi, anche in altre politiche pubbliche, non ci si limita più ad imporre limiti e divieti per poi, eventualmente, punire i comportamenti non conformi e “dannosi”.

 

Oggi c’è sempre più attenzione a incoraggiare comportamenti virtuosi. Certamente l’approccio della Corporate Social Responsibility, coerente con le raccomandazioni delle Nazioni unite, dell’Ocse e della Ue, diviene particolarmente attuale con l’adozione del Green Deal. Nel mondo delle grandi imprese si sta infatti rapidamente diffondendo l’utilizzo di criteri Esg (Environmental Social Governance), con l’utilizzo di appositi indicatori per valutare, da parte di enti terzi, il posizionamento dell’impresa in termini di sostenibilità ambientale e sociale. Questo approccio, finora applicato soprattutto nel mondo della finanza, ha un grande potenziale nell’incoraggiare comportamenti virtuosi, perché ha un forte effetto reputazionale. Ma qui è anche il suo limite, perché tra le pieghe delle valutazioni si nasconde il rischio del green washing, cioè della produzione di documentazione che non riflette la realtà e nasconde la scarsa coerenza delle azioni effettivamente messe in campo sul piano ambientale e sociale con gli obiettivi della crescita sostenibile.

Oggi si va rafforzando l’opinione che una green transition dovrebbe essere accompagnata da una riforma “scale di ampio respiro: innovazione nelle imposte dirette e rimodulazione di accise e aliquote IVA, per incoraggiare scelte di sostenibilità e penalizzare produzioni con impatto ambientale, ma anche attraverso il potenziamento di alcuni strumenti di welfare, prevedendo maggiori provvidenze di sostegno al reddito per le fasce più basse e di contrasto alla povertà. Questo, per altro, sarà un tema ineludibile nello scenario del Next Generation Ue e delle economie post-Covid.

Draghi nel Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) ha sottolineato l’importanza di tener conto delle interconnessioni tra i vari tributi. Io aggiungo che lo stesso ragionamento vale per le “imposte verdi”: quando inizieremo ad adottare la nuova direttiva europea sui prodotti energetici, sperimenteremo un aumento di gettito non indifferente, e allora dovremo pensare di utilizzare questo extragettito in modo coerente con un modello di economia sostenibile e per farlo serve una visione d’insieme del sistema tributario.

Le Commissioni Finanze di Camera e Senato stanno già facendo un’indagine conoscitiva con audizioni di parti sociali, ordini professionali, esperti, associazioni di categoria, e quello che sta emergendo è che non basta pensare all’Irpef, bisogna allargare il campo ragionando in termini più complessivi sul sistema tributario. E tener conto di una giusta transizione ecologica sarà obbligatorio.

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Vittorio Cogliati Dezza

Già Presidente nazionale di Legambiente, oggi membro della Segreteria nazionale di Legambiente e del Coordinamento del Forum Disuguaglianze e Diversità.

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