di Maria G. Vitali-Volant. Italianista, presidente associazione Italie-Dunkerque Grand Littoral - Circolo Acli Dunkerque
Il litorale della Manica e della Fiandra francese accoglie oggi il flusso dei migranti che si spostano verso il Nord Europa per raggiungere l’Inghilterra. A Dunkerque opera Salam, un’associazione francese che si occupa dell’accoglienza e del soggiorno in Francia dei migranti su questo territorio, dove termina il continente europeo.
La lunga zona costiera che va dalla Manica alle coste belghe è diventata dal 2002 un punto di stabilizzazione e di transito per centinaia di migranti curdi, africani, afgani, iraniani, indiani che hanno lasciato i loro Paesi per ragioni politiche, climatiche, economiche . Quasi tutti uomini giovani, ma anche famiglie, bambini e minori non accompagnati, uomini adulti di tutte le professioni e etnie, donne giovani e madri di famiglia con i figli o donne in stato interessante. Agglutinati sulle lunghe lingue di sabbia e di vegetazione costiera che s’inoltrano in fondali di pochi metri ma soggetti a correnti forti e spostamenti di dune di difficile navigazione, centinaia di persone tentano la traversata o chiedono asilo in Francia. Queste furono Le coste dei pirati all’epoca di Jean Bart (Il Morgan francese del re Sole) e oggi si popolano di migranti che vivono in terreni disabitati, abbandonati, pieni di detriti anche industriali, spazzatura, fra arbusti e erbe alte, pochi alberi e non spontanei.
Passaggio a Calais
Qui si costruiscono agglomerazioni di transito, insediamenti temporanei o più stabili in tende di fortuna, grandi teli di plastica, senza strutture igieniche, a volte grandi cubi di acqua potabile, banchetti di fortuna dove si vende e si traffica di tutto. Strutture effimere che la polizia ciclicamente, a sorpresa, distrugge e cerca di sradicare da queste terre di margine. Situati dietro le aree di stoccaggio delle zone commerciali, dei supermercati come Auchan, ci sono questi “campi” occupati dai migranti che si spostano da un punto all’altro della costa secondo la presenza della polizia e delle sue incursioni come gli uccelli migratori del V canto dell’Inferno di Dante. Il paesaggio conta carcasse di auto bruciate, è povero di punti d’acqua (a parte le pozzanghere e il fango quando piove o nevica d’inverno) Queste terre incolte “accolgono” centinaia di persone con pochi bagagli, vestiti di scarti in buono stato, dono di associazioni o di persone generose.
Queste sono le “giungle” (così le hanno chiamate ironicamente gli stessi migranti – afgani soprattutto – perché loro si sentono come animali nella foresta) e da qui le autorità e i media francesi hanno adottato la definizione. Le giungle si estendono da Calais fino alle coste del Belgio passando per le zone costiere di Dunkerque, Loon Plage, Grande Synthe, Gravelines, Boulogne sur Mer etc. Intorno ci sono le autostrade, le arterie delle strade statali dove sfrecciano i camion di passaggio per il tunnel della Manica e del traffico verso l’Europa del Nord.
Lo scorso 28 giugno un giovane migrante iracheno è stato travolto mentre tentava di attraversare la D601, ed è in fin di vita all’ospedale di Lille. Già due morti si contano per questi incidenti. Fra i migranti molti malati anche a causa della mancanza di igiene e di strutture sanitarie di intervento quotidiano. A Calais la storia comincia negli anni ’90 dopo la guerra del Kosovo e il conseguente arrivo di kosovari. Continua nel 2002 con altre etnie e poi nel 2009 quando la giungla detta degli afgani è rasa al suolo e nel 2016 quando la Grande giungla di Calais fu completamente distrutta dalle autorità. Oggi nella zona di Calais i migranti sono 500 secondo la prefettura. In realtà il coordinatore della struttura di accoglienza dei migranti ne conta quasi 1500, ma la paura della traversata e quella di essere “spediti” in Ruanda dal governo inglese ha fatto partire molti a Parigi o a Bruxelles in attesa che la tempesta ruandese passi. Tutte queste persone sono sparse nel territorio. Nei dintorni di Calais due migranti dormono in grossi tubi di scarico abbandonati da un’impresa di costruzioni, e Muhi (25 anni) ingegnere, dice di trovare il tubo meglio della Libia da dove viene. Parla inglese – come tanti – e spiega che ha vissuto la traversata dall’Italia su una fragile imbarcazione con un amico malato e senza bere ma si era preparato fisicamente a queste prove; ora spera poter vivere bene in Inghilterra e che questa sarà solo una parentesi. Khan viene dall’Afghanistan (32 anni), parla un inglese perfetto, è un letterato e il suo discorso è politico : «Perché noi, orientali non abbiamo la stessa accoglienza degli ucraini ? Perché siamo musulmani? Non abbiamo gli occhi azzurri ? Ma l’Islam è una religione di pace». Altri vivono sotto i ponti o in uno squat nel centro città. Hanno problemi di approvvigionamento dell’acqua e certi giorni fa molto caldo. A proposito della traversata in imbarcazioni, molti non hanno i soldi per pagare i passeur.
