di Raul Caruso. Economista, Università Cattolica del Sacro Cuore (Milano). Direttore del Center for Peace Science Integration and Cooperation (CESPIC) di Tirana.
Le evoluzioni, soprattutto in conseguenza alla guerra tra Russia e Ucraina, sembrano mettere in discussione l’idea di mondo che speravamo si potesse costituire. Il rischio è che le classi dirigenti operino un vero e proprio ritorno a un passato in cui la guerra è la dinamica costituente.
Le evoluzioni degli ultimi mesi troveranno sostegno nelle classi dirigenti poiché esse appaiono come un ritorno al passato se non addirittura a uno status quo desiderabile, comparabile a quello della Guerra fredda. La guerra tra Russia e Ucraina sta trovando molti sostenitori perché essa testimonierebbe vividamente che il mondo che avevamo immaginato di costruire fosse un’illusione.
Dopo la Guerra fredda molti dubitavano del fatto che potesse esistere un mondo globalizzato senza grandi confronti internazionali. In assenza di un grande conflitto tra Stati e in seguito agli attacchi dell’11 settembre 2001 era stata presentata l’idea dello scontro di civiltà quale principio regolatore delle relazioni internazionali.
La cosiddetta guerra al terrore, peraltro, ha avuto declinazioni fallimentari come il ritorno dei talebani a Kabul e non ha avuto effetti in termini di pacificazione del Medio Oriente. All’interno. degli Stati occidentali, la speciosa diffusione di un’idea falsata del rapporto tra violenza e religione ha rallentato, ostacolato e sovente depotenziato l’integrazione delle comunità straniere riportandoci all’incubo di politiche apertamente discriminatorie. In tale temperie, lo Stato-nazione pur occupando spazi politici e militari sembrava comunque impotente in ambito economico. Cittadini e organizzazioni avevano maturato l’idea che le classi dirigenti effettivamente influenti fossero quelle private e che gli Stati non fossero altro che una cassa di risonanza di decisioni prese altrove.
In seguito alla grande crisi del 2008 gli Stati hanno cominciato a riacquistare il loro ruolo pivot anche nella vita economica fino alla pandemia da Covid-19 e poi all’attuale guerra. Il 2008 aveva già favorito gli Stati nella loro riconquista della scena poiché le popolazioni di fronte alla più grave crisi economica degli ultimi quattro secoli hanno chiesto sostegno e risposte.
In questa fase hanno cominciato a maturare le crisi delle democrazie e le tendenze all’autoritarismo che abbiamo definito alternativamente populismi o sovranismi, ma che in molti altri Paesi hanno preso la forma di autocrazie sovente accompagnate dall’aumento della violenza nella vita pubblica. Tra i Paesi democratici, l’amministrazione Trump negli Stati Uniti ha rappresentato l’esempio più preoccupante di tale tendenza.
A completare il quadro di apparente ritorno al passato è arrivata l’invasione dell’Ucraina da parte dei russi. La guerra in Ucraina, infatti, sembra che possa riportare il mondo a una situazione in cui lo Stato-nazione non solo è protagonista in tutti gli aspetti della vita sociale – da quello politico militare a quello economico – ma è anche parte – con ruoli e pesi variabili – di coalizioni politico-militari ben definite e quindi contrapposte. E infatti, tra gli osservatori è già cominciato il “gioco” di ricostruzione delle alleanze in particolare per i Paesi emergenti come Cina, India, Sud Africa tra gli altri.
Un mondo così costituito ha purtroppo la guerra come dinamica costituente. Le caratteristiche di un siffatto mondo, tuttavia, non esauriscono la complessità di quello esistente sia per quanto attiene alla vita delle società sia per quanto attiene alle relazioni internazionali. In questo senso, un errore grave quindi sarebbe quello di considerare lo scenario corrente andando a ripescare soluzioni tipiche della Guerra fredda.
Auguriamoci che le classi dirigenti non scelgano il ritorno al passato ma si impegnino nella formulazione di nuove soluzioni finalizzate più apertamente alla diffusione della pace.
Ph. Flying Into the Battle Clouds © Chandler Cruttenden via Unsplash

Raul Caruso
Economista, Università Cattolica del Sacro Cuore (Milano). Direttore del Center for Peace Science Integration and Cooperation (CESPIC) di Tirana