di Enaiatollah Akbari. Autore
Intervista a cura di Valeria Brucoli (Redazione Confronti)
Sono passati dieci anni da quando Enaiatollah Akbari ha raccontato la sua storia a Fabio Geda, dando vita al romanzo Nel mare ci sono i coccodrilli (Baldini+Castoldi, 2010). La sua storia però non è finita con l’arrivo in Italia dopo aver attraversato Iran, Turchia e Grecia, ma è diventata un viaggio a ritroso nella terra che ha lasciato da bambino, in cui adesso può tornare in sicurezza, da uomo.
Enaiatollah ha raccontato il suo secondo viaggio insieme a Fabio Geda in Storia di un figlio. Andata e ritorno e ora la sua avventura è giunta a un pubblico ancora più grande grazie al lavoro di Patrizia Schiavo, che ha trasformato il primo romanzo nel film Enaiat. L’incredibile storia, aggiungendo una tappa ulteriore al suo viaggio. Confronti lo ha intervistato dopo la presentazione del film.
Il tuo viaggio è iniziato con Nel mare ci sono i coccodrilli ed è continuato con Storia di un figlio. Andata e Ritorno, che è un viaggio al contrario. Cosa è cambiato tra questi due viaggi?
Nel mio primo viaggio mi sono spostato un luogo all’altro per la sopravvivenza. Allora non avevo alcun diritto all’istruzione ed ero costretto a lavorare duramente. Non avevo scelta. Adesso invece sono il capitano della barca della mia vita. Ho scoperto il piacere di essere vivo, di formarmi, posso scegliere quali libri leggere e quale percorso seguire. È un’altra vita. Mentre in passato lavoravo sedici ore al giorno, ora sento la libertà nel cuore, nella testa e negli occhi. Tonare indietro è stato strano perché quando ho lasciato la mia casa non ho potuto salutare nessuno, neanche abbracciare mia sorella. Avevo una famiglia molto numerosa, con nonne, nonni, zii e cugini, ma al mio ritorno ho trovato solo mia sorella, che vive da profuga in Pakistan. Quando sono andato via era una bambina, mentre ora ha tanti figli. È stato strano partire da fratello e tornare da zio. Non sono la stessa persona che è partita e che mia sorella si aspettava di incontrare, perché nel frattempo sono cresciuto, sono cambiato, al punto da avere difficoltà ad approcciarmi con la cultura che mi sono lasciato alle spalle.
Nel tuo viaggio hai incontrato “coccodrilli”? Se non in mare, sulla terra?
Ho incontrato molti coccodrilli, e li incontro ancora. Quando ancora non sapevo riconoscerli, mi hanno azzannato, ora che li conosco, cerco di stargli lontano senza rischiare la vita. Tuttavia ho incontrato anche diversi domatori di coccodrilli, che mi hanno alimentato il cuore per andare avanti. Purtroppo ci sono coccodrilli che tentano di distruggere i tuoi sogni, di schiacciarti con le parole, con i gesti, anche solo con lo sguardo ma, affrontandone tanti, sono diventato più coraggioso e ora non mi fanno più paura. Continuerò ad affrontarli, ma lo farò a modo mio, cercando di essere un dolce domatore.
Dal libro al film. Perché è necessario raccontare questa storia a distanza di anni?
Dalla mia storia sono passati anni, ma la storia continua a essere la stessa per molti altri, e sta accadendo proprio adesso, nel Mediterraneo. Queste storie non sono mai passate, e capitano quotidianamente. Ci sono tanti Enaiat di nazionalità diverse che lasciano il loro Paese per la sopravvivenza. I tempi sono cambiati perché in quel periodo non si parlava di migrazione così tanto come adesso. Che si tratti del libro o del film, è necessario che sempre più persone conoscano la nostra versione della storia, in particolare in un momento come questo, in cui il dibattito su respingere o accogliere i migranti è all’ordine del giorno.
Il film Enaiat sarà proiettato nelle scuole. Quanto è importante che i più giovani conoscano questa storia?
Sarei felicissimo se i ragazzi avessero la possibilità di vedere questo film, perché sono molto legato alla scuola. Credo che la salvezza sia in questa vita, non nell’aldilà, e che solo i ragazzi possano salvarci. La consapevolezza di quanto accade nel mondo è un dovere e un diritto per ognuno, e arriva attraverso la scuola. È importante che i ragazzi sappiano che il luogo in cui si nasce è del tutto casuale, e che sono molto fortunati ad essere nati qui. Questo non significa che debbano sentirsi in colpa per la fortuna che hanno, ma rendersi conto che questo è un paradiso per la sicurezza e i diritti dei bambini. La scuola in Italia è un diritto e un dovere mentre nel mio Paese c’è la lotta per la sopravvivenza. Qui è scontato andare a scuola e tornare a casa vivi. Lì possono far esplodere sia la casa che la scuola da un momento all’altro, e anche il tragitto può essere pericolosissimo per un bambino. Per questo è giusto che sappiano che quello che a loro sembra scontato, non lo è in tutte le parti del mondo e che ci sono loro coetanei che si svegliano presto ogni mattina per andare a lavorare.
A che punto sei del tuo viaggio personale?
Adesso mi sto rendendo conto del tempo che passa, della vita, della mia età. Sto bene, ma non penso più di vivere in eterno e di non invecchiare mai, come quando ero adolescente. Mi sono reso conto che il tempo è prezioso e che voglio sfruttarlo il più possibile. Non penso che sia giusto aggrapparsi a un’idea di futuro perfetto, perché non può esserlo, ma che sia importante esplorare, viaggiare, essere curiosi del mondo. Non so se sono all’inizio, a metà o alla fine del mio cammino. Una parte del viaggio l’ho fatto, però mi piace pensare che sia sempre l’inizio di una nuova vita.
Enaiatollah Akbari
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