di Maria G. Vitali-Volant. Italianista, presidente associazione Italie-Dunkerque Grand Littoral - Circolo Acli Dunkerque
Nel suo libro La scelta di Enea il teologo Don Luigi Maria Epicoco dice che «Ogni uomo è immerso in un immaginario che lo guida». Vincenzo Santoro, intellettuale pubblico e autore di studi antropologici e culturali, è entrato in questo immaginario collettivo meridionale di ispirazione mediterranea che lo ha portato a riprendere gli studi dell’etnologo napoletano Ernesto De Martino. Egli fu l’autore 60 anni fa della monografia celeberrima La terra del rimorso. Il tema principale era un viaggio nel tempo della storia del Sud d’Italia più profondo partendo dalla Campania fino al Salento sulle tracce di un rito catartico generato da un animale mitico: la tarantola. Un ragno che col suo morso provocherebbe una sorta di “isteria”, studiata nel XIX° secolo dal neurologo Jean-Martin Charcot, in persone disadattate, escluse dalla comunità per colpe oscure e che affondano nella serie di regole e norme che tutelano la struttura delle società arcaiche.
Il Sud d’Europa, un mondo lontano dalla modernità ma con la sua autonomia e ricchezza di parametri ancora da studiare alla luce della libertà di esistere e di assumere se stesso. Musica, danza, colori funzionano da antidoto a questa possessione velenosa che conserva anche il suo potente lato estetico come studiava alla fine del XIX° secolo il neurologo francese che introdusse in Francia la psicoanalisi nei suoi studi sulle forme violente dell’isteria.
Ma Santoro non cita il medico anzi dirotta le sue analisi e le sue osservazioni verso il mondo mediterraneo arricchendo di materiali nuovi e della costruzione di una cartografia gli studi di De Martino. Questa mappatura mette in luce la diffusione in area marina mediterranea di questo fenomeno anche religioso: santi protettori e guaritori, vergini mistiche , pratiche religiose collettive, processioni e pozioni, rituali dove i corpi reclamano la loro volontà di manifestarsi dialogando con il sacro si aggirano nei borghi assolati e rurali del Sud, Solo che il tarantismo ha una sua identità, legata all’incontro con un minuscolo insetto subdolo e ctonio. Tutto questo in una collocazione geografica a partire dal Salento ancestrale per dilagare verso la Campania – la tarantella ne è l’esempio – la Sicilia, la Calabria, la Sardegna dove il ragno colpevole prende il nome di Argia, una rara vedova nera nostrana dal morso letale che ancora è presente nell’isola e che infestava le campagne al tempo del raccolto. I rituali di molte delle antiche pratiche magico-rituali traevano origine dalla necessità di guarigione, soprattutto nel caso di patologie di cui non si conoscevano le cause. A metà strada tra l’esorcismo e la magia, esse partivano dalla stretta correlazione individuata tra possessione diabolica e “malattia”.
Per “guarire” i posseduti/malati/ tarantati l’immaginario che guida gli uomini ha inventato un ballo esorcistico che presenta molti tratti in comune con tante culture dell’Italia meridionale – il ballo pugliese dei pizzicati dalla “taranta” è uno tra i più celebri – ma ne troviamo tracce, con altri nomi, anche in Spagna, Africa settentrionale e nel mondo islamico. Sempre sul mare che unisce e diffonde culture, storia, narrazioni, mobilità, pericoli, benefici, scambi e fantasmi.
Vincenzo Santoro intraprende un viaggio nel tempo – a partire dal Medioevo fino a noi passando per un Seicento barocco che sembra coincidere con il tarantismo nella sua essenza di momento creativo di faglia – avvalendosi di rari documenti d’archivio, diari di viaggio, testimonianze, studi, corrispondenze e tutte le scritture secondarie che tracciano un percorso storico, letterario e antropologico nel Sud costiero.
La sua ricerca è culturale perché riesce a farne una mappa, coi luoghi d’origine e di caduta, di trasformazione – pensiamo anche alle danze spagnole di origine saracena e di altre minoranze marginalizzate – per captare il senso profondo e anche politico del tarantismo ben al di là dell’aspetto folkloristico. Rito collettivo con le sue radici che ramificano fuori dal Salento assumendo aspetti e colorature emblematiche. Santoro fa del fenomeno del tarantismo una sorta di traccia memoriale che ripercorre le credenze, le superstizioni e i desideri di intere popolazioni per secoli messe da parte in una visione demagogica e colonialista che considerava il Sud come « Una periferia perduta e anonima dell’impero» e citiamo Franco Cassano nel suo bel libro Il pensiero meridiano e Predrag Matvejević nella sua prefazione. Anche l’obiettivo di Santoro è pensare il Sud in maniera diversa: come un soggetto di un pensiero autonomo che vuole assumere la sua dignità e la sua storia. Questo sfugge ai nostri parametri riproponendo quello che vorremmo dimenticare: un universo denso di magie e senso – come un itinerario nell’inconscio – dove la logica capitalista, i mercati, le astruserie della finanza e la crudeltà delle prevaricazioni e delle disuguaglianze cedono il passo alle manifestazioni di culti libertari a volte orgiastici, nati dalle leggi del matriarcato contrapposte alla fredda determinazione delle liturgie del dio/uomo mercato.
Nel tarantismo mediterraneo entriamo nel mondo religioso della solidarietà verso i diversi, dove si vuole guarire una malattia sconosciuta e terribile provocata da un altro essere, un animale misterioso e fantomatico, con la musica, la danza, la voluttà dei corpi che si lanciano nello spazio fino all’estasi. Il tutto vicino all’acqua, elemento femminile e segno di fluidità, di trasformazione ciclica. Infatti Santoro ci parla di tarantismo soprattutto “al femminile”: nato dalle frustrazioni, dall’emarginazione e acquatico delle fonti, dei pozzi, delle guardiane e dee del mare Mediterraneo intorno al quale le tarantate/i vogliono guarire e pacificarsi. L’autore riprende e rivisita le teorie di De Martino da storico e antropologo contemporaneo, scavando nel profondo strato di storie e di storiografia per far riemergere la potenza di un comportamento culturale che persiste fino ai nostri giorni. Lo fa cercando di eliminare la fruizione turistica, il consumismo; aprendo allo studio di un fenomeno con le sue contraddizioni e i suoi percorsi distorti, facendone un paradigma di difesa patrimoniale, anche sulle tracce di altri studiosi e poeti, come pure Pasolini e il suo rapporto con il Sud d’Italia, con la tragedia greca, con le favole di un Oriente africano cosi’ vicino a noi. Una pizzica indiavolata servirà da legante.
AUTORE: Vincenzo Santoro
TITOLO: Il tarantismo mediterraneo. Una cartografia culturale
CASA EDITRICE/ANNO: Itinerarti Edizioni, 2021
PAGINE/PREZZO: 256 pagine, 16 euro
Maria G. Vitali-Volant
Italianista, presidente associazione Italie-Dunkerque Grand Littoral - Circolo Acli Dunkerque