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Legge 194. L’aborto in Italia è un diritto ancora da preservare

by Filomena Gallo

di Filomena Gallo. Avvocata e Segretario nazionale dell’Associazione Luca Coscioni per la libertà di ricerca scientifica.

Intervista a cura di Nadia Addezio. Redazione Confronti.

In diversi Paesi si sta assistendo alla messa in discussione dei diritti all’autodeterminazione, alla salute sessuale e riproduttiva della donna. In Polonia da gennaio 2021 è in vigore una norma che ha limitato quasi totalmente il diritto ad abortire, ammettendone la possibilità solo in caso di stupro e incesto. Negli Usa abbiamo seguito con preoccupazione nel giugno scorso la notizia del ribaltamento della sentenza Roe vs. Wade, svolta storica con cui la Corte suprema statunitense aveva riconosciuto a livello federale nel 1973 il diritto a interrompere volontariamente la gravidanza (Ivg); dal 15 settembre è in vigore in Ungheria una legge che obbliga il personale sanitario a far ascoltare il battito cardiaco del feto alle donne intenzionate ad abortire. In Italia tra inchieste giornalistiche e campagne di pressione, come Aborto al sicuro e #LiberaDiAbortire, si denunciano quotidianamente gli ostacoli che le donne incontrano nell’accesso all’interruzione di gravidanza. In occasione dell’inizio del XIX Congresso dell’Associazione Luca Coscioni per la libertà di ricerca scientifica (13-16 ottobre), ne abbiamo parlato con Filomena Gallo, avvocata e Segretario nazionale dell’Associazione Luca Coscioni, da sempre in prima linea – tra gli altri – sui temi aborto e contraccezione. 

Perché (nel mondo) il diritto all’aborto torna periodicamente nel dibattito?

Sono ancora tanti (troppi) gli ostacoli che in molti Paesi in tutto il mondo continuano a impedire alle donne l’esercizio di un diritto fondamentale e quindi l’accesso a un aborto sicuro. Quanto è accaduto recentemente negli Stati Uniti, con la decisione della Corte suprema che ha sovvertito la storica sentenza Roe v. Wade sul diritto all’aborto, ci ha ricordato che un diritto sarà sempre a rischio se lo diamo per scontato e non lo difendiamo con la stessa forza con cui ci battiamo per conquistarne di nuovi. Ben venga quindi che se ne parli sempre di più. La conoscenza è lo strumento fondamentale per capire le criticità di un fenomeno e per individuare le soluzioni.

E in Italia? Il diritto all’aborto è riconosciuto nel concreto come tale? 

Il diritto alla salute della donna con l’accesso all’interruzione volontaria di gravidanza (IVG) è legge dal 1978 ma, come i dati e l’attualità ci suggeriscono, è un diritto messo a repentaglio da sempre. L’aborto è ancora un reato, punito, al di fuori dei casi previsti dalla Legge 194, a norma dell’articolo 19 della stessa legge. La Legge 194 nasce infatti con lo scopo di contenere gli aborti clandestini e tutela solo il diritto alla salute fisica e psichica della donna, senza lasciare spazio all’autodeterminazione. Al contrario, in alcuni punti, la legge diventa persino “paternalistica”, come quando si impone il periodo di riflessione di sette giorni. Inoltre non abbiamo dati aperti e aggiornati sullo stato di applicazione della legge perché il ministero fornisce solo dati chiusi, vecchi e aggregati per media regionale. In mancanza di questi dati, le giornaliste Chiara Lalli e Sonia Montegiove hanno reso noto con l’Associazione l’indagine Mai dati, basata su un accesso civico generalizzato per chiedere a tutte le aziende sanitarie e ospedaliere e alle Regioni i dati sull’applicazione della Legge 194. Come possiamo tutelare una legge se non ne conosciamo la reale applicazione?

Legge 194: quali i punti deboli?

Tra i punti di debolezza della Legge 194 ci sono invece quelle parti che minano lo stesso diritto alla salute, in particolare quegli articoli che fissano al novantesimo giorno di amenorrea il limite per l’aborto volontario. Questo limite è stato fissato arbitrariamente, senza alcun riferimento allo sviluppo embriologico. Sebbene oggi in Italia la stragrande maggioranza degli aborti volontari sia eseguita entro la decima settimana di gravidanza, una piccola percentuale di donne arriva a chiedere l’interruzione volontaria di gravidanza quando questo limite è ormai superato, e non resta loro alcuna alternativa per l’aborto se non quella di recarsi all’estero. Vi è poi il grande problema dell’obiezione di coscienza, ammessa non solo per coloro che partecipano attivamente alla procedura, ma anche per altre figure professionali, compreso il “personale esercente le attività ausiliarie” che, in un’interpretazione restrittiva dell’articolo 9 della Legge 194, può estendersi addirittura al personale amministrativo! Bisogna evidenziare che nel nostro Paese è stata una sentenza della Corte costituzionale, la numero 27 del 1975, ad aprire la strada alla depenalizzazione dell’aborto volontario. Il punto di forza è il fatto che a questa sentenza è seguita una legge che ha intanto fissato un punto da cui non si può tornare indietro, ma certamente si potrebbe andare avanti nel rispetto del giudicato costituzionale. 

