Enaiat. L'incredibile storia di Enaiatollah Akbari arriva al cinema - Confronti
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Enaiat. L’incredibile storia di Enaiatollah Akbari arriva al cinema

by Patrizia Schiavo

di Patrizia Schiavo. Attrice, regista, autrice

Intervista a cura di Valeria Brucoli (Redazione Confronti)

La storia di Enaiatollah Akbari nata tra le pagine di Nel mare ci sono i coccodrilli (Baldini+Castoldi, 2010), il romanzo di Fabio Geda divenuto un successo editoriale nel 2010, a cui è seguito dieci anni dopo Storia di un figlio. Andata e ritorno (Baldini+Castoldi, 2020), arriva sul grande schermo con Enaiat, l’incredibile storia, scritto e diretto da Patrizia Schiavo, che abbiamo intervistato per Confronti.

A dieci anni dalla pubblicazione di Nel mare ci sono i coccodrilli arriva sul grande schermo Enaiat, l’incredibile storia. Come è avvenuto il passaggio dal testo alla scena e dalla scena al grande schermo?

Il passaggio dal romanzo alla scena è iniziato con il mio lavoro di sintesi, di adattamento, e la strutturazione di una vera e propria drammaturgia. Ho conservato l’io narrante di Enaiat e trasformato in azione e momenti dialogici, con l’ausilio degli altri personaggi, tutti i passaggi possibili. Ho spostato la cronologia narrativa di alcune sequenze del romanzo, per iniziare con Enaiat che racconta i motivi per cui non sarebbe mai andato via dall’Afghanistan : «Io via da Nava non sarei mai andato… il mio paese era bellissimo, non c’era energia elettrica e per fare luce usavamo le lampade a petrolio… e le stelle tantissime, così ho imparato a contare, contando le stelle». Teatralmente i momenti narrativi di Enaiat avvenivano in proscenio, guardando gli spettatori negli occhi ed erano interrotti di volta in volta dall’ingresso degli altri personaggi e dall’entrare in azione dello stesso protagonista.

La sceneggiatura è rimasta sostanzialmente invariata, se non per l’aver precisato con la Persico Film, la divisione in scene e la definizione di interni/esterni e giorno/notte.

Una buona intuizione che ho avuto prima delle riprese è stata volgere in intervista quasi tutti i momenti narrativi, immaginando Enaiat adulto che racconta la sua odissea in primo piano; lo sguardo in macchina, un andamento più discorsivo che narrativo, rispetto al teatro, rende il racconto più intimo e più forte al tempo stesso, per la sensazione che stia parlando, occhi negli occhi, esattamente a chi lo sta guardando.

L’escamotage dell’intervista contribuisce inoltre al ritmo narrativo del film e in assenza di unità di tempo, luogo e azione, aiuta nella comprensione degli eventi. La scelta di prediligere piani stretti e primi piani oltre ad avvicinare all’anima, alle emozioni dei personaggi, favorisce l’evocazione di luoghi e spazi invisibili. Sebbene abbiamo cercato di ricostruire all’interno del teatro tutti i set possibili, coperto il pavimento con diversi chili di sabbia e sassi, molto di “ciò che è invisibile agli occhi” viene suggerito e affidato all’immaginazione: le stelle, l’asino morto, le strade e le case di Quetta, i cinghiali, i cani e il mare noi li vediamo unicamente attraverso lo sguardo degli attori, esattamente così come accade o dovrebbe accadere in teatro. L’uso delle luci, la fotografia, la regia dell’immagine e il montaggio curati da Persico Film hanno permesso di colmare le mancanze; soprattutto per ciò che concerne le scene che avrebbero richiesto gli esterni e nel complesso coniugare il cinema al teatro con un ottimo risultato.

Cosa è rimasto nel film del testo originario e cosa è stato modificato nell’adattamento?

Ho cercato di conservare tutto il possibile, sebbene il romanzo, che si snoda in un arco di circa 8 anni, sia talmente ricco di avvenimenti e privo di divagazioni superflue, che ci vorrebbe una serie Tv per raccontare adeguatamente e dare il giusto peso ad ogni vicenda che Enaiat racconta. Di contro l’effetto dirompente di questa nostra narrazione serrata verrebbe diluito perdendo gran parte della sua efficacia. Ovviamente in questi casi bisogna operare delle scelte per evitare di ridurre una storia così coinvolgente ad una sorta di “Bignami”; così è stato necessario sacrificare qualcosa, come il drammatico racconto del viaggio nel doppiofondo del camion, alto 50 cm, con la testa in mezzo alle ginocchia, stipati come sardine per 3 giorni senza mai uscire; la disperata ricerca, dopo lo sbarco in Grecia, di viveri e indumenti, dispersi in mare insieme al quinto compagno di viaggio (nel film sono solo in tre come nella versione teatrale e si salvano tutti).

Sacrificato anche il magico incontro con l’anziana signora, la “fata” che gli darà i vestiti e 50 euro per il traghetto; l’arrivo in Italia, prima Roma e poi Torino dove trova una famiglia e può finalmente studiare; la lunga attesa per avere notizie della sua famiglia, fino alla toccante telefonata con la mamma con cui si chiude il romanzo ed anche il film, preceduto dal drammatico viaggio sulla zattera (nella realtà era un gommone a remi) dalla Turchia alla Grecia, momento di forte climax della storia e momento per me di “Fine” ideale, per valorizzare l’aspetto epico e allo stesso tempo drammaticamente reale e perennemente attuale della narrazione. Anche se la storia di Enaiat non termina lì. Non termina nemmeno con Nel mare ci sono i coccodrilli perché con Fabio hanno scritto il secondo libro, Storia di un figlio. Andata e ritorno, che racconta tutto ciò che è successo nel frattempo alla sua famiglia. L’escamotage di dividere alcune parti narrative tra Enaiat che scrive alla madre, e lei che legge le sue lettere è forse il tradimento più sostanziale, ma necessario al ritmo e all’equilibrio drammaturgico;  la madre sia nel romanzo che nella realtà, invece, non saprà mai cosa ha vissuto Enaiatollah.

