di Roberto Bertoni Bernardi. Giornalista e scrittore
Dal 6 al 10 novembre del 2002 a Firenze si radunò una folla oceanica per il Forum sociale europeo. Forse l’ultima volta in cui una comunità di Sinistra è stata insieme e si è posta il problema di progettare un mondo diverso e migliore.
Avevamo ancora negli occhi e nelle orecchie le immagini e i suoni di Genova. Un anno prima era accaduto di tutto, una sorta di inferno in Terra. Le strade trasformate in mattatoi, l’orrore della Diaz, la barbarie senza fine di Bolzaneto, un movimento devastato, lacerato e diviso al proprio interno: il bilancio, più che drammatico, era letteralmente catastrofico. Eppure, la voglia di gridare ancora che un altro mondo è possibile e dobbiamo costruirlo tutte e tutti insieme fu più forte di ogni paura.
LA NASCITA DEL FORUM
Nacque così il Forum sociale europeo che si radunò a Firenze dal 6 al 10 novembre del 2002. Un raduno oceanico, con una miriade di ragazze e ragazzi provenienti da ogni latitudine, tanti sorrisi e altrettanta allegria, la gioia di vivere che prevalse sul dolore e le proposte che furono più forti di ogni offesa della vigilia. Ricordiamo ancora Oriana Fallaci e le sue affermazioni francamente sconcertanti contro questa iniziativa, ricordiamo la splendida risposta che le diede, a modo suo, l’indimenticabile Dario Fo, mostrando il volto migliore del movimento alterglobalista, e ricordiamo ancora la geniale imitazione di Sabina Guzzanti e la mobilitazione collettiva contro una Destra che già allora faceva paura. Ricordiamo il desiderio di esserci e di lottare, alla vigilia della guerra in Iraq e dopo aver assistito al suicidio della Sinistra mondiale sull’Afghanistan, quando i pochi che si opposero a quello scempio vennero trattati alla stregua di sostenitori di Bin Laden, complice anche il clima avvelenato che si era venuto a creare in seguito agli attentati dell’11 settembre. Ricordiamo ancora la città felicemente invasa e lo spirito cooperativo e solidale che ne percorse le strade.
C’era una voglia di battersi, in quei giorni di vent’anni fa, che oggi sembra essere andata perduta. È anche comprensibile, se si considera il deserto culturale, morale e politico che stiamo attraversando. Fatto sta che è impossibile non provare nostalgia per quel raduno, per quei momenti di autentica felicità collettiva, forse l’ultima volta in cui una comunità di Sinistra è stata insieme e si è posta il problema di progettare un mondo diverso e migliore. Aleggiava, su quella manifestazione, lo spirito del Social Forum di Porto Alegre, la passione dirompente di Seattle e dei tendoni del Carlini, prima dei tonfa, del sangue, degli arresti, dell’oceano di dolore e sofferenza che Genova ha arrecato all’Italia e al mondo intero. C’erano ancora grandi testate d’area, da L’Unità a Liberazione a il manifesto, senza dimenticare Carta e il Diario di Deaglio, e c’era un senso di riscossa che ebbe il sopravvento su ogni preoccupazione.
Firenze, tre anni prima, era stata la città della conferenza internazionale sulla Terza via, uno dei tanti errori della Sinistra, uno dei suoi peggiori cedimenti. Era, dunque, come se quei ragazzi e quelle ragazze volessero riparare allo sbaglio, illustrando una visione alternativa e ponendo al centro un modello di sviluppo equo e solidale, in cui ci si prendesse cura di tutti i temi che oggi sono all’ordine del giorno e che all’epoca furono irrisi. Il clima, l’ambiente, i diritti dei Paesi poveri, la globalizzazione senza regole, lo strapotere della finanza sull’economia reale, la spoliticizzazione della società, la perdita di senso delle nostre vite, l’alienazione delle nuove generazioni e il precariato esistenziale che già allora le caratterizzava: Firenze fu una delle ultime occasioni per parlarne diffusamente e sentirsi a casa.
