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Giuseppe Di Vittorio

by Goffredo Fofi

di Goffredo Fofi. Scrittore, critico letterario e cinematografico, giornalista.

La parabola di vita di Giuseppe Di Vittorio (1892 – 1957) fu eccezionale. Da bracciante semianalfabeta fu il fondatore del più grande sindacato dell’Italia democratica e oltre che deputato all’Assemblea Costituente, divenne esponente di spicco del Partito comunista italiano e presidente della Federazione sindacale mondiale.

Mi è capitato di assistere da ragazzo a Roma, a piazza del Popolo, a un comizio tenuto da Giuseppe Di Vittorio, il grande leader della Cgil – la Confederazione generale italiana del lavoro –, uno dei personaggi più puliti e indiscussi della Storia politica italiana e in particolare di quella della Sinistra. Ne ricavai un’impressione fortissima, di un “persuaso” che davvero aveva dedicato la sua vita alla salvaguardia dei diritti degli operai e dei contadini.

Come molti leader sindacali di una volta, veniva da esperienze dirette di lotta e di famiglia bracciantile pugliese (era nato a Cerignola nel 1892, morì a Lecce nel 1957 al termine di un incontro sindacale), a 10 anni, alla morte del padre, aveva cominciato a lavorare come bracciante.

Dei suoi scritti, dei suoi racconti quello che più mi ha commosso riguarda la “scoperta di un vocabolario”, come si intitolava uno dei capitoli di una biografia di Giuseppe Di Vittorio uscita a puntate nel 1953 su Lavoro, il rotocalco pubblicato dalla Cgil dal 1948 al 1962. Un giorno, mentre aspettava il treno, Di Vittorio voleva acquistare un vocabolario da una bancarella. Non avendo tutti i soldi, pagò con la sua giacca un libro che conteneva tutte le parole del mondo…

La biografia di Di Vittorio è appassionante. Combatté nella Prima guerra mondiale e al ritorno dal fronte e in quanto giovane leader della Sinistra, per sfuggire al Fascismo, fu esule in Francia e fu commissario politico nella guerra di Spagna (venne ferito nella battaglia di Guadalajara) e diresse a Parigi un giornale, La voce degli italiani, di posizioni coraggiose anche in confronto a quelle di altri leader comunisti, perché fu spesso in aperto conflitto tanto con Stalin che con Palmiro Togliatti, e fu invece vicino a Bruno Buozzi il grande sindacalista che fu più tardi vittima del Fascismo.

Prese parte alla Resistenza francese e a quella italiana e, arrestato, fu dapprima in carcere in Germania e poi al confino a Ventotene. Nel 1945, nei giorni della Liberazione, fu tra i fondatori della Cgil, che allora aveva tra i suoi dirigenti sia dei socialisti che dei democristiani, perché anche tra gli operai vi era una varietà di convinzioni ideologiche e perché il sindacato era un’organizzazione ben diversa dai partiti politici…

Al tempo della rivoluzione ungherese contro lo stalinismo, Di Vittorio scrisse dell’Armata Rossa che sparava sui lavoratori di un Paese socialista: scrisse, ponendosi in decisa opposizione a Togliatti, che si trattava né più né meno che di una banda di reazionari, di sanguinari…

La forza della Sinistra nel Dopoguerra era dovuta, credo, più che al gioco dei partiti (di Togliatti, Pietro Nenni, Giuseppe Saragat, Giorgio La Malfa…) alla sete di riscatto, dopo vent’anni di Fascismo, sette di guerra mondiale e due di guerra civile di un popolo formato ancora, in grande maggioranza, da contadini perlopiù analfabeti, dagli operai di fabbrica del “triangolo industriale” e da una piccolissima borghesia molto confusa nelle sue aspirazioni e che ebbe il suo riscatto solo con il “miracolo economico”.

Girando per il Sud sul finire degli anni Cinquanta, ricordo di aver visto sul canterano di una casa di contadini in Basilicata, il ritratto di Di Vittorio vicino a un’immagine della Madonna, e non si trattava di un caso raro, mi dissero dei militanti del tempo…

Sulla vita di Di Vittorio ha scritto un bel libro Davide Lajolo (il giornalista comunista che ha anche scritto una famosa biografia di Cesare Pavese, Il vizio assurdo) e le pagine che più ricordo sono proprio quelle della sua formazione, del riscatto attraverso le lotte, la politica, la solidarietà con il mondo contadino da cui veniva. E infine la sua convinzione che il Sindacato fosse qualcosa di altrettanto importante del Partito, e anche di più.

Illustrazione © Doriano Strologo

Goffredo Fofi

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