La storia di Enaiatollah è ancora molto attuale. Come avviene l’incontro tra l’arte e l’attualità e da dove nasce la necessità di raccontare queste storie attraverso l’arte?

Drammaticamente e perennemente attuale direi. Continuiamo ad assistere ai naufragi, di uomini, donne, bambini; agli sbarchi di gommoni stipati da esseri umani  stremati, che per trovare «un luogo da chiamare casa», come dice Enaiatollah Akbari, hanno dovuto affrontare mille peripezie, rischiando continuamente la vita, lavorando come schiavi o vendendo tutto il poco che hanno per pagare somme di denaro enormi nella speranza di una vita migliore e trovare invece, troppo spesso, la morte. Ecco, l’incontro tra l’arte e l’attualità avviene quando l’artista si sente responsabile. Responsabilità ovvero abilità di risposta, di reazione a ciò che ci circonda, comprese le atrocità di vario livello. L’artista responsabile non è più intelligente o più bravo degli altri è semplicemente uno che non può fare a meno di usare il linguaggio che gli è proprio per opporsi ad ingiustizia, indifferenza e in questo caso intolleranza nei confronti di una moltitudine che continua a fuggire da guerre, persecuzioni, fame, schiavitù, divieto al diritto di istruzione e chi più ne ha più ne metta. L’artista responsabile o socialmente utile sente il bisogno di combattere i pregiudizi e spezzare la catena dell’odio.

La necessità di raccontare queste storie arriva quando credi nel ruolo di civilizzazione dell’arte e nell’artista come portatore di civiltà e scegli di assumerti quel ruolo; quando credi che l’arte sia un mezzo per generare trasformazione, crescita e cambiamento positivo nelle persone e nel contesto; uno strumento di consapevolezza e rivoluzione, in quanto sguardo, visione, voce, istanza critica, specchio della società.

Il film sarà proiettato nelle scuole. Rispetto all’opera letteraria, il cinema è più fruibile dai ragazzi? Enaiat è stato pensato anche per un pubblico giovane?

Il romanzo Nel mare ci sono i coccodrilli da cui è tratto Enaiat, l’incredibile storia (un best seller che vende da 10 anni una media di 40,000 copie l’anno, tradotto in 28 lingue)  sebbene sia un’opera adatta a tutti è adottato stabilmente ormai da tantissime scuole, oltre che per i temi trattati, in virtù della fluidità della scrittura, leggera e coinvolgente allo stesso tempo. Siamo di fronte ad un caso letterario piuttosto raro nel suo genere e del quale non era ancora mai stato realizzato un film. Ovviamente viviamo in una società sempre più tecnologica, più veloce, una società dell’immagine e i nostri figli vi sono nati, sono i nativi digitali, leggono infinitamente meno di quanto leggevamo noi, perciò laddove la letteratura ha perso il suo fascino perché ha bisogno di ritmi più lenti, ecco il cinema è senz’altro più immediato, più efficace; difficilmente si rischia di interrompere la visione senza sapere come andrà a finire.

Enaiat, l’incredibile storia è stato pensato soprattutto per sostenere i giovani, nell’accrescimento di responsabilità civile in quanto anima, spina dorsale, riflesso della società e potenziali agenti di trasformazione a vari livelli:  superare pregiudizi, paure e conflitti, favorire fiducia, crescita e consapevolezza individuale e collettiva, favorire processi di integrazione sociale e di educazione alla legalità. È stato pensato per i ragazzi come Enaiatollah che continuano a partire nella speranza di una vita migliore ed è stato pensato per i nostri ragazzi, figli di una società superficiale, apatica, indifferente o cinica.

Per avere l’opportunità di comprendere che cosa significa vivere in questi mondi e considerare il valore, la qualità delle nostre vite, la fortuna di essere nati dove siamo nati, la capacità di resistere e conquistarsi la vita, l’importanza del coraggio e delle nostre scelte. Ma è pensato anche per noi adulti, per le nostre madri, così lontane dal poter concepire un gesto così tragico e così eroico, e in particolare è pensato per tutti quelli che odiano e negano ad altri esseri umani il diritto di vivere. 

Il viaggio di Enaiat come quello di Enaiatollah è appena iniziato. Quale percorso farà questo film e come sarà distribuito? 

Enaiat, l’incredibile storia ha origine come spettacolo teatrale interrotto sul nascere dal lockdown. La trasposizione cinematografica è innanzitutto il  segno della nostra resistenza; la pandemia ci ha costretto ad allontanarci dal pubblico e noi abbiamo cercato una nuova vicinanza. Abbiamo inizialmente pensato di costruire una nostra piattaforma on demand www.teatrocitta.it, per la diffusione del progetto alle scuole del territorio nazionale. A questo scopo abbiamo organizzato un incontro con l’autore Fabio Geda e lo stesso Enaiatollah Akbari e una proiezione privata al Cinema Eden. Vedere il film sul grande schermo, in questa occasione qualche giorno fa, ci ha reso consapevoli del grande potenziale che porta con sé, non solo questa incredibile storia, ma anche la specifica qualità del progetto. Così abbiamo deciso di percorrere altre strade, altre possibilità di diffusione del progetto: forse i festival come evento speciale, chissà, così come la ricerca di un distributore interessato al progetto, in sintonia con i temi trattati, e con lo stesso desiderio di raccontare storie necessarie come questa.

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Patrizia Schiavo

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