di Nadia Angelucci. Giornalista e scrittrice.
Il 28 giugno del 1976 Elena Quinteros, una maestra elementare esponente del Partito per la Vittoria del Popolo, viene sequestrata a Montevideo (Uruguay) da un gruppo di ufficiali della dittatura uruguayana. Uno dei presunti responsabili della sparizione – Jorge Nestor Troccoli – vive in Italia dal 2007.
È il 28 di giugno del 1976, sono circa le 10 del mattino. Nei pressi dell’ambasciata venezuelana in Uruguay, a Montevideo, una donna scende da una macchina e si incammina sulla strada principale. Sembra una tranquilla passeggiata in centro ma la donna sa di essere seguita; pochi metri dietro di lei una coppia non la perde d’occhio. La donna si chiama Elena Quinteros ed è una maestra. Quattro giorni prima è stata sequestrata da un gruppo di ufficiali della dittatura uruguayana e portata in un centro di tortura clandestino. Dopo giorni di interrogatori e tortura è riuscita a convincere i suoi rapitori che li avrebbe condotti a un appuntamento con un esponente dell’organizzazione politica a cui appartiene, il Partito per la Vittoria del Popolo. Ma il suo piano è un altro.
Nei pressi dell’ambasciata del Venezuela infatti Elena comincia a correre, si arrampica sul muro di cinta e si lascia cadere nel giardino della sede diplomatica. Grida il suo nome e chiede asilo politico. L’ambasciatore e il suo vice accorrono a soccorrerla ma entrano anche gli agenti che l’avevano in custodia. La prendono per i capelli e la trascinano fuori dall’ambasciata. In strada si consuma una lotta furibonda tra i rapitori che vogliono caricarla in macchina e il personale dell’ambasciata che cerca di proteggerla.
Riescono a infilarla sul Volkswagen verde e ripartono a grande velocità. In seguito a questo episodio il Venezuela rompe le relazioni diplomatiche con l’Uruguay.
Nei giardini dell’ambasciata resta una scarpa di Elena. È l’ultima cosa che resta di lei che, dal quel giorno, è scomparsa. Uno dei presunti responsabili della sparizione di Elena Quinteros vive in Italia dal 2007. Si chiama Jorge Nestor Troccoli e all’epoca dei fatti era un funzionario della Marina uruguayana, responsabile dei servizi di intelligence del Fusna (Corpo dei Fucilieri Navali).
Troccoli, che ha una doppia nazionalità – uruguayana e italiana –, scappa dall’Uruguay nel 2007, quando la giustizia comincia a indagare sul suo passato durante la dittatura del 1973 – 1985. Arriva in Italia e, in seguito a una segnalazione uruguayana viene arrestato. L’estradizione richiesta dal Paese sudamericano viene negata ma Troccoli viene rinviato a giudizio in virtù di un accordo tra i due Paesi. Affronta un processo in Italia dal 2015 e il 9 luglio 2021 è stato condannato in via definitiva all’ergastolo, insieme ad altre 13 persone, dalla Corte di Cassazione di Roma per l’assassinio e la sparizione di 38 persone, nel procedimento conosciuto come processo al Plan Condor.
Di questi 14 condannati solo Troccoli risiede in Italia, e il 10 luglio 2021 è stato prelevato nella sua abitazione di Battipaglia dai Ros dei Carabinieri e portato nel carcere di Salerno; nei giorni successivi è stato trasferito nel carcere definitivo di Carinola, in provincia di Caserta, dove sta scontando la pena. Chiuso questo primo procedimento si è aperto nei suoi confronti un nuovo fronte giudiziario. Con l’obiettivo di trovare prove a suo carico per il processo Condor, nel 2018 gli avvocati Alicia Mejia e Andrea Speranzoni si erano recati in Uruguay e avevano consultato vari archivi.
La documentazione che hanno riportato in Italia, e che è servita a giungere alla sentenza del 2021, ha raccontato di altri possibili reati di Troccoli per i quali verrà giudicato, a partire dal prossimo 14 di luglio, presso la Terza Sezione della Corte d’Assise di Roma. In particolare alcuni dossier con dichiarazioni di testimoni che lo coinvolgono nel sequestro nell’ambasciata del Venezuela di Elena Quinteros e informazioni contenute nel suo fascicolo personale riguardanti il suo ruolo nella Marina con particolare attenzione al periodo del rapimento e della scomparsa della donna.
Particolarmente toccante il rinvenimento di una scheda con i dati di Elena, ritrovata nell’archivio della caserma della Marina dove operava Troccoli, con informazioni sulla sua militanza politica e una nota scritta a mano con una penna rossa: “deceduta”.
Verità e giustizia chiedono i familiari delle vittime delle dittature. Elena Quinteros non ha parenti ma la sua storia, quella di una donna coraggiosa e ribelle, che ha tentato con tutte le sue forze di sottrarsi all’annientamento, è riuscita a superare un oceano per chiedere giustizia. Con l’apertura di questo processo in Italia immaginiamo Elena che idealmente continua a correre verso la libertà.
Ph. Fotografía de la maestra Elena Quinteros, detenida desaparecida durante la coordinación represiva entre las dictaduras del cono sur de América Latina conocida como Plan Cóndor © Imágenes provistas por la organización Madres y Familiares de Uruguayos Detenidos Desaparecidos via Wikimedia Commons
Nadia Angelucci
Giornalista e scrittrice