Hanno provato con i kayak, perché sono solo 32 chilometri (d’estate e col bel tempo ma i fondali sono traditori e i livelli di profondità cambiano con le correnti) d’inverno con le tempeste non se ne parla ma recentemente col cambiamento climatico ci sono tempeste terribili e improvvise anche d’estate. Alcuni sono morti – 27 persone nel 2021 – e allora tutti i media anche fuori della Francia ne hanno parlato. Il Litorale e il suo popolo d’invisibili è diventato famoso. Prima questi luoghi di transito erano taciuti e si parlava solo del Mediterraneo. La popolazione del litorale sostiene i migranti anche se, a volte, ci sono momenti d’insofferenza e di rigetto, certo mai come a livello politico da parte dell’estrema Destra di Marine Le Pen o di Éric Zemmour. Le cifre dei migranti in Francia vengono gonfiate, esagerazioni circolano sul loro modo di sopravvivere, la paura dello straniero viene alimentata ad arte con cifre fumose di un’economia in crisi “a causa” dei migranti. In realtà le cifre ufficiali parlano di 0,15 della popolazione francese. I dati sono incerti anche nei media francesi a causa delle difficoltà di censimento.
Oggi da Calais è sempre più difficile passare in Inghilterra a causa degli strumenti di sorveglianza sui camion e le strade: circuiti chiusi, apparecchi termici, scanner. Nonostante questo gruppi di migranti continuano a usare i camion mettendosi in pericolo e sotto l’occhio impotente della polizia.
Inghilterra: Eldorado?
Le informazioni passano di bocca in bocca fra i migranti ed è difficile spiegare, cercare di dissuadere, perché fra quelli che si chiamano i dublinati (secondo il trattato di Dublino i migranti devono lasciare le loro impronte digitali solo nel Paese nel quale sbarcano e chiedervi asilo ma anche altrove e queste procedure sono aleatorie) vige la diffidenza e l’impossibilità di scegliere un Paese. L’accoglienza in Francia è perigliosa e altrove non è da meno. Parlando con un giovane del Togo che viene da Ventimiglia, ci dice che il confine Italia-Francia sembra il “regno della fata cattiva”. Respingimenti, accoglienza inesistente e se vai verso le montagne con le scarpe da tennis ai piedi in pieno inverno ti ritrovi con gli arti congelati. Certo se hai i soldi trovi un passeur che conosce i sentieri ma altrimenti ti avventuri e solo i volontari italiani e francesi del posto possono venirti a salvare, se ci riescono. In Francia e altrove solo l’Inghilterra sembra presentarsi come il Paese del ricongiungimento con le famiglie, quando ci sono, un Paese che ti offre un lavoro (in nero) dove ci sono i compagni che ce l’hanno fatta, insomma nell’immaginario collettivo sembra che sia il solo Paese dove sarà umano vivere. Un giovane iracheno dice che avrebbe voluto restare in Italia (Sicilia, Calabria, Puglia) ma le condizioni di lavoro sono impossibili e poi il lavoro non c’è a sufficienza, dunque è qui in attesa d’imbarco.
Il punto di vista delle autorità
La rappresentante della prefettura marittima francese è intervenuta recentemente sul quotidiano La Voix du Nord del 28 giugno scorso e ha focalizzato tutti i problemi sulle imbarcazioni inadatte e anche sulla dispersione dei migranti su un territorio troppo esteso per essere controllato. Ha ricordato la tragedia del 24 novembre 2021 che ha fatto 27 morti al largo di Calais e che ha messo in discussione il coordinamento franco-britannico che reputa essere molto efficace…
Da gennaio a maggio 2022, 11.000 persone hanno tentato di attraversare lo stretto, di questi 8.000 sono arrivati in Gran Bretagna e più di 2.000 sono stati intercettati e riportati indietro, si conta ancora un morto.
È del 2 luglio la notizia che Médecins du monde ha fatto un’azione di sensibilizzazione a Dunkerque perché i migranti nei campi non hanno più punti di accesso all’acqua sia potabile che per lavarsi, le autorità (Comunità urbana dipartimentale, prefettura, consigli comunali etc.) ne erano al corrente ma nessuno è intervenuto concretamente. Secondo Médecins du monde, che pone ogni settimana un’unità mobile di cure sanitarie nei campi in ottemperanza al diritto alla salute, siamo lontani da un’accoglienza degna di questo nome e anche dalle norme dei diritti umani.
