di Michele Lipori. Redazione Confronti.
Il 27 ottobre, tra gli applausi di buona parte dei senatori e senatrici presenti, l’aula del Senato ha sancito la fine del tanto discusso Ddl Zan. Ma se la politica ha esultato, tale sentimento non è stato condiviso da una parte, non esigua, della società civile che ha dato vita a diversi sit-in (come a Roma e a Milano) per protestare contro l’affossamento della proposta di legge. Ma cosa prevedeva nello specifico e quali i “nervi scoperti” toccava il Ddl Zan?
Il Ddl Zan, come viene comunemente chiamato dai giornali italiani, è un disegno di legge proposto da Alessandro Zan, deputato del Partito Democratico. In Italia, un disegno di legge (Ddl) è la fase iniziale di una legge proposta da uno o più membri del Parlamento. Il disegno di legge contiene una serie di articoli che devono essere discussi, uno alla volta, dai diversi rami del Parlamento e passare attraverso vari passaggi di approvazione prima di diventare (o meno) una legge.
Nel maggio 2016, l’Italia ha riconosciuto le unioni civili tra persone dello stesso sesso, un momento cruciale, da considerarsi il primo passo nel lungo cammino verso più diritti civili e una maggiore libertà. Sulla scia di questa conquista sociale, Alessandro Zan ha proposto nel maggio 2018 una nuova legge che renderebbe reato in Italia la discriminazione basata sull’orientamento sessuale o sull’identità di genere, in risposta a quello che lui stesso ha definito un «aumento esponenziale del numero e della gravità degli atti di violenza nei confronti di persone gay e transgender». L’obiettivo del Ddl Zan è dunque quello di estendere la portata della normativa già esistente sui reati d’odio ad attacchi e comportamenti dovuti all’orientamento sessuale, al genere e all’identità di genere ma anche alla disabilità.
LE PROPOSTE DI MODIFICA
Le modifiche alla normativa già esistente previste dal Ddl Zan sono, principalmente:
- L’aggiunta dei reati di discriminazione basati «sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale o sull’identità di genere o sulla disabilità» all’Articolo 604-bis e 604-ter del codice penale, che puniscono l’incitazione alla violenza e alla discriminazione per motivi «razziali, etnici, religiosi o di nazionalità».
- La modifica sull’Articolo 90-quater del codice di procedura penale in cui viene definita la “condizione di particolare vulnerabilità della persona offesa”. Il Ddl Zan prevede di aggiungere le parole «fondato sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale o sull’identità di genere». Attualmente l’articolo contiene solo la specifica relativa all’odio razziale.
- La modifica al decreto legislativo del 9 luglio 2003, numero 215, sulla parità del trattamento degli individui indipendentemente dal colore della pelle o dalla provenienza etnica, al quale aggiunge alcune misure di prevenzione e contrasto delle discriminazioni legate all’orientamento sessuale e all’identità di genere.
GLI ARTICOLI DEL DDL
Il Ddl Zan è composto da 10 articoli: i primi sei si occupano dell’ambito penale, gli altri introducono delle azioni di intervento volte alla prevenzione e al contrasto delle discriminazioni.
L’articolo 1 – introduce e definisce i termini “sesso”, “genere”, “orientamento sessuale”, “identità di genere”, su suggerimento dalla Commissione affari costituzionali, al fine di rendere la legge in linea con il dettame costituzionale.
L’articolo 2 – identifica “sesso”, “genere”, “orientamento sessuale”, “identità di genere” e “disabilità” moventi di reati d’odio (secondo la definizione dell’articolo 604-bis del codice penale). Il Ddl prevede una multa fino a 6mila euro, ma anche la reclusione fino a un anno e 6 mesi, per chiunque istighi a commettere atti di discriminazione fondati sugli elementi sopraelencati. Per chiunque commetta atti violenti è prevista la reclusione da 6 mesi fino a 4 anni.
L’articolo 3 – individua la circostanza aggravante nel commettere reati in ragione sulla base della discriminazione di sesso, genere, orientamento sessuale, identità di genere o disabilità della vittima (modifica dell’articolo 604-ter del codice penale).
