di Claudio Tugnoli. Scrittore
L’avvertenza iniziale fa sapere al lettore che il volume (Le radici nascoste. Viaggio filosofico di un adolescente, Erickson, 2022) può essere letto in tre diverse modalità: lo si può leggere dall’inizio alla fine; ci si può concentrare sui sette capitoli filosofici: il quarto, il sesto, l’ottavo, il decimo, il dodicesimo, il quattordicesimo e il sedicesimo; oppure si possono leggere i capitoli di carattere storico-narrativo: il primo, il secondo, il terzo, il quinto, il settimo, il nono, l’undicesimo, il tredicesimo, il quindicesimo, il diciassettesimo.
Con questo romanzo/saggio Loris Taufer, partendo dalla sua esperienza di insegnante di filosofia e poi di dirigente scolastico cerca di mostrare, mediante il dialogo tra un adolescente e la figura onirica di un vecchio saggio, l’importanza decisiva della filosofia nell’educazione dei giovani.
La filosofia è essenzialmente ricerca del sapere più importante, quello che riguarda il senso della vita. E l’adolescenza è l’età in cui ci si interroga sulla propria identità e possibile direzione esistenziale. Ma proprio perché l’insegnamento della filosofia non può essere dogmatico o dottrinario, il percorso da proporre all’adolescente dovrà essere storico-filosofico, tale da consentire di confrontarsi con una pluralità di posizioni teoriche differenti, affinché il giovane possa trovare da sé una risposta personale alle questioni che gli stanno a cuore in rapporto a quel mondo – natura, società, politica, cultura – che gli si presenta sconosciuto.
L’educatore dovrà proporre le più significative concezioni enunciate nel corso della storia ricostruendo, per quanto sia possibile, le argomentazioni con cui gli stessi autori, facendo appello alla logica comune a tutti gli esseri umani, hanno giustificato le loro visioni del mondo. La filosofia infatti non può prescindere dall’argomentazione, giacché una tesi può essere accettata e fatta propria solo in virtù di una valida dimostrazione. Di qui il dialogo con l’allievo, che può sempre pretendere una prova a sostegno di ciò che, attraverso l’educatore, il filosofo gli trasmette da un passato remoto.
Leonardo è un adolescente di sedici anni, al secondo anno di liceo. Vive in città ma trascorre l’estate in montagna. Lo troviamo impegnato come scalatore, ma l’aggancio si stacca dalla roccia e lui precipita nel vuoto di sotto. Leonardo è disteso su qualcosa di soffice, non prova sofferenza, si sente rilassato, ha la percezione dell’immobilità. Poi emerge un altro da sé, che ha un volto e le caratteristiche di una civiltà e di una cultura: si tratta di un vecchio saggio.
Leonardo vorrebbe conoscere il proprio stato, sapere che cosa sta succedendo, perciò pone al vecchio le domande circa la verità assoluta. Ma il vecchio saggio lo delude: la verità che mi chiedi non posso rivelartela, perché sfugge agli uomini. «Se lo facessi, significherebbe che io non ti voglio bene, che non ti riconosco per quello che sei, che non lascio spazio a te e alla tua autonomia, che non ti permetto di scegliere e di volere, di sbagliare e di correggerti» (p. 23). Il vecchio saggio capisce l’esigenza del giovane, di avere dei punti di riferimento e un interlocutore che lo aiuti a capire la realtà e ad agire in un modo che abbia senso. Propone di cercare insieme, mediante la narrazione, ciò che può essere utile ed essenziale per la vita degli esseri umani.
Il romanzo-saggio di Taufer si conclude con il ritorno di Leonardo alla realtà sensibile da una dimensione in cui ha potuto riflettere sulle grandi questioni della vita umana attingendo ai testi della tradizione filosofica. I capitoli storici sono dedicati all’esplorazione delle radici di Leonardo, che nel corso del tirocinio scolastico rimangono per lo più nascoste.
Ecco dunque la necessità di colmare questa lacuna mediante alcune immersioni di storia locale, con episodi memorabili, i quali mostrano magistralmente che il fenomeno migratorio è sempre esistito, corrispondendo all’esigenza insopprimibile, negli esseri umani, di andare oltre, di superare la condizione del proprio esserci, di trascendersi. Raffaele Loss Refelon o Aloisia in queste storie danno voce al tarlo che le fa sentire sempre in esilio, all’insoddisfazione tormentata che quei personaggi incarnano. Essi vivono quella trascendenza di cui la filosofia di Jaspers mostra la fenomenologia.
L’uomo incarna e vive la trascendenza in quanto essere sempre dis-locato, afflitto dalla nostalgia di un altrove, che coincide con il luogo originario, la patria abbandonata e sempre agognata. Tutti gli esseri umani sono migranti, sin dal momento in cui, uscendo dall’utero materno, sono gettati nella luce di un mondo ignoto e potenzialmente ostile. Invincibile è allora l’aspirazione ad andare oltre, lo spasimo di trascendersi in direzione della Heimat originaria, perché solo l’esperienza di estraneità del mondo può indurci a ritrovare il nostro porto d’approdo, quello che ci riconcilia infine con la nostra morte.
Ph. Viandante sul mare di nebbia © Caspar David Friedrich, 1818
Claudio Tugnoli
Scrittore