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Michèle Firk

by Goffredo Fofi

di Goffredo Fofi. Scrittore, critico letterario e cinematografico, giornalista. Direttore della rivista Gli asini.

Parigi, anni Sessanta. Fra le persone che animavano la redazione della rivista di cinema Positif – schierata a sinistra al contrario dei più cinefili Cahiers du cinéma – c’era anche Michèle Firk. Vivace intellettuale, dopo il maggio del ‘68 andò in Guatemala e si unì alle Fuerzas Armadas Rebeldes.

Finii a Parigi, nei primi anni Sessanta, per due motivi. Il primo: la mia famiglia vi era emigrata per lavoro nel 1957 dall’Umbria, da Gubbio a un quartiere operaio di Gennevilliers, un comune periferico della capitale, pieno di immigrati algerini (o “algeriani”, come dicevano gli italiani) e io li raggiunsi quando, dopo la mia inchiesta sugli immigrati meridionali a Torino, un ente mi assegnò generosamente una (piccola) borsa per studiare sociologia, cosa che non feci preferendo inseguire le mie curiosità tra la Biblioteca Nazionale e le due Cinémathèques.

Il secondo: a Torino, con Paolo e Carla Gobetti ci eravamo occupati di algerini in fuga dalla Francia e dall’organizzazione clandestina di estrema destra Oas. Fu con un mio passaporto “perduto” e falsificato da Kaminsky, un geniale “esperto” nella falsificazione dei documenti negli anni della Resistenza, che un emissario algerino prese parte, a Evian, ai colloqui voluti da De Gaulle, che annunciarono la pace del 1961.

Aiutavo Paolo facendo con lui una rivistina di cinema, Il nuovo spettatore cinematografico, ed eravamo entrati in contatto con Paul-Louis Thirard, critico cinematografico esperto di cose italiane ma anche membro del Réseau Jeanson, la rete messa nascostamente in piedi dal filosofo Francis Jeanson dei Temps modernes, che aiutava sul territorio francese i militanti algerini o pro-algerini in difficoltà. Tramite Thirard conobbi Jeanson nel suo rifugio clandestino, ed entrai a far parte della redazione di una rivista di cinema, Positif, schierata a sinistra al contrario dei più cinefili Cahiers du cinéma.

Della redazione faceva parte una giovane di origine ebraica (il padre faceva il sarto in un soffitta dalle parti di St. Lazare), Michèle Firk, che aveva la mia età e con cui mi trovai in sintonia sia in fatto di cinema che di politica, e che, tra l’altro, mi fece conoscere il grande Kaminsky.

Di intelligenza vivacissima, semplice e convinta, era stata una giovane militante comunista per poi entrare nel piccolo gruppo dissidente di  La voie communiste, sul cui giornale scrissi qualche volta anch’io di cose italiane. L’amore per il cinema non era disgiunto in lei, e in molti di noi, da quello per la rivoluzione, e su Positif ella curò, ricordo, un numero sul cinema cubano, nato da poco…

Dopo il Maggio del ‘68 fu proprio a Cuba che Michèle finì, a lavorare per la zafra, la raccolta della canna da zucchero, legandosi a militanti guatemaltechi che più tardi raggiunse a Ciudad de Guatemala entrando a far parte delle Fuerzas Armadas Rebeldes (Far), un’organizzazione clandestina guerrigliera. Con loro partecipò nell’agosto del ‘68 al rapimento dell’ambasciatore americano John Gordon Mein, che morì nel mezzo di una sparatoria tra polizia e guerriglieri. Michèle rientrò nella notte nel suo tugurio periferico, ma all’alba si accorse che la casa era circondata dalla polizia e si sparò in bocca, temendo, come era purtroppo molto plausibile, di poter dire sotto tortura i nomi dei suoi compagni. Cinema e rivoluzione potevano andare in quegli anni di pari passo.

Sulla figura di Michèle è cresciuto negli anni un piccolo culto, in libri, documentari, memorie e a Montreuil c’è una libreria-casa editrice che porta il suo nome. Jeanson è morto, Thirard è morto, Sembra essere passato ben più di un secolo, da quel tempo e da quelle lotte e speranze…

Ph.  © Doriano Strologo

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Goffredo Fofi

Scrittore, critico letterario e cinematografico, giornalista. Direttore della rivista Gli asini

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