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Libertà religiosa. Dalle Lettere patenti al nuovo pluralismo

by Ilaria Valenzi

di Ilaria Valenzi. Avvocata, ricercatrice in diritto delle religioni, Centro Studi Confronti.

Intervista a cura di Michele Lipori. Redazione Confronti

Il 17 febbraio 1848 il re Carlo Alberto – attraverso le Lettere patenti – estendeva i diritti civili e politici ai valdesi prima e agli ebrei poi. Una tappa fondamentale che dimostra come la libertà religiosa sia la matrice e non l’appendice delle libertà civili. Un monito valido anche nel mondo di oggi.

Il 17 febbraio è il giorno in cui si ricorda la promulgazione delle Lettere patenti, con cui – nel 1848 e dopo secoli di discriminazioni – il re Carlo Alberto estendeva i diritti civili e politici ai valdesi prima e agli ebrei poi. Un segno tangibile che dimostra come la libertà religiosa sia la matrice e non l’appendice delle libertà civili. Oggi è la Costituzione a farsi da garante del principio di uguaglianza senza distinzioni, nemmeno di religione, di tutti i cittadini e le cittadine, tuttavia sempre di più si sente il bisogno di nuovi strumenti che sappiano garantire il pieno godimento della libertà religiosa in un contesto sempre più plurale.

Abbiamo parlato di questi temi con Ilaria Valenzi, avvocata, ricercatrice in diritto delle religioni e membro del Centro Studi Confronti, nonché consulente legale per la Federazione delle Chiese evangeliche in Italia (Fcei), in particolare sui temi della libertà di religione e di coscienza nell’ambito della Commissione per i rapporti con lo Stato (Ccers). 

Perché è importante ricordare la firma delle Lettere patenti ancora oggi?

Grazie a questa concessione i valdesi, che vivevano nella valli, un territorio a essi dedicato, una sorta di ghetto, hanno avuto la possibilità di svolgere una serie di attività a cui prima non avevano accesso, che invece erano garantite agli altri sudditi del re Carlo Alberto. Ad esempio i valdesi non potevano andare all’università, esercitare alcune professioni e alcune forme di commercio, e avevano un accesso limitato a una serie di diritti civili e politici che non li rendeva uguali agli altri sudditi. Quindi, pur restando all’interno del regime monarchico, per via dell’appartenenza religiosa erano loro preclusi una serie di diritti e libertà. Quello che però è importante ricordare è che le Lettere patenti riguardano i diritti civili e politici, e puntualizzano che nulla fosse innovato rispetto alla libertà di religione e di culto. Tutto quello che riguardava la sfera religiosa dell’essere valdesi rimaneva non toccato dalle Patenti albertine. Nel giro di pochissimi giorni le Lettere patenti, oltre che per i valdesi, sono state emanate per gli ebrei.

È importante ricordare questo evento ancora oggi prima di tutto per il ruolo storico della memoria, e perché ricorda che le libertà sono una questione di conquista e che molta strada è stata fatta affinché questi diritti potessero essere goduti, che le minoranze storiche hanno aperto la strada a tutta una serie di riconoscimenti civili e politici per tutte le minoranze, non soltanto religiose.

Oggi questa tappa fondamentale è sempre più da intendersi come un patrimonio comune – non solo per il Protestantesimo –, una base da cui partire per dare adito a nuove forme di pluralismo.

Quali sono state le tappe più importanti verso una piena libertà di culto e di coscienza?

Dopo le Lettere patenti, altra tappa importante è stata la Legge Sineo del 1848, emanata quando era già entrato in vigore, nello stesso anno, lo Statuto Albertino. Il primo articolo dello Statuto sanciva il fatto che la religione cattolica fosse l’unica religione dello Stato. Quindi i diritti civili e politici non andavano di pari passo con quelli riguardanti la libertà religiosa. Ciononostante, si può affermare che tutto il periodo cosiddetto “liberale” è stato un periodo di forte espansione del diritto di libertà religiosa.

Le norme non hanno infatti impedito lo sviluppo di un clima positivo nel Paese, sempre più laico e plurale. Nel periodo liberale infatti ci sono stati una serie di atti e manifestazioni che hanno portato a una facilitazione dello sviluppo di una concezione liberale dello Stato, che appunto si “liberava” da una serie di radici confessioniste, che tenevano lo Stato fermo su posizioni esclusivamente cattoliche. Ad esempio, nel 1870, dopo la caduta dello Stato pontificio e la creazione dell’Unità d’Italia, fu emanata la Legge sulle guarentigie che garantiva al papa il libero esercizio del suo potere spirituale nonché l’immunità dei luoghi in cui risiedeva, la facoltà di tenere un corpo di guardie armate, il diritto di ricevere ambasciatori e di accreditarne di propri. Un riconoscimento formale di quanto rimaneva del grande Stato pontificio, anche se non è mai stato accettato dal papa [cfr. l’enciclica Ubi nos di Pio IX, pubblicata il 15 maggio 1871].

