Ucraina e Moldavia riconosciuti come candidati ad aderire all'Ue
di Michele Lipori. Redazione Confronti.
Il Consiglio europeo, riunito a Bruxelles il 23 giugno scorso, ha ufficialmente riconosciuto a Ucraina e Repubblica di Moldavia lo status di Paese candidato ai fini dell’adesione all’Unione europea. Fattore determinante per l’accelerazione, secondo i canoni dell’Ue, delle pratiche di adesione è stata certamente l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia.
La stessa Prima ministra della Moldavia, Natalia Gavrilita, intervistata lo scorso 25 luglio dalla Cnn aveva dichiarato di essere “molto preoccupata” che il fronte del conflitto si estendesse al suo Paese, ricordando inoltre che truppe russe si trovassero già «sul territorio della regione secessionista di Transnistria». Ciononostante, quello dell’adesione all’Ue è un processo complesso (che prevede tre fasi principali: candidatura, negoziati di adesione e ratifica del trattato), la cui conclusione può richiedere anni e non vi è alcuna garanzia che la richiesta dei due Paesi venga finalizzata.
IL PROCESSO DI ADESIONE
L’Unione europea è un’alleanza economica e politica che comprende 27 Paesi membri (19 dei quali utilizzano l’euro come valuta ufficiale). Le sue radici risalgono al 1952, quando sei Paesi (Belgio, Francia, Germania Occidentale, Italia, Lussemburgo e Paesi Bassi) fondarono la Comunità europea del carbone e dell’acciaio (Ceca) con lo scopo di stimolare la crescita economica e allentare le tensioni del secondo dopoguerra. Verso la metà degli anni ’60, la Ceca si è fusa con altre due organizzazioni – la Comunità economica europea (Cee) e la Comunità europea dell’energia atomica (Euratom) – ed è stata ribattezzata Comunità europea (Ce) che è stato il predecessore legale dell’attuale Unione europea, nata ufficialmente nel 1993 con l’entrata in vigore del Trattato sull’Unione europea (conosciuto anche come Trattato di Maastricht).
L’Unione europea conta sette istituzioni, tre delle quali direttamente coinvolte nel processo di adesione: il Consiglio europeo (che concede, solo se c’è unanimità, lo status di candidato), la Commissione europea (che ha il compito di esaminare la candidatura) e il Parlamento europeo. Ogni Paese europeo può presentare domanda di adesione a patto di dimostrare di avere: «istituzioni stabili che garantiscano la democrazia, lo Stato di diritto, i diritti umani nonché il rispetto e la tutela delle minoranze […], un’economia di mercato funzionante e la capacità di far fronte alla concorrenza e alle forze di mercato […] capacità amministrativa e istituzionale» nonché la capacità di «attuare efficacemente l’acquis dell’Ue (insieme di diritti comuni) e […] di assumere gli obblighi risultanti dall’adesione all’Ue».
In media, ciascuno dei 21 Stati membri dell’Ue (senza considerare i 6 Stati fondatori) ha impiegato circa nove anni per concludere il processo di adesione, ma per nove Paesi, il processo ha richiesto anche più di dieci anni: è il caso di Cipro e Malta (quasi 14 anni). Anche solo raggiungere lo status di “candidato” può richiedere diversi anni: per gli attuali membri dell’Ue, sono trascorsi in media circa 3,5 anni dal momento in cui un Paese ha presentato una domanda formale al momento in cui il Consiglio europeo ha approvato la sua candidatura. Dunque le domande di Ucraina e Moldavia sono state approvate circa 11 volte più velocemente rispetto alla media, considerando che l’Ucraina ha presentato domanda lo scorso 28 febbraio e la Moldavia il 3 marzo ed entrambi i Paesi hanno ottenuto lo status di “candidato” il 23 giugno.
Poi c’è la fase dei negoziati: per gli Stati che attualmente fanno parte dell’Ue, il tempo che passa tra l’avvio dei negoziati e la firma di un trattato di adesione è in media di circa quattro anni, pari a circa la metà della durata media del processo di adesione.
Al momento, oltre a Ucraina e Moldavia, ci sono altri cinque Paesi inseriti nel percorso di adesione all’Ue: Albania, Macedonia del Nord, Montenegro, Serbia e Turchia. La Turchia ha avviato i negoziati nell’ottobre 2005, ma i colloqui sono stati di fatto congelati a partire da giugno 2018, quando il Consiglio europeo ha espresso preoccupazione per la constatazione della «regressione sullo stato di diritto e sui diritti fondamentali, inclusa
la libertà di espressione» nel Paese. Il Montenegro e la Serbia hanno avviato i negoziati rispettivamente nel 2012 e nel 2014. L’Ue ha inoltre aperto i colloqui con Albania e Macedonia del Nord a metà luglio, dopo che la Bulgaria ha revocato il suo veto che aveva di fatto bloccato i negoziati.
LA DIFESA ARMATA
Sebbene l’Ue sia principalmente un’alleanza economica e politica, ha comunque implementato iniziative per rafforzare le proprie capacità di difesa. Ad esempio, recentemente la Commissione europea ha proposto di creare una task force per gli appalti congiunti della difesa per coordinare le spese militari degli Stati membri in risposta all’invasione russa dell’Ucraina.
Inoltre, dal 2009 i Paesi dell’Ue sono vincolati da una clausola di mutua difesa al fine di sostenere “con tutti i mezzi in loro potere” gli altri Stati membri che sono sotto minaccia armata. L’assistenza non si limita al supporto militare diretto, consentendo così l’intervento anche di quei Paesi con politiche di neutralità. Ad oggi tale clausola è stata invocata solo in seguito agli attacchi terroristici del 13 novembre 2015 a Parigi.
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Michele Lipori
Redazione Confronti