di Nadia Angelucci. Giornalista e scrittrice.
Comincia con una piccola storia terribile il libro di Francesca Lessa, ricercatrice italiana di stanza all’Università di Oxford. Due bambini, un fratello e una sorella di 4 anni e 19 mesi, sono soli a piazza O’Higgins, nella città portuale di Valparaíso, in Cile. Scende la sera e nessuno viene a prenderli così il giostraio si preoccupa e chiama i carabineros.
Vengono da lontano quei bambini anche se il mistero sulla loro origine si chiarirà solo 3 anni dopo il loro ritrovamento nel parco giochi: i due si chiamano Anatole e Victoria e sono figli di due desaparecidos, Mario Roger Julien e Victoria Lucía Grisonas, attivisti politici uruguaiani.
I quattro scompaiono a Buenos Aires dove i genitori vengono sequestrati dalla polizia politica; da quel momento dell’intera famiglia non si sa più nulla fino a che, grazie al lavoro immane dei parenti, i bambini saranno identificati in Cile. La ricostruzione della loro vicenda dirà che Anatole e Victoria sono stati spostati tra Argentina, Uruguay e Cile vivendo in centri di tortura clandestini e prigioni politiche prima di essere abbandonati. Quei bambini sono stati nella rete del Condor.
«L’odissea vissuta da Anatole e Victoria è uno dei casi più esemplificativi del cosiddetto Piano Condor, la rete repressiva creata alla fine del 1975 dalle dittature di Argentina, Bolivia, Cile, Paraguay e Uruguay, per perseguitare gli oppositori politici al di là delle frontiere» dice Francesca Lessa nell’introduzione de I processi Condor. La repressione transnazionale e i diritti umani in America del Sud, edito da Qudulibri e sostenuto con i fondi Otto per Mille della Chiesa valdese e metodista.
Ed è esattamente il Plan Condor al centro di questa ricerca, realizzata tra il 2014 e il 2018, e condotta su fonti numerose e innovative, attingendo tanto da archivi storici come da quelli aperti di recente, e anche dalle sentenze dei processi penali appena conclusi tra Argentina, Brasile, Cile, Paraguay, Uruguay e Stati Uniti. 3.154 in totale i documenti esaminati per un volume che ricostruisce l’atmosfera degli anni 70 in America latina, esaminando la nascita di movimenti politici e la repressione volta ad annientare l’opposizione politica che ne seguì; vengono presentati casi emblematici di sequestri illegali, tortura e sparizione in Uruguay, Cile, Brasile, Paraguay, Bolivia e Argentina, per facilitare la comprensione del funzionamento interno di queste reti repressive transnazionali.
Storie atroci di uomini e donne che hanno subito, in nome delle proprie idee, vessazioni impensabili e in molti casi il destino final dei voli della morte, espressione che fa eco all’odiosa formula della “soluzione finale” di memoria nazista; storie che non hanno risparmiato appunto neanche i bambini, rapiti e consegnati a famiglie vicine al regime, e la cui vera identità sta riemergendo grazie al lavoro dell’associazione Abuelas de Plaza de Mayo.
Nella seconda parte la ricerca affronta il tema dell’impegno di attivisti e organizzazioni per i diritti umani per far sì che queste storie trovino giustizia; si racconta soprattutto il lavoro di raccolta delle prove di questi crimini in tutta l’America del Sud e il conseguente ricorso a diversi tribunali di numerosi Paesi per superare le leggi di amnistia e indulto che caratterizzarono il ritorno alla democrazia in quei Paesi.
Così come le dittature avevano creato un coordinamento transnazionale per annientare l’opposizione, i familiari delle vittime e le Ong hanno collaborato localmente e globalmente per far emergere la verità e la giustizia. E se qualcuno si stesse domandando che senso ha occuparsi di storie di quasi 50 anni fa l’autrice risponde ricordandoci che «le geografie del terrore e dell’impunità continuano ad affliggere il mondo presente, con atrocità transnazionali commesse da attori statali e non statali […]. A giugno del 2022, la Ong statunitense Freedom House ha pubblicato un rapporto che analizza 735 episodi di repressione transnazionale di esuli in tutto il mondo tra il 2014 e il 2021 – 85 dei quali hanno avuto luogo solo nel 2021».
E la stessa Lessa nel corso del suo impegno di storica per documentare questa vicenda è stata vittima, insieme ad altre 12 persone tra cui avvocati, attivisti, giuristi, di minacce di morte da parte di un sedicente Comando Generale Pedro Barneix. Segno che gli anni passano ma l’interesse a mantenere l’impunità è ancora attivo e per questo è ancora più prezioso il lavoro di chi si espone in prima persona per evitare che il silenzio cada su questa Storia.
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Nadia Angelucci
Giornalista e scrittrice