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Libertà religiosa. Alla ricerca di spazi di convivenza

by Ilaria Valenzi

di Ilaria Valenzi. Avvocata, ricercatrice in diritto delle religioni, Centro Studi Confronti.

17 febbraio, festa della libertà. È così che, per consuetudine, viene indicata la giornata nel corso della quale si fa memoria di – e si festeggia! – un momento storico per la vita della Chiesa valdese e, a ben vedere, per l’esistenza di tutte le minoranze religiose presenti in Italia. Siamo nel 1848 quando, con l’emanazione delle Lettere patenti, Carlo Alberto ammise i valdesi al godimento di tutti i diritti civili e politici al pari degli altri suoi sudditi. Un atto di emancipazione che mise simbolicamente fine a una storia di tremende persecuzioni e discriminazioni aprendo una nuova stagione che, di lì a pochi anni, condusse a un periodo di grande fermento e vitalità per l’affermazione della libertà, non solo religiosa, nel Paese.

Il 17 febbraio è per l’appunto l’occasione per ricordare che la libertà religiosa non è suddita delle libertà civili, essendone al contrario la matrice. In tale prospettiva, la libertà di coscienza, pensiero e religione costituisce la pre-condizione per lo svolgimento di una vita libera e di un’esistenza autodeterminata. In un momento storico in cui si fa molto parlare dell’idea di libertà, il rimando all’atteggiamento responsabile e di cura della collettività con cui una minoranza religiosa ha interpretato la sua emancipazione è una tra le buone pratiche di confronto sui temi centrali del vivere insieme. Da allora molta strada è stata percorsa verso la piena affermazione della libertà religiosa in Italia.

Un cammino accidentato, che ha registrato delle importanti battute d’arresto e delle lacerazioni profonde per le confessioni religiose diverse dalla cattolica.

La sottoscrizione dei Patti lateranensi (11 febbraio 1929) con la riaffermazione dell’idea di religione di Stato; i controlli di polizia durante le attività di culto; la Circolare Buffarini-Guidi (in vigore dal 1935 al 1955) e la clandestinità cui una parte significativa dell’evangelismo italiano è stata condannata per anni; la deportazione di cittadini e cittadine sulla base del credo e della natura religiosa della propria discendenza, che è andata legandosi alla motivazione razziale. Sebbene l’avvento della Repubblica con la sua Costituzione abbia ribaltato lo stato delle cose, con l’affermazione assoluta del principio di uguaglianza senza distinzioni, nemmeno di religione, il peso della Storia ha continuato a sortire effetti negativi sul riconoscimento della piena cittadinanza a tale libertà.

Un percorso incompiuto, che ha permesso di incontrare nuovi compagni e compagne di viaggio, credenti di religioni non presenti in Italia all’epoca delle Lettere patenti, che oggi costituiscono l’assoluta maggioranza delle minoranze religiose e che ripropongono, con la loro sola presenza, la centralità del tema all’attenzione del legislatore e del Paese. C’è bisogno di nuovi strumenti per garantire il pieno godimento della libertà religiosa, una legge ampia e avveduta, che sappia garantire l’espressione di sensibilità e credenze anche molto diverse tra loro. Uno spazio giuridico condiviso per la convivenza tra simboli, luoghi fisici e non, spiritualità e stili di vita, rispetto delle diversità. Un tema tanto centrale quanto lontano dall’agenda politica del Paese, che non si pone il problema della piena cittadinanza delle realtà religiose né dell’intersezione tra religione e altri fattori identitari, finendo per rendere l’Italia un luogo non integrante e al contempo con una relazione difficile con il principio di laicità. Eppure la forza propulsiva delle minoranze religiose ci parla di accoglienza e visione profetica, non sempre colte e valorizzate con la giusta attenzione. La sottovalutazione della centralità della libertà religiosa nel quadro complessivo dei diritti sembra peraltro aprire a scenari non ancora del tutto noti nel contesto italiano, ma ampiamente sperimentati altrove. È il caso dell’utilizzo strumentale della libertà religiosa quale ostacolo alla piena affermazione dei diritti civili e attentato all’integrità di conquiste epocali, come il diritto al divorzio e i diritti riproduttivi.

Visioni che non sembrano fare memoria della natura primaria della libertà religiosa per il riconoscimento – e non la violazione – degli altri diritti. L’istituzione del 17 febbraio come giornata della libertà di pensiero, coscienza e religione avrebbe la funzione di recuperarne il pieno significato. Un auspicio che consegniamo al nuovo Presidente della Repubblica.

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Ilaria Valenzi

Avvocata, ricercatrice in diritto delle religioni, Centro Studi Confronti

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