Fra le tante associazioni che si occupano dei migranti qui nel Nord della Francia spicca Salam, la più strutturata. Ecco l’appello per i volontari che ci ha fornito Claire Millot la Segretaria Generale dell’associazione. Cogliamo l’occasione per ringraziarla, come altre persone dell’associazione che hanno voluto restare anonime.
Questo è il testo del 2019 e destinato alle Chiese della regione per reclutare aderenti.
«Sono là, dormono sotto una tenda che è bucata. Per mangiare devono fare la coda e tendere la mano per ricevere una barchetta in plastica che brucia. Sono scappati dalle guerre, la guerra civile, la dittatura o semplicemente la miseria e i cambiamenti climatici disastrosi e che nessun governo ha previsto. Non si sa se abbiano ragione ma una cosa è certa : non si abbandona con gioia il posto dove si è nati e dove si lascia una famiglia, gli amici, un Paese dove si parla la propria lingua se non per una necessità assoluta. Pensiamo che non si possa restare indifferenti quando si vede un bambino dormire in una “cosa” che assomiglia a una tenda e fuori fa 5 gradi sottozero. Non si lamentano, laddove noi moriremmo il giorno dopo. Salam vuol dire pace ma è anche un acronimo: Sosteniamo, Assistiamo, Lottiamo, Agiamo per i Migranti. Si tratta di un’associazione totalmente laica, né confessionale (malgrado il nome arabo e la nostra presenza in questa chiesa) totalmente apolitica. Siamo semplicemente un’associazione umanitaria che lavora con i volontari che vengono da ogni dove e professione. Oggi Salam ha bisogno di volontari. Fra di noi ci sono persone che sono sulla breccia da 10 anni e più, sono un po’ “arrivati”. E poiché non vediamo la fine di questa storia che sembra non arrestarsi, cerchiamo aiuto per continuare. Il profilo dei volontari è essere disponibili e se siete tentati da questa esperienza di servizio e cura alle persone migranti venite magari due o tre volte per fare l’esperienza poi, se restate, vi spiegheremo sul terreno cosa fare».
La storia di Salam
Il 5 novembre 2002 chiusura del centro della Croce Rossa nella regione di Calais che accoglieva a Sangatte i migranti presenti sul territorio nella speranza di un passaggio in Inghilterra (Ministro degli Interni francese Nicolas Sarkozy). La maggior parte dei migranti si ritrova in strada all’alba e in pieno inverno. Dei volontari abituati da anni a venire in aiuto individualmente agli esiliati decidono di riunirsi per organizzare le distribuzioni di cibo e di vestiti e fondano l’associazione Salam.
Da allora il flusso dei migranti non si è arrestato, anzi ora si è esteso per questo Salam esiste anche a Dunkerque. Oggi Salam conta circa 200 aderenti, vive di doni, quote, sovvenzioni (in diminuzione) ed è un’associazione registrata ufficialmente nel 2003.
Per quanto riguarda le attività, dice Claire : «Regolarmente abbiamo un pubblico che non beneficia di toilette, docce, o di un semplice punto d’acqua. Malgrado questo i migranti conservano intatta la dignità. Ci ha sempre stupito e continuiamo a batterci per avere docce sui camion, toilette e punti d’acqua. Non sempre riusciamo ad ottenerli».
Un pranzo caldo completo anche di frutta o yogurt viene distribuito ogni giorno (più di 1000 nei momenti di punta) dal 2002 al 2015 a Calais quando lo Stato francese prende in gestione il centro Jules Ferry e Salam aiuta l’associazione La vie active che ne ha l’appalto. Nel 2016 questo centro viene chiuso. Salam interviene e estende la sua attività in altre agglomerazioni di campo in campo fino ad oggi. A Dunkerque i pranzi sono distribuiti a Grande Synthe dal lunedì al sabato a mezzogiorno, salvo il mercoledì e i venerdì. Salam distribuisce il mercoledì giacche a vento, maglioni, biancheria e di preferenza scarpe e sacchi a pelo sia a Calais che a Dunkerque. A Grande Synthe e a Calais l’associazione si occupa di controllare lo stato dei doni per garantirne l’igiene e la pulizia. Salam si occupa anche degli aiuti d’urgenza in campo medico (piccoli incidenti) perché altre associazioni più professionali se ne occupano (Croce Rossa, etc.) per i casi più complicati. Salam informa le persone che esiste il Pass (Permanenza di accesso alle cure mediche) che tutela il diritto alla salute per tutti. Se c’è bisogno si accompagnano i migranti in ospedale.
