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La “neolingua” della Destra al potere

by Giancarla Codrignani

di Giancarla Codrignani. Giornalista, scrittrice e già parlamentare.

Come passa il tempo! Per ritrovare uno della sua famiglia politica che fosse presente alla “marcia su Roma”, Giorgia Meloni dovrebbe risalire al bisnonno… Comunque, che nel 2022 una donna che è passata dal Msi ad Alleanza Nazionale e a Fratelli d’Italia, abbia vinto le elezioni in Italia con più del 26% fa un po’ impressione. Anche perché nel 2018 aveva ottenuto il 4,35%: saremo mica diventati improvvisamente fascisti?

Certamente no, solo che, se interrogate qualche diciottenne che è andato a votare dicendosi di Sinistra, ignora che tale Giuseppe Conte – che forse gli piace – cinque anni fa era il premier della Destra e firmava il decreto antimmigrati, anche se ora (con la benedizione di D’Alema!) fa il battitore libero progressista. Eppure a scuola si dovrebbe imparare che il trasformismo italico si riproduce e crea imbrogli: ci si deve accorgere che il nuovo ministro – dell’Istruzione e Merito – sbaglia quando insegna le date.

Se è un guaio disaffezionarsi dal voto, votare contro il proprio interesse significa che l’antipolitica ha seminato il suo veleno così bene che nemmeno i politici della Sinistra antifascista sono capaci di tirare su la schiena ben dritta e mettersi alla testa di un progetto/bandiera di futuro e di Sinistra da condividere con chi presume di avere qualche idea e non vuole più aumentare la frammentazione, la divisione sui princìpi e la perdita del consenso.

Fatica grande: da troppi anni il Pd ha cercato solo di stare con chi aveva voti da sommare per stare al governo. Logico che, giustamente, ha perduto. Oggi non ci sono le masse su cui contava il Pci, ma il successo dei comunisti (che erano più bravi e competenti di oggi) era che l’opposizione è sempre una grande rendita. La Meloni l’ha capito. Ma evitiamo di infierire sui perdenti, tanto il latte versato non torna nella bottiglia.

Questo governo non è il nostro, ma è costituzionalmente in regola e lo stiamo vedendo all’azione. Azione subito contestata dall’Europa che dovrà esaminare la finanziaria di dicembre per dare l’“ok” ai “soldini” del Pnrr. Nemmeno l’Europa se la passa benissimo tra i postumi del Covid, i sovranismi, la guerra, il deficit energetico, la questione ambientale, la recessione; e, ancora, senza unità politica.

L’ossessione di Salvini per l’immigrazione fino ai vergognosi respingimenti, unita alla mano pesante del ministro dell’Interno contro i rave allarmano le istituzioni europee, ma l’italiano medio è ancora connivente: non ama gli immigrati e fa conto di non sapere che l’accoglienza italiana è il fanalino di coda del Continente; è un genitore permissivo e non disapprova chi impedisce ai figli di sparire senza che si sappia dove vanno e se tornano. Comunque vediamo che cosa farà il governo per le decisioni necessarie: le bollette; la crisi energetica; il bilancio (sullo sfondo 2.700 mld di debito!); le tasse che non sono flat, ma pretendono la caccia all’evasione, non la liberazione del contante fino a 5mila euro a beneficio del riciclaggio; le disuguaglianze che non si risolvono con l’assistenzialismo dei bonus; la drammaticità ambientale tardiva… Non conforta che sia stato abolito il ministero dell’Innovazione tecnologica: non rappresenta “il futuro”? Partono segnali intriganti dal linguaggio arcaico-fascista in uso tra i meloniani, a partire dall’inflazione del termine “nazione”; ma i nuovi nomi dei ministeri allarmano di più.

La scuola ha perso l’aggettivo pubblica e guadagnato il merito (classista?); l’ex “sviluppo economico” è diventato Imprese e Made in Italy (non ho parole!), ma l’“ammucchiata” Famiglia, Natalità e Pari Opportunità, preoccupa di più dato che può riportare le donne indietro di decenni, anche senza abrogare la 194: è già stata presentata una proposta di legge per il riconoscimento giuridico dell’embrione, con il favore del clero tradizionalista e le difficoltà di papa Francesco che non è Marco Pannella.

D’altra parte Giorgia Meloni vuole essere “il” Presidente del Consiglio, a dispetto della morfologia e della cultura delle donne. Se sei in carriera ti viene detto «sei come un uomo». Per me “femminista” resta offensivo perché non posso replicare «anche tu sei come una donna». Meloni non capirebbe: lei è “davvero” un uomo. Ha ragione Alessandro Sallusti [direttore di Libero]: «dire il presidente o la presidente non importa; lei ha le palle, è la sola che ha le palle».

Ph. © Marco Oriolesi via Unsplash

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Giancarla Codrignani

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