Se questo non fosse accaduto, e cioè se alla sentenza non fosse seguita una legge, si sarebbe potuto verificare anche in Italia quello che è successo negli Stati Uniti dove la decisione della Corte suprema ha ribaltato la storica sentenza Roe v. Wade sul diritto all’aborto come aspetto del più generale diritto all’autodeterminazione (cioè alla privacy) in quel caso non era seguita una norma che avesse portata generale. Con le restrizioni e con la criminalizzazione non si elimina l’aborto, si elimina solo la possibilità di abortire in sicurezza, senza pericoli per la salute e senza discriminazioni.

Quali sono gli ostacoli alla sua corretta applicazione?

Tra gli ostacoli alla corretta applicazione della legge c’è per esempio la cosiddetta obiezione di struttura, non prevista dalla legge. Una struttura che non esegue Ivg deve infatti impegnarsi, nei confronti della donna che lo chiede, a garantire comunque il servizio, contattando strutture alternative o attraverso i cosiddetti medici gettonisti o di altre strutture. Ci sono ostacoli anche nel garantire a tutte le donne la possibilità di scegliere l’aborto medico, che attualmente non è garantito in molte regioni italiane. Ancora una volta, non abbiamo dati dettagliati e in tempo reale di cosa succede nelle strutture.

Uno degli aspetti che distingue la Coscioni riguardo questa Legge è che propone da tempo la modifica della stessa, andando se vogliamo controcorrente. Perché è necessaria la revisione? 

Il timore di possibili peggioramenti ha sempre frenato tutte le ipotesi di modifica del testo della Legge 194. Una legge che nega il diritto alla salute e che obbliga ad andare all’estero anche una sola donna è una legge ingiusta: dal XIX congresso dell’Associazione Luca Coscioni verrà avviato un gruppo di lavoro che elaborerà non solo proposte di modifica del testo esistente, ma si occuperà anche della formulazione di una proposta di legge alternativa alla 194\1978 che possa finalmente riconoscere e garantire due diritti fondamentali: quello alla salute e quello all’autodeterminazione.

Mi racconteresti cos’è Freedomleaks e come, quando, perché nasce?

Freedomleaks è una piattaforma di whistleblowing lanciata dall’Associazione Luca Coscioni con l’Associazione Soccorso Civile per raccogliere segnalazioni, in modo anonimo e sicuro, su questioni di interesse sanitario, politico e civile, già attivo e utilizzabile in particolare sul tema aborto e quindi sull’applicazione della Legge 194/78. Freedomleaks si rivolge a chiunque abbia qualcosa da segnalare nell’ambito dell’accesso al servizio di interruzione volontaria di gravidanza. Donne che hanno avuto difficoltà nel reperire informazioni, prenotare visite o appuntamenti, che hanno ricevuto informazioni parziali, contraddittorie o scorrette, che sono state trattate male o non hanno ottenuto la prestazione cui avevano diritto. Ma anche studenti di medicina,  specializzandi in Ostetricia e Ginecologia o personale sanitario di consultori e ambulatori Ivg che abbiano qualcosa da segnalare o da raccontare. Grazie a Freedomleaks tutti possono contribuire a rendere più chiara e trasparente l’applicazione della Legge 194, anche davanti all’inerzia o all’ostruzionismo dello Stato.

Quali sono le prossime azioni che la Coscioni si propone di mettere in campo (se si può avere qualche anticipazione pre-Congresso)?

È passato un anno dalla prima richiesta che, come Associazione Luca Coscioni, abbiamo rivolto al ministro uscente della salute Roberto Speranza e cioè quella di aprire i dati sulla Legge 194 per poter conoscere la reale applicazione della legge sull’interruzione volontaria di gravidanza. Rinnoveremo la richiesta al prossimo ministro. Solo con dati aperti e aggiornati è possibile conoscere lo stato di salute effettivo della Legge 194/78. Oltre all’apertura dei dati continueremo a chiedere che tutte le Regioni garantiscano la possibilità di eseguire, quando la donna lo richiede, l’aborto farmacologico in regime ambulatoriale, come previsto dalle norme in vigore (linee di indirizzo ministeriali del 2020); che venga inserito un indicatore specifico nei parametri di valutazione Lea [Livelli essenziali di assistenza] sulla effettiva possibilità di accedere all’aborto volontario in ogni Regione e che la relazione ministeriale venga presentata ogni anno nel rispetto dell’articolo 16 della stessa legge. Anche di questo, degli strumenti e delle azioni che siamo pronti a mettere in atto in caso di diritti e libertà a rischio, inclusa la necessità di un aggiornamento della normativa, discuteremo all’Università di Modena, in occasione del Congresso dell’Associazione Luca Coscioni, dal 13 al 16 ottobre.

Ph. © Andrej Lišakov via Unsplash

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Filomena Gallo

Avvocata e Segretario nazionale dell’Associazione Luca Coscioni per la libertà di ricerca scientifica

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