Gli stanziamenti, problematicità
Sui campi è proibito sostare e quindi attualmente la polizia fa spostare o preleva le tende per impedire la stabilizzazione degli insediamenti.
Questo avviene ogni due giorni a Calais con una regolarità sorprendente. A Grande Synthe con minore regolarità.
I poliziotti Intervengono e ritornano portandosi via tutto, anche le coperte e gli zaini dei migranti con i loro documenti, etc. Questi “beni” saranno gettati nella spazzatura con vestiti, sacchi a pelo. Soprattutto i poliziotti evacuano le tende e i teli di plastica per scoraggiare gli insediamenti. Dal 2021 però, dopo lo sciopero della fame di 3 associativi fra cui un sacerdote settantenne, teli e tende sono diventati beni personali e la polizia li lascia sul posto (ma non sempre). Ora i migranti ne sono informati e si organizzano. Intanto l’associazione ridistribuisce tende, teli e sacchi a pelo, coperte. Con dispendio di risorse economiche.
Un tira e molla fra Salam, i migranti, le altre associazioni (Soccorso cattolico, Shanti, Betlem, Secours populaire, alcune associazioni inglesi e irlandesi come Human Right Observers…) e la polizia che qualche volta si mostra aggressiva anche nei confronti delle associazioni. Le evacuazioni avvengono anche in bus e la polizia imbarca le persone con grande spiegamento di forze (fino a 40 bus della Celere). I migranti vengono spostati in strutture dove non possono pensare a raggiungere il Regno Unito, dove non c’è spazio per tutti e dove i “dublinati” vengono rispediti al loro punto di arrivo in Europa – siamo nella fluidità dei dati e delle informazioni come se i corpi, le identità, fossero incerti anche per le associazioni – e qui si ricomincia con le procedure, gli spostamenti, le separazioni nelle famiglie.
Salam si occupa anche di accompagnare i richiedenti asilo nell’espletazione delle pratiche amministrative. Infatti alcuni decidono di chiedere asilo in Francia; una lunga procedura e un percorso pieno di ostacoli amministrativi e giuridici per persone che hanno difficoltà con la lingua francese e non potrebbero far avanzare le pratiche da sole. Un’altra attività è la comunicazione, infatti Salam si occupa , via i social e le newsletter, di informare i media della situazione sul litorale. Lo fa anche partecipando a manifestazioni pubbliche, ai dibattiti e confronti con le istituzioni allo scopo di sensibilizzare l’opinione pubblica francese e il grande pubblico.
L’associazione combatte ogni forma di razzismo o di discriminazione: «La nostra azione si vuole umanitaria e nello stesso tempo rappresenta un atto militante . Noi siamo presenti e manifestiamo a favore della regolarizzazione delle persone senza documenti, contro le espulsioni etc. » ci dice una signora aderente all’associazione.
Proposte
Salam dialoga con le istituzioni e le collettività territoriali. L’associazione chiede che esistano strutture stabili e efficaci di accoglienza, che la fluidità dei dati e delle persone corrisponda solo alla volontà dei migranti – anonimato, discrezione, rispetto) ma che sui campi esistano dei volontari preposti alla cura e non la polizia. Inoltre l’associazione insiste sugli Accordi di Dublino da rivedere, che ognuno possa scegliere il Paese dove stabilirsi, che sia eliminata Frontex [L’Agenzia europea della guardia di frontiera e costiera a cui è affidato il controllo e gestione delle frontiere esterne dello Spazio Schengen e dell’Unione europea], che i centri di accoglienza e di orientazione non siano dei ghetti, che i migranti siano considerati persone con cui si possa stabilire una negoziazione, un dialogo di fiducia. Per i minori non accompagnati il problema è complicato e delicato. Salam pensa al diritto allo studio, alle trappole amministrative che non proteggono i minori anzi li lasciano alla mercé di speculatori, sfruttatori. Per i richiedenti asilo Salam propone una carta di soggiorno che permetta ai migranti di lavorare in attesa dei documenti definitivi. Tante proposte, alcune accettate ma poi rimesse in discussione dal 2017 ad oggi. Il problema non è solo della Francia ma dell’Europa. Per ora le dune di Fiandra sono super abitate e i destini di molti s’incrociano ai problemi di chi non vuol vedere o affrontare quello che potrebbe succedere a tutti noi, come ci ha dimostrato il caso ucraino.
Maria G. Vitali-Volant
Italianista, presidente associazione Italie-Dunkerque Grand Littoral - Circolo Acli Dunkerque