Il costo economico della pedofilia del clero renderà “inevitabile” la povertà? - Confronti
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Il costo economico della pedofilia del clero renderà “inevitabile” la povertà?

by Luigi Sandri

di Luigi Sandri. Redazione Confronti.

Il costo dei risarcimenti che le conferenze episcopali, o singole diocesi del mondo, hanno pagato alle vittime della pedofilia del clero è di alcuni miliardi di dollari. Le differenze tra Paese e Paese. Il caso strano della Cei. Per le Chiese del Sud del mondo, povere, sarà il Vaticano a soccorrerle?

se il costo dei risarcimenti alle vittime della pedofilia del clero fosse l’occasione storica, certo inattesa, per rendere effettivamente povera, in Occidente, la Chiesa cattolica romana, e problematica la sua esistenza stessa nel Sud del mondo? L’interrogativo appare “obbligato”, se si mettono insieme dati, pur ancora parzialissimi, che fanno intravvedere un futuro abbastanza preoccupante per le strutture economiche e finanziarie delle Conferenze episcopali del ricco Nord del Pianeta, e quasi catastrofico per quelle del Sud depredato.

LA PARTENZA… NEGLI STATI UNITI D’AMERICA

Il 14 luglio 2009 l’arcidiocesi di Los Angeles, allora guidata dal cardinale Roger Mahony, annunciò che, in un accordo extragiudiziale con gli avvocati di circa cinquecento vittime di preti pedofili negli anni 1930-2003, essa aveva accettato di pagare un risarcimento complessivo di 660 milioni di dollari (quasi mezzo miliardo di euro). Si era di fronte al più alto risarcimento mai esborsato da una diocesi statunitense, dal 2002, da quando cioè lo scandalo degli abusi sessuali su minori compiuti da persone del clero venne alla luce non più come caso singolo, ma come una piaga sistemica. Secondo il Los Angeles Times, la diocesi avrebbe venduto proprietà immobiliari per raccogliere i fondi necessari per onorare l’impegno preso.

Negli Stati Uniti, di norma, è la singola diocesi che, se il prete pedofilo non ha i mezzi per risarcire la sua vittima (e questo, generalmente, è il caso), deve pagare il risarcimento. E così era stato a Boston. Qui, il Boston Globe, a partire dal gennaio 2002 pubblicò ogni mese una serie di articoli che denunciavano come, nella diocesi, una novantina di preti fossero implicati in casi di pedofilia: situazione dapprima negata dall’arcivescovo, cardinale Bernard Law che, travolto dallo scandalo, alla fine di quell’anno dovette dimettersi. Su quei fatti nel 2015 è uscito il film dal titolo Il caso Spotlight, di Tom McCarthy (premio Oscar nel 2016), che fece molto rumore, negli Usa e non solo, perché rivelava al grande pubblico una realtà vergognosa.

Nel 2003 l’arcidiocesi pagò circa 85 milioni di dollari come risarcimento alle vittime di abusi, e rischiò la bancarotta. Ma che ne fu del cardinale? Egli – classe 1931 – si trasferì a Roma, dove Giovanni Paolo II lo nominò arciprete di Santa Maria Maggiore: una carica onorifica, e tuttavia offensiva per le vittime dei preti pedofili di Boston che, di fatto, erano stati coperti dal porporato. Per fortuna papa Wojtyla scelse come suo successore monsignor Seán Patrick O’Malley, rivelatosi poi severissimo nella battaglia per estirpare la pedofilia del clero.

Ma se la diocesi è piccola, e non ha la possibilità di risarcire le vittime dei preti pedofili? Quella di Portland, in Oregon, nel 2004 dichiarò fallimento, di fronte a un esborso, per lei impossibile, di 155 milioni di dollari; e nel febbraio scorso, il vescovo di Winona-Rochester, nel Minnesota, ha dichiarato il fallimento della diocesi, non in grado di pagare 21,5 milioni di dollari per risarcire centoquarantacinque vittime della pedofilia del clero.

FRANCIA: DEBITI. AUSTRALIA: RISVEGLIO? VATICANO: BUONE NOTIZIE, MA…

Se negli Stati Uniti ogni diocesi deve affrontare da sé la situazione, assai diverso è il caso della Francia, dove, di norma, nessuna di esse può affrontare risarcimenti milionari a vittime della pedofilia del clero. Una Commissione indipendente sugli abusi sessuali nella Chiesa (Ciase), voluta dal presidente della Conferenza episcopale, monsignor Eric de Moulins-Beaufort, vescovo di Reims, il 5 ottobre ha reso noto i suoi risultati: dal 1950 al 2020 circa tremila preti hanno violentato 216mila minori; si è dunque di fronte non a poche “mele marce”, ma a un tremendo “fenomeno sistemico”.

Riconoscendo la “vergogna” dell’accaduto, il prelato ha detto che i vescovi venderanno beni e palazzi di proprietà, e si indebiteranno con le banche, per risarcire le vittime. Ma sarà un’impresa davvero ardua: se, infatti, si pagassero a ciascuna vittima anche solo 50mila euro, il totale sarebbe di 10,8 miliardi.