Ora regna il deserto, e in questo deserto si sono inseriti, com’era ovvio che accadesse, i populismi e le Destre che vediamo all’opera un po’ ovunque, con il loro portato di conservatorismo spinto e feroce regressione sul tema dei diritti, senza distinzioni fra quelli sociali e quelli civili. È una tendenza globale, non solo italiana, perché quella generazione, ben diversa dalle precedenti generazioni ribelli, aveva ben presente la consistenza dei problemi e la loro universalità. Aveva ben presente che solo lottando insieme si sarebbe potuto ottenere qualcosa. E aveva ben presente che un’altra idea di Europa e di mondo fosse necessaria anche per rivendicare quei valori occidentali che noi stessi abbiamo, troppe volte, calpestato.
Abbiamo citato Bolzaneto, ma in seguito sarebbero venuti alla luce gli orrori di Abu Ghraib e tutte le altre nefandezze che oggi conosciamo, anche grazie al lavoro di un coraggioso giornalista australiano di nome Julian Assange, di cui poco o nulla si parla nel nostro dibattito pubblico e che, invece, dovrebbe essere considerato un esempio e un punto di riferimento per chiunque abbia a cuore la nostra professione.
I SOGNI E LE IDEE
È sempre più difficile credere in qualcosa, trovare la forza di parlare, sentirsi parte di un gruppo anziché protagonisti di una solitudine che affligge chiunque di noi e ci rende spaventosamente deboli. Eppure, il ricordo di quelle giornate ci indica una strada, ci dice che è ancora possibile ripartire, ricostruire, ritrovarci, soprattutto ora che molte di quelle idee sono diventate di moda, non per merito della Sinistra ma perché la crisi è diventata talmente insostenibile da rendere necessaria una radicalità di cui allora in troppi non avvertivano l’urgenza.
C’era tutto a Firenze: c’era l’anima, c’erano i sogni, c’erano le idee e c’erano persino le parole giuste per esprimerle, quelle che oggi sembrano essere andate smarrite, al punto che l’opposizione al modello socio-economico dominante è caratterizzata da una timidezza quasi imbarazzante. Vediamo le piazze e le università gremite di studenti e studentesse, ragazze e ragazzi che all’epoca vagivano e adesso hanno vent’anni. Tocca a noi prenderli per mano, raccontare loro quella storia e non lasciarli soli. Tocca a noi, mentre in alcuni salotti televisivi vengono ingiuriati senza che uno solo dei presenti chieda almeno di lasciarli parlare. Tocca a noi difenderli dagli attacchi di editorialisti che hanno in mente un’idea di scuola non solo sbagliata ma addirittura pericolosa per il nostro stare insieme, essendo basata su una sorta di contrasto perenne fra professori e allievi anziché sulla necessaria alleanza fra queste due categorie, con il coinvolgimento attivo anche delle famiglie: il solo modello che possa restituire a quest’istituzione, attualmente screditata, il ruolo di ascensore sociale che la Costituzione le assegna.
Tocca a noi, insomma, scongiurare il rischio che si smarriscano, proprio come in questi due decenni ci siamo smarriti noi, ormai adulti senza prospettive, senza speranze, senza più forse neanche la grinta per reagire, eppure reduci da così tante sconfitte che ci è venuta una gran voglia di riprovarci, se non altro di dare una mano a chi è venuto dopo di noi e non ha alcuna colpa per il disastro complessivo che gli abbiamo lasciato in eredità. Lo facciamo con due certezze: che da questi ventenni inascoltati e derisi abbiamo solo da imparare. E che da perdere, in un pianeta in cui l’estate dura fino a novembre, non è rimasto più nulla, se non la dignità per chi si assenta.
Ph. 3º Fórum Social Mundial © Victor Soares / Agência Brasil, Wikimedia Commons
Roberto Bertoni Bernardi
Giornalista e scrittore