L’articolo 4 – si occupa della libertà di opinione e di scelta, il cui limite è individuato al fatto che tale libertà non deve sconfinare nell’istigazione all’odio o alla violenza. «Sono fatte salve la libera espressione di convincimenti od opinioni nonché le condotte legittime riconducibili al pluralismo delle idee o alla libertà delle scelte, purché non idonee a determinare il concreto pericolo del compimento di atti discriminatori o violenti».
L’articolo 5 – si occupa di specificare le pene previste dagli articoli 604-bis e 604-ter.
L’articolo 6 – si occupa di modificare l’articolo 90-quater del codice di procedura penale in cui viene definita la «condizione di particolare vulnerabilità della persona offesa» riconoscendo donne e persone Lgbtq+ “persone vulnerabili” e quindi vittime potenziali.
L’articolo 7 – si occupa di istituire la “Giornata nazionale contro l’omofobia, la lesbofobia, la bifobia e la transfobia” (17 maggio) al fine di promuovere la cultura del rispetto e dell’inclusione e per contrastare pregiudizi e violenze.
L’articolo 8 – individua nell’Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali (Unar) l’organismo preposto a elaborare una strategia per la prevenzione e il contrasto delle discriminazioni.
L’articolo 9 – istituisce un fondo di 4 milioni di euro per le politiche relative ai diritti e alle pari opportunità. Nel piano è prevista anche l’istituzione di centri contro le discriminazioni.
L’articolo 10 – prevede che l’Istat realizzi, a cadenza almeno triennale, un report al fine di rilevare lo stato delle discriminazioni e degli atti violenti ed elaborare nuove linee guida per contrastarle.
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CHI È CONTRARIO
Il Ddl Zan è stato votato al parlamento italiano nel novembre 2020, dove ha ottenuto 265 voti a favore e 193 contrari. Per essere approvato, il testo necessita di un ulteriore passaggio al Senato. Alcuni partiti politici – come Fratelli d’Italia e Lega, fortemente sostenuti da alcune branche della Chiesa cattolica – sostengono che una nuova legge non sia realmente necessaria poiché esiste già un’altra legge (la Legge Mancino del 1993) che offrirebbe – secondo il loro punto di vista – già una protezione sufficiente alle categorie citate nel Ddl Zan.
Affermano inoltre che il Ddl penalizzerebbe la libertà di parola e, ancor più grave, attraverso l’introduzione del concetto di “identità di genere”, avrebbe come obiettivo ultimo quello di annullare le differenze di genere “naturali” (maschio-femmina) e istigare una propaganda faziosa in tal senso.
Anche alcuni gruppi femministi – tra cui Se non ora quando – hanno criticato il disegno di legge Zan, poiché contrari a conferire alle donne trans uno status di fatto uguale alle donne in base al proprio sesso biologico di nascita. Il problema sarebbe che il riconoscimento dell’ “identità di genere” potrebbe minare i diritti delle donne cisgender.
L’ALTERNATIVA RONZULLI-SALVINI
Il 6 maggio 2021 il Centro-Destra ha presentato – in alternativa al Ddl Zan – il cosiddetto Ddl Ronzulli-Salvini contro l’omofobia, chiamato così perché i primi firmatari sono la vicecapogruppo di Forza Italia al Senato, Licia Ronzulli, e il leader della Lega, Matteo Salvini, ai quali si sono poi uniti Paola Binetti dell’Udc e Gaetano Quagliarello di Cambiamo!. La differenza con il Ddl Zan è che il Ddl Ronzulli-Salvini lascia immutata la Legge Mancino limitandosi a individuare delle aggravanti per i reati comuni se le vittime sono colpite «in ragione dell’origine etnica, credo religioso, nazionalità, sesso, orientamento sessuale, disabilità» o perché in condizione di elevata fragilità.
