di Michele Lipori. Redazione Confronti
- Il 16 febbraio 2011, in seguito all’arresto di un avvocato e attivista per i diritti umani, si verificano i primi scontri a Bengasi in opposizione al governo di Mu’ammar Gheddafi (in carica dal 1° settembre 1969). Le proteste si propagano in altre città e il giorno seguente, in quella che verrà ricordata come La giornata della collera, milizie giunte da Tripoli a Beida, nell’Est della Libia, attaccano i manifestanti, causando morti e feriti;
- Il 21 febbraio la rivolta raggiunge la capitale Tripoli. Iniziano le defezioni dei politici libici, alcuni dei quali accusano apertamente Gheddafi di essersi macchiato di crimini contro l’umanità;
Con la Risoluzione 1973 del Consiglio di Sicurezza, viene approvato di fatto il 17 marzo 2011 l’intervento militare in Libia, confluito nell’Operazione Unified Protector, a guida Nato;
Il 20 ottobre 2011 Gheddafi venne catturato e ucciso vicino Sirte dai “ribelli” del Consiglio nazionale di transizione (Cnt). Il suo cadavere fu poi sepolto nel deserto nei pressi di Misurata;
- Nel 2014 scoppia il conflitto armato tra due coalizioni e due governi rivali: da una parte c’è il governo internazionalmente riconosciuto, con base a Tobruch, sostenuto dalla Camera dei rappresentanti e dalla cosiddetta Operazione dignità del generale Haftar (che gode del supporto di Egitto ed Emirati Arabi Uniti); dall’altra il governo con base Tripoli, sostenuto dal Nuovo Congresso Nazionale Generale e dalla coalizione di Alba Libica (sostenuta da Qatar e Turchia). Nello stesso anno scendono in guerra anche i militanti affiliati al sedicente Stato islamico (Isis), prendendo il controllo prima della città di Derna e poi di Sirte. Le potenze occidentali sono sempre più coinvolte nel conflitto il cui intervento si concretizza nel 2016, con lo schieramento di forze speciali e bombardamenti Usa contro l’Isis a Sirte;
- Nel 2020 la Turchia invia rinforzi in favore del Governo di accordo nazionale Gna di cui dal 2016 Fayez al-Sarraj è il presidente. Il 23 ottobre 2020, la Commissione militare libica in rappresentanza del Libyan National Army di Haftar e il Gna raggiunge un «accordo di “cessate il fuoco” permanente in tutte le aree della Libia»;
- I colloqui del comitato consultivo del Libya Political Dialogue Forum (Lpdf) a Ginevra dal 13 al 16 gennaio 2021 hanno prodotto una proposta per una procedura per individuare un’autorità esecutiva unificata;
- Abdul Hamid Dbeibeh viene nominato Primo ministro il 15 febbraio 2021 dal Lpdf fino alle prime elezioni presidenziali del Paese, previste per dicembre 2021, ma poi posticipate a giugno 2022 e successivamente ulteriormente rinviate alla fine del 2022;
Il 1 luglio 2022 i cittadini hanno iniziato a protestare, chiedendo la caduta di tutti gli organi e istituzioni governative, e la partenza dei mercenari. Gli attivisti politici hanno dichiarato che le proteste continueranno finché «tutte le élite al potere non si dimetteranno». I manifestanti hanno dato fuoco al parlamento libico a Tobruk. I motivi che hanno acceso le proteste sono: la crisi dell’elettricità, la divisione politica, la mancanza di servizi, l’aumento della corruzione.
Ph. Mass demonstration against the regime of Gaddafi in Bayda, Libya © ليبي صح via Wikimedia Commons
Michele Lipori
Redazione Confronti