GLI EPISCOPATI DEI RICCHI PAESI DEL NORD E QUELLI DEL SUD DOVRANNO AFFRONTARE GRANDI DIFFICOLTÀ ECONOMICHE PER RISOLVERE GLI ESBORSI NECESSARI PER RISARCIRE LE VITTIME DELLA PEDOFILIA DEL CLERO. E LA CHIESA DIVERRÀ POVERA DAVVERO.

Dall’Europa all’Australia. Nel continente, secondo un’inchiesta della Royal Commission, 1.880 presbìteri cattolici, il 7% del totale, sono stati accusati di abusi su minori nell’arco di sessant’anni (tra il 1950 e il 2010), senza che la Chiesa abbia cercato di affrontare il vergognoso fenomeno: solo da pochi anni si è impegnata con decisione per stroncarlo. E i risarcimenti? Per un prete, Gerald Ridsdale, abusatore per anni di molti ragazzini, il risarcimento da pagare, nel 2019, è stato equivalente a 620mila euro. Torniamo in Europa: molti episcopati, dalla Germania alla Polonia, dalla Spagna al Portogallo, dovranno affrontare risarcimenti costosi alle vittime della pedofilia del clero. E in America Latina, in Africa, in Asia? Certamente il fenomeno dei presbìteri predatori esiste anche là: ma, per ora, è difficile quantificarlo. A livello mondiale le stime sono molto variegate: da Paese a Paese l’incidenza del fenomeno sembra variare dall’1 al 5% del clero. Percentuali che dimostrano come il clero cattolico sia sano, in gran maggioranza; tuttavia i “devianti”, pur minoranza, sono sempre troppi («fossero anche uno solo!», ha detto papa Francesco), perché compiono azioni devastanti, che possono rovinare per sempre le vittime, pur diventate adulte e sfuggite ormai dalle unghie dei loro predatori. Essi sono anche frutto di un sistema chiuso e patriarcale.

Quando le cifre (e le vicende) dei preti pedofili delle Chiese del Sud inizieranno a dilagare, e interverranno i tribunali civili, chi risarcirà le vittime, essendo quelle diocesi – in genere – molto povere? Il problema preoccupa non poco la Santa Sede, perché infine toccherebbe ad essa rispondere per le diocesi “colpevoli”: cifre elevate, presumibilmente, se assommate, seppur non fossero così alte come quelle affrontate dalle “consorelle” occidentali, per- ché le diocesi (o circoscrizioni equiparate), potenzialmente interessate, sono un migliaio.

Per questo motivo in Vaticano hanno accolto con soddisfazione la sentenza con cui, il 12 ottobre scorso, la Corte europea dei diritti dell’uomo (Cedu) di Strasburgo ha rigettato ventiquattro querelanti – belgi, francesi e olandesi – che, in una specie di class action, avevano citato in giudizio il Vaticano dinanzi ai tribunali belgi, chiedendo che quello Stato pagasse per atti di pedofilia commessi da preti cattolici. Secondo gli accusatori, infatti, il Vaticano è colpevole «per il danno causato dal modo strutturalmente carente in cui la Chiesa cattolica ha affrontato il problema degli abusi sessuali al suo interno». Ma la Corte ha stabilito: «La Santa Sede non può essere chiamata in giudizio per i casi di abusi sessuali commessi dai sacerdoti di vari Paesi»; lo Stato del Vaticano, in virtù dei «princìpi di diritto internazionale», gode della “immunità” rispetto alle querele.

Tuttavia… se poverissime diocesi del Sud del mondo, pressate dai tribunali locali che esigono la riparazione dei danni, chiedessero al papa di pagare risarcimenti – dovuti a “delitti” di preti pedofili che esse non possono minimamente affrontare – potrebbe, moralmente ed ecclesialmente, esimersi? Ecco perché la piaga immonda, pur spesso denunciata da Francesco, potrebbe essere l’evento imprevisto che non teoricamente, ma realmente, rende povera la Chiesa romana. E questo vale anche per la Chiesa italiana. Infatti, nel corso della sua Assemblea generale straordinaria (22-25 novembre), monsignor Lorenzo Ghizzoni, arcivescovo di Ravenna e presidente del Servizio nazionale per la Tutela dei Minori, ha fatto – recita un comunicato – «un aggiornamento circa le iniziative e le strutture finora messe in campo per contrastare la piaga degli abusi sui minori e le persone vulnerabili, dentro e fuori dalla Chiesa, dopo l’emanazione delle Linee Guida del giugno 2019». Bene, iniziative tutte lodevoli. E tuttavia, ancora una volta, la Cei evita di “quantificare” il risarcimento delle vittime; e, soprattutto, rifiuta ostinatamente di istituire una Commissione indipendente, tipo quella francese, pur varata perfino dai vescovi portoghesi, e pur suggerita da tante persone in Italia, positivamente impressionate dal coraggio dei vescovi d’Oltralpe. Pessimo segnale in vista del “coraggio” che sarebbe necessario per preparare il Sinodo generale del 2023 e quello italiano del 2025.

Ph. © FMateus Campos Felipe via Unsplash

[Articolo pubblicato sul numero di dicembre 2021].

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