di Stefano Allievi. Sociologo, Professore di Sociologia presso l’Università degli studi di Padova
Il corpo è sempre più al centro di dibattiti nel mondo contemporaneo, anche per quanto riguarda lo sviluppo delle potenzialità umane. E se la tuta dell’astronauta, o lo scafandro del palombaro, mostrano il potenziamento aggiungendo sopra il corpo le protesi necessarie, il cyborg potrebbe rappresentare il “salto evolutivo” successivo. Ma come sarebbe il mondo se…
Siamo alla vigilia di un mondo in cui, oltre a corpi senz’anima (ma attivi e più performanti della nostra fragile carne), potremo vedere anime o cervelli senza corpo? O almeno con corpi potenziati, trasformati?
Come sempre, è la fantascienza a prefigurare nell’immaginario scenari che la scienza ha già tracciato, e l’impetuoso sviluppo tecnologico rende possibili. L’intelligenza artificiale applicata alla robotica ci mostra già il primo scenario, e le sue applicazioni. Nel suo ultimo romanzo, Klara e il sole (Einaudi, 2021), il premio Nobel 2017 Kazuo Ishiguro racconta la storia di una sensibile “amica” artificiale, disponibile nella vetrina di un negozio, oggetto/soggetto di compagnia per adolescenti, che acquistata da una giovane un po’ problematica e bisognosa di affetto, fa di tutto per prendersi cura della sua giovane protetta.
Già nel precedente e meraviglioso Non lasciarmi (Einaudi, 2016) Ishiguro prefigurava un mondo in cui, ad ogni umano sano che possa permetterselo,corrisponde una copia biologica da utilizzare come collezione di organi, pezzi di ricambio da sfruttare in caso di bisogno, man mano che organi e parti del corpo deperiscono o si ammalano.In quest’ultimo romanzo si è passati dalla biologia clonata e riprodotta alla totale artificialità.
Inizialmente, come detto, con una creatura artificiale capace di immedesimarsi così tanto nella sua amica reale, da cui è stata acquistata, da amarla e imitarla alla perfezione: al punto da far immaginare alla madre, difronte alla morte incombente in seguito alla malattia della fanciulla reale, che il robot intelligente, dopo averla conosciuta così bene, possa, imitandola, assumerne le fattezze, ricostruite tecnologicamente, e continuare così a vivere con la madre stessa, lenendone il dolore, in uno straordinario incrociarsi di prospettive.
L’altro scenario, quello dei corpi trasformati o potenziati, è quello delineato con la forza dell’immaginario cinematografico in film come RoboCop di Paul Verhoeven, risalente all’ormai lontanissimo 1987 e riprodotto nel genere cyberpunk.
È l’idea del cyborg, il corpo potenziato all’estremo, una specie di ibrido tra uomo e macchina, grazie non solo all’aggiunta ma all’innesto di protesi tecnologiche direttamente dentro il corpo umano. Se ne parla dagli anni ’60, immaginando il bisogno del corpo umano di adattarsi a condizioni di vita estreme – pensando soprattutto alle esplorazioni spaziali. La tuta dell’astronauta, come per altri versi lo scafandro del palombaro, mostrano il potenziamento aggiungendo sopra il corpo le protesi necessarie, il cyborg è il “salto evolutivo” successivo.
E quanto non sia per niente un orizzonte lontano, ma anzi già parte della nostra vita quotidiana, aspetto ormai perfino banale, ce lo hanno mostrato con plastica efficacia – appena a un passo dal cyborg– le paralimpiadi di quest’anno, con l’enorme varietà di potenziamenti e di innesti aggiungibili a un corpo umano: da carrozzine multiperformanti a gambe bioniche con cui guadagnare un record di velocità, ad altri arti e capacità posticce. L’innesto di chip sottopelle con password e carta di credito è già pronto e sperimentato, sensi potenziati(vista, udito…) grazie ad aggiunte meccaniche nel corpo (altro che realtà aumentata grazie ad occhiali e visori aggiunti al di fuori!) sono in arrivo.
Il resto verrà, prima di quanto pensiamo. In mezzo c’è un mondo: oggetti meccanici parlanti già presenti nelle nostre case o nei nostri cellulari (pensiamo ad Alexa di Amazon, o a Siri di Apple), capaci di comunicare autonomamente con altri oggetti e guidarli (elettrodomestici e quant’altro), prefigurando un mondo in cui tutto potrà essere connesso con tutto, fino ai cani meccanici da compagnia già disponibili in Giappone per gli anziani, ai robot da compagnia per bambini che già si vedono in alcuni ospedali pediatrici, alle bambole gonfiabili parlanti che potranno soddisfare altri piaceri, o vere e proprie intelligenze artificiali dotate di propria volontà.
Come la Klara del romanzo di Ishiguroda cui siamo partiti, ma che risalgono ai Terminator dell’omonima saga cinematografica, altri celebri ribelli all’uomo come il terribile HAL 9000 del film 2001: Odissea nello spazio (Stanley Kubrick, 1968), capostipite di un genere, o in maniera ambivalente potenziali ribelli o potenziali alleati e amanti, come ci ha ben mostrato un altro imprescindibile capolavoro cinematografico rimasto nel nostro immaginario, Blade runner (RidleyScott, 1982).
È il transumanismo, bellezza. L’incredibile mondo in cui tutto si collega con tutto in forme imprevedibilie inusitate: dopo il quale sappiamo che niente sarà più come prima. Probabilmente nemmeno Dio.
Immagine © Markus Spiske, via https://unsplash.com/
Stefano Allievi
Sociologo, Professore di Sociologia presso l’Università degli studi di Padova