di Michele Lipori. Redazione Confronti.
La guerra tra Russia e Ucraina ha disegnato scenari geopolitici poco rassicuranti che hanno determinato l’innalzamento dei prezzi del carburante e i costi di trasporto di tutte le merci, grano e cereali in primis. Se, per gli esperti, l’Italia non dovrebbe risentire dell’esportazione da Russia e Ucraina, sono comunque molti i fattori – tra cui il cambiamento climatico – a rappresentare un problema per il Mondo intero.
Si sente spesso dire che l’Ucraina è “il granaio del mondo”, ma è davvero così? Sebbene Kiev produca ogni anno decine di milioni di tonnellate di grano, esportandone quasi i due terzi, i dati della Fao ci dicono che nella “top ten” mondiale di produttori di grano l’Ucraina è solo al settimo posto. Prima di lei troviamo infatti Cina, India, Russia, Stati Uniti, Francia e Pakistan. Ma dove finisce tutto il grano ucraino prodotto per l’esportazione? In primis nella vicina Moldavia, che importa il 92% del proprio fabbisogno, ma anche in molti altri Paesi che vanno dal Medio Oriente al subcontinente indiano e che quindi – a causa della guerra – sono più esposti al rischio di una vera e propria crisi alimentare.
L’ITALIA
Per quanto riguarda l’Italia, le importazioni da Russia e Ucraina sono tutto sommato marginali. Il “bel Paese”, infatti, importa il grano che non riesce a produrre autonomamente soprattutto dal Canada e – in misura minore – da Stati Uniti, Grecia, Francia e Kazakhstan.
TRA GUERRA E CRISI IDRICA
Sicuramente la guerra tra Russia e Ucraina ha disegnato degli scenari geopolitici poco rassicuranti che hanno determinato l’innalzamento dei prezzi del carburante e dei costi di trasporto – fino ad arrivare alla “crisi dei container” –, scatenando la reazione delle borse alimentari e determinando un ulteriore aumento dei prezzi di materie prime (tra cui grano e derivati) nonché dei futures, gli strumenti finanziari con i quali si stabilisce oggi a quale prezzo comprare domani un determinato bene alimentare. Più c’è incertezza, anche geopolitica, e più gli investitori cercheranno di assicurarsi rifornimenti per il futuro.
Ma anche il cambiamento climatico, dovuto in larga parte allo sfruttamento indiscriminato delle risorse naturali e all’inquinamento prodotto dall’essere umano, determina inevitabilmente un considerevole aumento dei prezzi.
L’Istituto di Servizi per il mercato agricolo alimentare (Ismea) ha dichiarato che, in Italia, la produzione di grano duro nel 2022 potrebbe essere inferiore di circa il 16% rispetto all’anno scorso e questo soprattutto a causa della siccità in fase post-semina e del caldo record registrato negli ultimi mesi. Anche l’Unione europea ha dovuto rivedere le proprie previsioni di produzione, abbassandole di circa il 10% su base annua. A proposito di cambiamenti climatici, Legambiente ha rilevato che da gennaio a luglio 2022 in Italia si sono registrati 132 eventi climatici estremi, il numero più alto della media. annua dell’ultimo decennio. Trombe d’aria, grandine, siccità prolungata: tutti eventi che hanno prodotto danni, anche ingenti, a infrastrutture, al patrimonio artistico-culturale e naturalmente al settore agro-alimentare.
Fenomeni che si stanno intensificando in tutto il mondo a cui si sommano gli effetti della pandemia, dell’aumento dell’inflazione e dei conflitti armati in tutto il mondo e che sono causa importante dell’aumento delle disuguaglianze. Per far fronte a questa situazione, dicono gli esperti, è necessario un ripensamento radicale dell’intero sistema alimentare, dato che – da solo – è responsabile del 30% delle emissioni di CO2, una delle principali cause del cambiamento climatico. Per questo si è sempre più concordi sul fatto che sia necessario “dichiarare guerra” allo spreco alimentare e che sia cruciale preservare le risorse naturali, diminuire l’impiego della plastica, limitare il consumo di carne e pesticidi, tutelare la biodiversità territoriale e soprattutto ripensare ai modelli produttivi per favorire il locale rispetto al globale. Un impegno che coinvolge, senza confini, l’umanità intera.
Ph. Tractor harvest grains of wheat in a farm field © meriç tuna tuna59 via Wikimedia Commons
Michele Lipori
Redazione Confronti