Fulvio Ferrario. Professore di Teologia dogmatica presso la Facoltà valdese di teologia di Roma.
Di recente Umberto Galimberti si è pronunciato sui cosiddetti “no-vax” equiparandoli alle persone credenti, poiché entrambi gli schieramenti si farebbero portatori di una “fede a oltranza”, impermeabile a qualunque argomentazione. Un dualismo che riecheggia quello tra atei e credenti e che, in entrambi i casi, non tiene conto di realtà storiche e personali.
Probabilmente la tesi era stata formulata in precedenza, io però l’ho ascoltata nella sua efficace semplicità dal prof. Umberto Galimberti, in un dibattito trasmesso da una rete nazionale: i no-vax sono come coloro che credono in Dio. Gli uni e gli altri, infatti, non sostengono un’opinione, bensì «hanno fede nelle loro convinzioni». La fede «è immodificabile», impermeabile a qualunque argomentazione. Il filosofo ritiene che anche se egli, ragionando «con calma», dimostrasse «in mille maniere» che Dio non esiste, la persona credente, barricata nel suo “fideismo” non modificherebbe le proprie convinzioni, esattamente come il no-vax continua a temere di ricevere un microchip insieme al vaccino.
Persino una tesi del genere contiene, storpiandola, una particella di verità. Esistono comportamenti umani che non sono conseguenza diretta delle sole acquisizioni di carattere scientifico, bensì di un rapporto con la realtà che implica una pluralità di livelli conoscitivi, che coinvolgono la sfera degli affetti, quella della volontà e molte altre: è il caso, per fare un paio di esempi, dell’esperienza estetica, o di quella etica.
Nemmeno esse possono ignorare la dimensione empirica e la sua elaborazione scientifica, ma le intrecciano con altre descrizioni della realtà. Le scelte fondamentali della vita sono l’esito di questa complessa integrazione di modalità operative del pensiero umano tra loro diverse. Ciò vale per la fede in Dio, ma anche per l’opzione opposta. L’ateismo del prof. Galimberti non è un portato della “scienza” o di una “ragione critica” della quale chi la pensa come lui avrebbe il monopolio: semplicemente, si tratta di un’elaborazione di livelli diversi di esperienza della realtà, alternativa rispetto a quella di una persona credente.
Per tale ragione, se gli si dimostrasse (non necessariamente «in mille maniere»: ne bastano due o tre) che è impossibile dimostrare che Dio non esista, egli non cambierebbe opinione. L’ateismo ha appunto la struttura delle opzioni esistenziali, per nulla priva di analogie (di forma concettuale, ovviamente, non di contenuto) con la fede religiosa. Che quest’ultima, poi, sia “immodificabile” è una bizzarra convinzione del prof. Galimberti, priva di qualunque rapporto con la realtà storica e personale: molti credenti sono diventati atei e viceversa, vi sono passaggi tra confessioni e anche tra religioni, confessioni e religioni hanno una storia, cioè cambiano.
Di solito lo sanno anche gli atei e anzi a volte ne fanno un argomento antireligioso. E a proposito di scienza: il cosiddetto “naturalismo”, cioè la concezione che identifica la totalità del reale con quanto è in linea di principio indagabile dalle scienze empiriche, non è, come tale, “scienza”, bensì una filosofia, che interpreta alcuni esiti della ricerca scientifica. Ciò non dice nulla contro la sua legittimità, ma dovrebbe mettere in guardia contro la pretesa di appropriarsi del prestigio culturale dell’impresa scientifica.
L’analogia tra no-vax e credenti mi suggerisce inoltre una domanda di carattere politico. Le nostre società, di fronte all’emergenza sanitaria, hanno assunto misure piuttosto energiche, intervenendo su aspetti non banali della vita quotidiana in un primo tempo di tutti, poi in particolare delle persone non vaccinate: questo perché la scelta di queste ultime è stata ritenuta irragionevole e pericolosa per la salute pubblica.
Visto che, secondo il prof. Galimberti, la fede religiosa presenta le stesse caratteristiche di pertinace irrazionalità, dobbiamo pensare che egli auspichi qualcosa di analogo per la minaccia religiosa alla salute (mentale) pubblica? In altri termini: la sua appassionata uscita televisiva va intesa come proposta di un modello di pluralismo culturale ispirato all’Albania di Enver Hoxha o alla Cina della Rivoluzione culturale?
Molto spesso, su questa Rivista e in questa rubrica, sono state formulate forti obiezioni nei confronti di aspetti di invadenza della Chiesa cattolica nella società italiana: sarebbe davvero paradossale se l’alternativa fosse una sorta di pensiero unico galimbertiano di orientamento ateistico. La preoccupazione può apparire prematura: a fronte di prese di posizione del tipo di quella che abbiamo discusso, che non è isolata in alcuni ambienti culturali, essa potrebbe invece risultare, semplicemente, tempestiva.
Ph. Hands praying religion via maxpixel.net
Fulvio Ferrario
Professore di Teologia dogmatica presso la Facoltà valdese di teologia di Roma