IL VATICANO CONTRO IL DDL ZAN
Inoltre, la Conferenza Episcopale Italiana (Cei), che rappresenta i vescovi cattolici romani, è entrata nel merito del Ddl in diverse occasioni:
10 giugno 2020: la Cei sostiene che «un esame obiettivo delle disposizioni a tutela della persona, contenute nell’ordinamento giuridico del nostro Paese, fa concludere che esistono già adeguati presidi con cui prevenire e reprimere ogni comportamento violento o persecutorio»;
28 aprile 2021: «Una legge che intende combattere la discriminazione non può e non deve perseguire l’obiettivo con l’intolleranza, mettendo in questione la realtà della differenza tra uomo e donna»;
16 maggio 2021: il Cardinale Gualtiero Bassetti (presidente della Cei) ha affermato durante l’omelia della messa per gli operatori dell’informazione: «Noi siamo per la difesa e la dignità di tutti, di qualunque uomo o donna, bisogna difendere sempre i diritti della persona» e ancora, sulle pagine del Corriere della Sera, «Io ho sempre sostenuto che non ci fosse bisogno di questo disegno di legge perché c’è già tutta una legislazione sufficiente a tutelare le persone contro le discriminazioni e le violenze. Non ne vedevo la necessità, tutto qui. Ma è chiaro che se poi decidono di andare avanti, non è una questione che spetti a me decidere, c’è un parlamento. Se si ritiene utile una legge specifica contro l’omofobia, va bene, come dicevo non è certo questo il problema»;
17 giugno 2021: viene comunicata al gabinetto del Ministro degli Esteri dalla Segreteria di Stato vaticana (che fa capo a monsignor Paul Richard Gallagher) una “nota verbale” (una comunicazione diplomatica formale non firmata) nella quale viene fatto presente che «alcuni contenuti attuali della proposta legislativa in esame presso il Senato riducono la libertà garantita alla Chiesa Cattolica dall’articolo 2, commi 1 e 3 dell’accordo di revisione del Concordato». Secondo quanto riportato dalla Cei, infatti, il disegno di legge impedirebbe al clero di esprimere le proprie convinzioni o lo renderebbe perseguibile per “incitamento all’odio”; inoltre, poiché il Ddl prevede anche l’istituzione della “giornata contro l’omofobia”, le scuole cattoliche alle scuole cattoliche sarebbero di fatto obbligate a predisporre attività che andrebbero contro l’orientamento etico cattolico. Mai prima d’ora il Vaticano era intervenuto nell’iter di approvazione di una legge italiana, esercitando le facoltà previste dai Patti Lateranensi.
Senato © Palazzo Chigi via Flickr
IL VOTO AL SENATO E LA “TAGLIOLA”
Il 27 ottobre l’aula del Senato ha approvato – con voto segreto, nel quale si sono contati 154 voti favorevoli, 131 contrari e due astenuti – le richieste di Lega e Fratelli d’Italia di non far passare l’esame degli articoli del Ddl Zan.
La richiesta di voto segreto era stata avanzata da Lega e Fratelli d’Italia ed è stata giudicata ammissibile dalla presidente del Senato Elisabetta Casellati sulla base dell’Articolo 113 del regolamento del Senato. Il risultato della votazione ha decretato che l’esame degli articoli e del Ddl, sul quale si è svolta già la discussione generale, non può procedere.
È il meccanismo conosciuto con il nome di “tagliola” che fa riferimento all’Articolo 96 del Regolamento del Senato, in base al quale «prima che abbia inizio l’esame degli articoli di un disegno di legge, un senatore per ciascun Gruppo può avanzare la proposta che non si passi a tale esame».
In sostanza, la “tagliola” ha determinato l’affossamento della legge nel suo iter parlamentare perché – non permettendo l’esame dei singoli articoli e il voto degli emendamenti – di fatto ha significato la bocciatura dell’intero Ddl.
Sarà ora necessario attendere almeno 6 mesi per formulare una nuova proposta di legge, che dovrà essere prima depositata e poi nuovamente calendarizzata. Tempistica che si scontra con la necessità di concentrarsi sull’approvazione della legge di bilancio e con l’avvicinarsi del semestre bianco.
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Michele Lipori
Redazione Confronti