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Tramonto del Protestantesimo?

by Fulvio Ferrario

di Fulvio Ferrario. Professore di Teologia dogmatica presso la Facoltà valdese di teologia di Roma.

In questo inizio di XXI secolo, il Cristianesimo protestante classico attraversa probabilmente la crisi più violenta della sua storia. È inevitabile menzionare anzitutto il dato statistico, che vede una drammatica riduzione numerica di tutte le Chiese protestanti tradizionali in Europa e Nordamerica; ma la stessa rilevanza culturale del protestantesimo nel dibattito pubblico è in caduta libera.

Non basta citare singole presenze significative (in politica, ad esempio, donne come Angela Merkel e Ursula von der Leyen): è del tutto evidente che, se e quando una voce cristiana si fa udire in ambito europeo o mondiale, essa non è protestante.

La cultura e la spiritualità protestanti si sono sviluppate nel quadro della modernità, influenzandola profondamente e, al contempo, essendone influenzate. Negli ultimi sessant’anni, tale dialogo ha interessato ambiti della vita e della cultura che potremmo definire ad alta visibilità, tra i quali i più rilevanti mi sembrano essere il mutamento dei rapporti di genere nella società e la comprensione della sessualità umana.

In forme diverse, il Protestantesimo ha cercato di comprendere cristianamente almeno alcune delle novità emerse nella storia. L’ordinazione al ministero pastorale di persone di entrambi i generi è un caso paradigmatico.

Secondo chi ha compiuto questo passo, non si tratta della semplice trasposizione ecclesiale di pratiche sociali; piuttosto, queste ultime hanno costituito uno stimolo per un ripensamento teologico, a proposito della dottrina dello Spirito santo e dei suoi doni. Un discorso certo non identico, ma ricco di analogie si potrebbe fare per quanto riguarda molti temi, etici e non solo.

Ebbene, il meno che si possa dire è che questo sforzo, bene intenzionato e condotto con notevole impegno, non ha pagato in termini di consenso. L’opinione pubblica secolare ne ha preso atto in modo distratto e comunque freddo, considerandolo un tentativo piuttosto slavato di aggiornare un “prodotto”, la fede cristiana, comunque obsoleto. Ancora più radicale è stata la condanna da parte delle altre Chiese.

Per quanto riguarda l’Ortodossia e il Cattolicesimo, non c’è motivo di sorprendersi. La prima fa dell’impermeabilità alla storia (ovviamente mitologica, ma proclamata con convinzione) una sorta di bandiera. Il secondo, invece, si dichiara aperto al dialogo con il mondo che cambia, ma vorrebbe dettarne le condizioni.

Tra Ortodossia e Cattolicesimo si è comunque sviluppato, con particolare evidenza a partire dal pontificato di Giovanni Paolo II, una sorta di “consenso antiprotestante”. Il “sospetto di protestantesimo”, addirittura, viene ripetutamente avanzato nei confronti di quei settori del mondo cattolico che, più o meno timidamente, affermano di volersi differenziare dal monolitismo romano.

Per quanto possa apparire un paradosso (e, in effetti, lo sia), lo stesso mondo evangelicale e pentecostale, di per sé tradizionalmente poco “ecumenico”, sembra coinvolto in questo dialogo, sulla base dei “valori della famiglia”, della “difesa della vita” e simili.

Altrettanto veemente, tuttavia, è la protesta del Cristianesimo, anche e proprio evangelico, del Sud del mondo, nei confronti delle sorelle e dei fratelli dei Paesi ricchi. Non sono poche le famiglie protestanti che si sono divise, o minacciamo di farlo, ad esempio su questioni inerenti alle persone di orientamento omoaffettivo.

Queste Chiese africane, asiatiche, latinoamericane, spesso in crescita, esprimono senza mezzi termini il loro drastico rifiuto di posizioni ritenute prove di qualsiasi fondamento biblico.

Sembrerebbe, dunque, profilarsi il seguente scenario: da un lato il mondo ricco, fortemente secolarizzato; dall’altro, una minoranza “nordica” cristianamente conservatrice e un Cristianesimo del Sud globale che non è passato attraverso le rivoluzioni culturali moderne.

In un simile quadro, il Protestantesimo classico, come espressione di un Cristianesimo interessato al dialogo con l’orizzonte secolare, finirebbe in effetti stritolato. Se ciò costituisca una tragedia per il Protestantesimo soltanto, oppure un impoverimento drastico per la fede cristiana come tale, resta, a mio avviso, una questione aperta.

Ph. © Denisse Leon via Unsplash

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Fulvio Ferrario

Professore di Teologia dogmatica presso la Facoltà valdese di teologia di Roma.

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