di Goffredo Fofi. Scrittore, critico letterario e cinematografico, giornalista. Direttore della rivista Gli asini.
Samuel Beckett, uno dei più grandi artisti (e aggiungo filosofi) del XX secolo. Ho per mia grande fortuna due forti ricordi che lo riguardano. Il primo è, lui assente, la visione di un’ennesima replica di Aspettando Godot in un teatrino del Quartiere latino a Parigi (…). Qualche anno dopo incrociai Beckett in persona sul boulevard Montparnasse, dove abitava.
La benemerita Cue Press di Mattia Visani e il benemerito e instancabile Luca Scarlini hanno messo in cantiere più volumi di Samuel Beckett l’immenso, i lavori teatrali con le sue note di regia (Quaderni di regia e testi riveduti a cura di James Knowlson e Dougald McMillan, il primo su Aspettando Godot). Evviva!
Samuel Beckett, uno dei più grandi artisti (e aggiungo filosofi) del XX secolo. Ho per mia grande fortuna due forti ricordi che lo riguardano. Il primo è, lui assente, la visione di un’ennesima replica di Aspettando Godot in un teatrino del Quartiere latino a Parigi, a due passi dall’amata libreria di Maspero, che conobbi non molto tempo dopo collaborando occasionalmente a Partisan, la grande rivista anticipatrice del Maggio.
Regista e interprete un magnifico Roger Blin. Aspettando Godot vi era rappresentata da qualche anno e rimase in cartellone ancora qualche anno in una saletta minuscola e sempre piena. Ne avevo sentito parlare, ero curioso, e l’emozione fu grandissima: ne fui quasi sconvolto, ma non avevo ancora letto niente di Beckett… Qualche anno dopo incrociai Beckett in persona sul boulevard Montparnasse, dove abitava.
Era da poco che un giovane lo aveva assalito proprio sul boulevard e l’aveva gravemente ferito. È noto che, quando il magistrato gli chiese, già guarito, se voleva portarsi parte civile al processo, Beckett chiese di poter incontrare prima il suo aggressore, che alla domanda «perché l’hai fatto?» rispose con assoluta sincerità: «Le giuro, signor Beckett, non lo ricordo». Beckett non si portò parte civile.
Altrettanto degno di memoria è il suo silenzio quando gli dettero il Nobel, che non andò a ricevere (pochissimi anni prima Sartre l’aveva rifiutato con dichiarazioni di fuoco). Incrociai dunque Beckett sul boulevard, e per non disturbarlo nel caso si fosse accorto del mio pedinamento, attraversai di corsa il boulevard in mezzo alle macchine e lo seguii a distanza, dall’altra parte della strada…
Quando Beckett morì nel 1989, nei giorni di Natale, mi trovavo a Parigi dai miei. La notizia ne fu data, per sua volontà, dopo le esequie, e credo di essere stato tra i primi a recarmi sulla sua tomba con una mia amica, al cimitero di Montparnasse, lasciandovi due rose rosse.
Nel 1969 al Festival di Venezia, il mediometraggio Film, diretto da Beckett si può dire per interposta persona, Alan Schneider, era ispirato all’Ultimo nastro di Krapp e interpretato da un vecchio e indimenticabile Buster Keaton. Un grande film sulla vecchiaia, e sul silenzio! Fu in quell’anno che Venezia dedicò la retrospettiva a Buster Keaton? Direi, a memoria, di sì. Ogni mattina c’era una proiezione dei suoi capolavori in un saletta del Palazzo del cinema.
Li vidi puntualmente con Lelio e Lisli Basso, ci davamo appuntamento ogni mattina al bar di fronte. E talvolta Keaton era lì, in persona, in mezzo a noi! Di Beckett vorrei ricordare infine una battuta che riguarda molti di noi: «Non posso continuare. Continuerò».
Ph. Doriano Strologo
Goffredo Fofi
Scrittore, critico letterario e cinematografico, giornalista. Direttore della rivista Gli asini.