Con i Patti lateranensi sottoscritti da Mussolini e da papa Pio XI si fa un passo indietro, ma sempre nel 1929 viene emanata la legge sui “culti ammessi” [Legge n.1159 del 24 giugno 1929], ovvero i culti che durante il periodo liberale erano formalmente “tollerati” e che da quel momento in poi vengono fortemente controllati (e repressi) dalle Forze dell’ordine. A conferma di questo nuovo atteggiamento, nel 1935 viene emanata la Circolare Buffarini-Guidi che definiva il culto pentecostale illegittimo, mettendolo fuori legge per “incomprensione del culto” ma soprattutto per ferocia verso le differenze religiose. Questa è stata la parte più efferata e violenta del sistema di persecuzione e intolleranza religiosa, che si è instaurato durante il regime fascista e termina con l’entrata in vigore della Costituzione italiana, con un articolo 7 [«Lo Stato e la Chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani»] dedicato ai rapporti con la Chiesa cattolica, che segna il modello italiano e porta nella costituzione problemi che non erano stati risolti prima. L’articolo 8 regola, invece, l’uguale libertà di tutte le confessioni religiose davanti alla legge e la possibilità di regolarsi con statuti autonomi, non in contrasto con l’ordinamento giuridico, e infine introduce l’intesa con lo Stato nel terzo comma.

Poi c’è l’articolo 19 che regola il principio di libertà religiosa per tutti, in una norma aperta che negli anni non ha assunto solo il significato di tutela della libertà religiosa dei credenti, ma anche della libertà di non credere. Il 1984, poi, è l’anno di revisione del Concordato con la Chiesa cattolica, e della sottoscrizione della prima Intesa con lo Stato, quella con la Tavola valdese.

Queste sono state le tappe fondamentali che hanno permesso a un alto numero di confessioni di sottoscrivere un’intesa con lo Stato, l’ultima delle quali è stata sottoscritta nel 2019 con Associazione “Chiesa d’Inghilterra”.

 

La Fcei, attraverso la Ccers, dialoga costantemente con lo Stato. Perché tanto impegno in tal senso?

La nascita della Ccers, che è un tavolo che conta presenze ben più ampie delle sigle che aderiscono alla Fcei, si sviluppa proprio intorno al tema della libertà religiosa e dei rapporti di fronte allo Stato. Quindi le confessioni più strutturate ed efficaci nei rapporti con lo Stato, come le denominazioni del Protestantesimo storico, si sono fatte portatrici dei diritti delle altre minoranze (cristiane e non) che hanno più bisogno di strutturarsi in tal senso. Bisogna ricordare che i diritti conquistati non lo sono mai del tutto e definitivamente: basti pensare alle sentenze sull’aborto negli Stati Uniti o alla messa a rischio di una serie di diritti anche nell’Europa occidentale. La radice storica porta al fatto che questo sia un tema ontologicamente appartenente al Protestantesimo italiano, insieme al tema dei diritti di tutte e tutti. Pertanto questo tema si estende ai diritti di tutte le confessioni religiose. La battaglia sulla libertà religiosa è una battaglia sulla legislazione organica, con un’apertura anche ad altre forme di tutela, ma al momento in entrambi i casi non esiste una libera cittadinanza all’interno del nostro Paese.

 

Prendendo atto di un rinnovato pluralismo religioso in Italia, ci sono degli strumenti che andrebbero adeguati?

Certamente esistono molti strumenti che potrebbero essere adeguati, il primo è quello di trovare una regolamentazione quadro che consenta a tutte le confessioni religiose ed espressioni di fede di vivere una vita comunitaria e anche ai singoli membri delle confessioni, che subiscono delle restrizioni dovute all’appartenenza a una determinata confessione.

Quindi sia i soggetti collettivi che individuali dovrebbero essere tutelati maggiormente con un quadro normativo e legislativo ampio, che sia in grado di consentire almeno le funzioni primarie delle religioni, come avere un luogo di culto, poter contare su un’assistenza spirituale degna all’interno dei luoghi separati, come carceri e ospedali. Ma anche la possibilità di godere di una sepoltura degna nel rispetto del proprio credo religioso, avere degli spazi che lo stato possa individuare per permettere alle persone, anche di confessioni diversa da quella cattolica, di poter celebrare funerali ed essere sepolti in luoghi che siano rispondenti alle esigenze della singola confessione.

Questi sono i problemi pratici della libertà religiosa e il pluralismo religioso comporta il fatto che improvvisamente il Paese si scopra multireligioso, diversamente da come si è sempre percepito, e i sistemi giuridici e di politica del diritto non siano aggiornati a questa scoperta del cambiamento di sé. Quindi è necessario immaginare tutta una serie di strumenti aggiuntivi a sistemi che già esistono, come percorsi contro i discorsi d’odio, che sempre più si concentrano su temi religiosi e nei confronti di alcune religioni, la possibilità di capire che il portato dell’immigrazione è anche un portato di diversità e di ricchezza culturale e religiosa. Da qui la necessità di cambiare una serie di normative già in atto, come l’ora di religione nelle scuole, che è un’ora di religione cattolica ed è opportuno che venisse modificata, o almeno integrata con altre forme di insegnamento che abbiano a che fare con il pluralismo religioso, come la Storia e la conoscenza delle altre culture e religioni.

Foto: Tempio valdese in Prati © Pufui PcPifpef  via Wikipedia

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Ilaria Valenzi

Avvocata, ricercatrice in diritto delle religioni, Centro Studi Confronti.

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