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L’Ue e il rischio “contagio”

by Raul Caruso

di Raul Caruso. Economista, Università Cattolica del Sacro Cuore (Milano). Direttore del Center for Peace Science Integration and Cooperation (CESPIC) di Tirana.

Tra le preoccupazioni conseguenti allo scoppio della guerra tra Russia e Ucraina, una delle maggiori era quella del rischio “contagio”, soprattutto nei Balcani e – per la storica vicinanza con la Russia in Paesi come la Serbia, candidata all’adesione all’Unione europea.

Tra le preoccupazioni conseguenti alla recrudescenza della guerra tra Russia e Ucraina vi era e vi è sicuramente quella del contagio in altre zone d’Europa. Uno degli scenari maggiormente sotto osservazione è sicuramente quello dei Balcani. I tradizionali legami tra Serbia e Russia fin da subito hanno destato preoccupazioni alla luce del fatto che le tensioni in Kosovo e Bosnia non hanno ancora trovato soluzioni definitive. La Serbia pubblicamente ha assunto una posizione apparentemente ambigua o comunque in linea con il tradizionale non-allineamento ereditato dalla storia Jugoslava. Da un lato in sede Onu ha condannato l’invasione russa, dall’altro non ha aderito alle sanzioni economiche nei confronti del Cremlino.

La prima posizione era comunque spiegabile poiché la Serbia non avrebbe potuto sostenere una palese violazione del principio dell’integrità territoriale in virtù del fatto che questo significherebbe porre le basi per il riconoscimento del Kosovo. La mancata adesione alle sanzioni era anch’essa decisamente prevedibile visti i legami storici tra Mosca e Belgrado. Recentemente, peraltro, Putin e Vučić hanno confermato l’amicizia tra i due Paesi con un nuovo trattato di collaborazione firmato in settembre e precedentemente alla fine di maggio con un contratto per l’acquisto del gas russo a prezzi vantaggiosi. In breve, sembra evidente che la Serbia, candidata a entrare nell’Unione europea, non abbia ancora deciso se allinearsi alle posizioni europee o mantenere i tradizionali legami con Mosca.

In questo contesto, la posizione dell’Unione europea secondo alcuni è apparsa per diversi mesi debole e inconcludente. Da un lato non sembrava che l’Unione fosse in grado di offrire una soluzione convincente in virtù della permanente diversità di impostazioni in politica estera, ma dall’altro era anche evidente che l’Unione costituisse probabilmente l’ostacolo più grande a un pieno e completo sostegno serbo nei confronti di Putin.

In altre parole, l’Unione europea pur incapace di formulare una piena e definita politica estera comune, è comunque in grado di offrire un insieme di opportunità e incentivi in grado di stimolare e sostenere l’impegno all’adesione da parte delle classi dirigenti dei Paesi candidati. A dispetto dei detrattori, nelle ultime settimane, la posizione dell’Unione sembra essersi però maggiormente delineata. All’inizio del mese di ottobre, infatti, il vice presidente della Commissione europea Margaritis Schinas in visita a Belgrado ha chiarito che il non-allineamento non sarà però più una strategia accettata in seno all’Unione e che una progressiva convergenza in politica estera sarà considerata essenziale per una piena adesione all’Unione.

L’avvertimento alla Serbia è chiaro: la mancata adesione alle sanzioni nei confronti della Russia costituirà un ostacolo sostanziale all’avanzamento di Belgrado nel percorso di integrazione. Sebbene per l’Unione sia di primaria importanza un avvicinamento alla Serbia per pacificare definitivamente la Regione balcanica, è anche opportuno sottolineare che una maggiore coesione in politica estera tra i Paesi membri è da considerarsi una buona notizia. Il fatto che l’avvertimento del vice presidente della Commissione arrivi poco dopo il nuovo accordo tra Mosca e Belgrado, peraltro, lascia anche intendere che l’attenzione a Bruxelles sui Balcani è alta e che quindi alcune indecisioni del passato sembrano dimenticate. Auguriamoci che tale apparente cambio di rotta possa finalmente condurre in un futuro non lontano al riavvicinamento definitivo di tutte le regioni e dei popoli europei.

Ph. Drink valley © Aleksandar Cocek via flickr

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Raul Caruso

Economista, Università Cattolica del Sacro Cuore (Milano). Direttore del Center for Peace Science Integration and Cooperation (CESPIC) di Tirana

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