di Goffredo Fofi. Scrittore, critico letterario e cinematografico, giornalista. Direttore della rivista Gli asini.
L’avventura di un povero cristiano è un’azione drammatica, uno strano romanzo concepito seguendo le regole della rappresentazione teatrale ma restando propriamente romanzo, anche se fu messo in scena da Valerio Zurlini a San Miniato sopra Firenze – un tempo, grazie a Orazio Costa, sede di un importante festival del teatro a base religiosa. (Costa, che ho incontrato più di una volta, è stato uno dei tre grandi registi teatrali del dopoguerra con Luchino Visconti e Giorgio Strehler e fu maestro all’Accademia d’arte drammatica di Roma di molti celebri attori del nostro teatro e del nostro cinema, Marcello Mastroianni, Nino Manfredi, Monica Vitti…).
Ignazio Silone scrisse questo originale e potente lavoro nel 1968, anche in risposta agli eventi del tempo, a una rivolta giovanile che seguì con molta attenzione e sperandone molto, ma presto deludendosene, come Nicola Chiaromonte, con cui divideva la direzione di Tempo presente.
Lavorai all’Associazione per la libertà della cultura da lui fondata per diversi mesi del 1956 e ’57, quando avevo vent’anni, e di Silone (e di sua moglie Darina Laracy, e dei suoi collaboratori più stretti, Ebe Flamini e Guglielmo Petroni) ho un ricordo vivissimo. Avevo scoperto Fontamara più o meno contemporaneamente a Cristo si è fermato a Eboli di Carlo Levi, che aveva deciso della mia discesa al Sud a lavorare con Danilo Dolci, e ricordo che venne un giorno a trovarlo Leonardo Sciascia, che aveva da poco pubblicato il suo primo e bellissimo libro, Le parrocchie di Regalpetra…
Ho riletto L’avventura sulla suggestione di una difficile attualità, pensando alla Chiesa cattolica odierna e al suo Pontefice… Vi si racconta infatti, sulla base di una solida documentazione, “l’avventura” di Pietro del Morrone, che fu per breve tempo papa, il centonovantaduesimo, col nome di Celestino V, dal maggio del 1292 al maggio del 1293. Il papa “che fece per viltade il gran rifiuto”, come ne disse Dante mettendolo nell’anticamera dell’Inferno in mezzo agli Ignavi.
Silone ne racconta con evidente simpatia tutta la vicenda pubblica, ne esplora e giustifica le ragioni del rifiuto di fare il papa in mezzo a una generale e irrimediabile corruzione della Chiesa e della società, ne segue le fatiche per sfuggire alle persecuzioni del suo successore Bonifacio VIII e la scelta infine di finire i suoi giorni da eremita sui monti abruzzesi dov’era nato.
L’avventura è dunque teatro-romanzo, una forma di narrazione ed evocazione molto ardita e perfettamente controllata, e si legge di fatto come romanzo, nella sua divisione per blocchi controllati e compiuti. Con emozione e – viste le sue ambizioni di essere anche, quasi brechtianamente, teatro didascalico – con un profitto che si può definire morale e politico allo stesso tempo. Che fare, se si hanno cariche di rilievo all’interno di un’organizzazione che si giudica irrimediabilmente corrotta, e non modificabile? (La Riforma arriverà troppi anni dopo Celestino V…).
Potrebbero leggere con profitto questo ultimo capolavoro siloniano non pochi professori universitari, non pochi funzionari statali di alto livello, non pochi rettori di università, non pochi alti magistrati, eccetera eccetera. Ma viene piuttosto da pensare ai dolori e ai dilemmi dell’attuale pontefice di Santa romana Chiesa. Eletto papa per il “gran rifiuto”, quali che siano state le sue ragioni, del papa precedente, ha cercato e sta cercando con una energia instancabile (ma è vecchio, ha la mia età e so cosa questo significa) di metter ordine in un sistema organizzativo immenso e sottoposto a tutte le tentazioni che la Storia può offrire, a tutte le compiacenze del potere. Una fatica enorme, ché l’istituzione, come tutte le grandi istituzioni, non è facilmente trasformabile…
E si guarda con immensa simpatia ai suoi sforzi di arginarne le consuetudini, e finanche l’umana tendenza dei suoi membri – nonostante i loro “voti”, le loro responsabilità – alle logiche del potere e alla corruzioni che in ogni potere implacabilmente si insinuano.
Goffredo Fofi
Scrittore, critico letterario e cinematografico, giornalista. Direttore della rivista Gli asini
1 commento
bellissimo l’intervento div Fofi!Gli vorrei stringere con entuiamo le mani!!Arnasldo Nsto
I commenti sono chiusi.