di Redazione Confronti
In seguito alla proiezione si è svolta una tavola rotonda sullo stesso tema con Marco Tarquinio (direttore di Avvenire), don Bruno Ciceri (Direttore internazionale della Stella Maris Network), Goffredo Fofi (critico cinematografico), Michele Lipori (co-regista), Giuseppe Bellasalma (co-regista); Patrizio Giorni (segretario nazionale Fai CISL), Giuseppe Ciulla (autore del libro La Cala), e Catia Catania (autrice del libro La Cala). Ha moderato Stefania Sarallo (redazione Confronti).
«Di questo Mediterraneo ce ne occupiamo poco e quando lo facciamo, alziamo dei muri – ha aggiunto Giuseppe Ciulla – eppure siamo un Paese che dovrebbe occuparsi di più del mare. C’è un governo che sta cercando di attivare una propria presenza in Libia, ma è complicato. Manca la politica e la possibilità di sedersi attorno a un tavolo e stabilire delle regole, e dei trattati perché queste persone possano pescare in sicurezza».
La questione della sicurezza non è recente per i pescatori di Mazara come ricorda Catia Catania che nel libro La Cala ha incontrato la storia di Mazara del Vallo nel racconto dell’attualità: «Già dagli anni Sessanta i pescatori chiedevano la sicurezza in mare perché già settanta anni fa c’erano problemi con la Tunisia, simili a quelli che ora ci sono con la Libia, ed è da qui che è nato un racconto in cui c’è la nostra storia e la nostra identità».
Una storia che è necessario conoscere rimarca Marco Tarquinio, e che rende necessaria un’informazione costante dell’opinione pubblica sulla posizione dell’Italia rispetto al Mediterraneo: «Quello che sta accadendo nel Mediterraneo è emblematico di come le persone senza potere siano prese in ostaggio dentro logiche che ormai hanno ben poco di civile, che si tratti di pescatori o di persone profughe e migranti. Questa è la condizione strutturale del Mediterraneo da quando abbiamo preteso di trasformare un mare che è sempre stato luogo do comunicazione, e scambio in un muro d’acqua».
Anche la Chiesa, ha sottolineato don Bruno Ciceri non è rimasta indifferente alla tragica storia dei pescatori di Mazara del Vallo: «Quando sono tornati con i pescherecci, che purtroppo erano gusci vuoti, come Chiesa ci siamo impegnati a farli ripartire, grazie anche a delle ditte che con generosità si sono impegnate in questo senso. È bello vederli tutti qui e vedere questo film e rivivere con loro le emozioni che lo scorso anno avevo condiviso. Forse dobbiamo lavorare di più insieme come Chiesa, associazioni e sindacati per far sentire ancora la voce dei pescatori che sono dei marittimi dimenticati».
L’importanza di non dimenticare i lavoratori del mare e di raccontare le loro storie è stata ricordata da Goffredo Fofi che ha ravvisato una grave mancanza della cultura del mare nella narrazione del mare. «Ci sono pochissimi film ma anche pochissimi romanzi che parlano del mare, escludendo Verga, Capuana, qualche napoletano e occasionalmente Dannunzio del mare non si è occupato quasi nessuno. Solo dopo con il Neorealismo e l’Italia del dopoguerra qualcun altro ha cominciato a farlo. Ma non abbiamo avuto nessun Conrad, pur essendo una penisola circondata per tre quarti dal mare e del mare vive una gran parte della popolazione. Eppure la cultura italiana borghese non ha mai guardato con molta attenzione a queste cose. Per questo un documentario come Centootto serve a ricordarci che siamo mare, e che il mare è qualcosa che ci riguarda».
Il rapporto con il mare, al di là della cronaca è un racconto universale, ed è questo che ha guidato la realizzazione del docufilm, come spiega il co-regista Giuseppe Bellasalma «Quando abbiamo iniziato a lavorare sulla narrazione e ci siamo resi conto che questa storia portava con sé un’universalità, che era la cosa più importante da raccontare. Della cronaca avevano già parlato i giornali e le televisioni, ma l’assenza che vivono i pescatori e le loro famiglie è una condizione esistenziale perenne, fatta di attesa di mariti, padri, fratelli e figli. Quindi ci siamo resi conto che era quello che dovevamo raccontare, così come il rapporto che queste persone hanno con il mare, un rapporto fatto di gratitudine e paura».
In chiusura, è stata inaugurata la mostra fotografica Centootto, a cura di Michele Lipori, che resterà aperta al pubblico presso il Cinema Troisi fino al 28 dicembre. Le fotografie in mostra, realizzate durante le riprese del film, ritraggono i pescatori protagonisti e le loro famiglie, nell’intimità delle loro case e nella quotidianità del lavoro sul peschereccio, alternando momenti corali a primi piani. «Entrare in contatto intimo con queste persone di cui avete visto i volti e le loro storie è stato facile poiché ci hanno aperto le loro case e i loro cuori in un modo immediato» ha dichiarato Michele Lipori, che ha commentato così la sua scelta di declinare i suoi scatti in bianco e nero: «Avere una macchina fotografica allo stesso tempo avvicina e rende più obiettivi nei confronti delle persone e delle situazioni che si vogliono raccontare. E attraverso questa vicinanza e lontananza secondo me è possibile trasmettere un’emozione a chi non è fisicamente lì. Il bianco e nero è connesso a questa peculiarità del mezzo perché consente di lasciarsi alle spalle il “rumore” per immergersi in quella nuova realtà».
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Formato 30x40cm e 40x40cm (con cornice in legno: 45×55,5cm e 55x55cm)
– Copia “zero” (ora in mostra): 350 Euro
– 3 copie originali autografate dello stesso formato in mostra: 350 Euro
Formato 30x40cm: 175 Euro senza cornice
Formato 40x40cm: 175 Euro senza cornice
Formato 24x30cm: 100 Euro senza cornice
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