di Michele Lipori. Redazione Confronti.
Il Rapporto Bes 2022: il benessere equo e sostenibile in Italia fa un raffronto con il periodo precedente alla pandemia da Covid-19, focalizzandosi sull’evoluzione e sulle disuguaglianze del benessere, prestando attenzione agli squilibri territoriali (soprattutto Nord-Sud), nonché alle differenze di genere e di età.
Lo scorso aprile l’Istituto nazionale di statistica (Istat) ha pubblicato il Rapporto Bes 2022: il benessere equo e sostenibile in Italia al fine di fornire un’analisi delle diverse dimensioni del benessere in Italia anche in rapporto ai dati rilevati negli altri Paesi europei.
Nato nel 2013 dalla presa d’atto che il Prodotto interno lordo (il Pil, che misura il valore aggregato, a prezzi di mercato, di tutti i beni e i servizi finali prodotti sul territorio di un Paese in un dato periodo temporale) non può essere l’unica misura sulla base della quale guidare lo sviluppo di un Paese, il Bes (Benessere equo e sostenibile) è un set di indicatori sviluppato dall’Istat e dal Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro (Cnel) al fine di valutare il progresso di una società non solo dal punto di vista economico, ma anche sociale e ambientale.
I campi di valutazione del Bes si articolano in 12 macro aree: 1. salute 2. istruzione e formazione 3. lavoro e conciliazione dei tempi di vita 4. benessere economico 5. relazioni sociali 6. politica e istituzioni 7. sicurezza 8. benessere soggettivo 9. paesaggio e patrimonio culturale 10. ambiente 11. innovazione, ricerca e creatività 12. qualità dei servizi.
L’edizione di quest’anno del rapporto si concentra in particolare su un raffronto con il periodo precedente alla pandemia da Covid-19, focalizzandosi sull’evoluzione e sulle disuguaglianze del benessere, prestando attenzione agli squilibri territoriali (soprattutto Nord-Sud), nonché alle differenze di genere e di età.
L’ITALIA “A DUE VELOCITÀ”
Il quadro mostrato dal rapporto parla di un’Italia ancora “a due velocità” con divari crescenti se ci si sposta dal Nord verso il Sud e le Isole e se per la maggior parte (52,8%) delle misure riferite alle donne mostra un miglioramento a fronte del 38,9% riferito agli uomini (per i quali sono più numerose le misure in peggioramento rispetto al 2019), il 39% degli indicatori fotografa ancora uno svantaggio riferito alla popolazione femminile soprattutto per quanto riguarda il tasso di occupazione, che resta ben lontano dalla media europea al punto che quasi metà delle donne non riescono a raggiungere l’indipendenza economica.
Viene anche confermato un certo gap generazionale: se più della metà degli indicatori riferiti agli adulti ha registrato un miglioramento tale da superare, nell’ultimo anno preso in considerazione, il livello di benessere precedente alla pandemia, per i giovani con meno di 24 anni, invece, esso è migliorato solo nel 44% degli indicatori, con una percentuale quasi equivalente (43%) di peggioramento.
L’ITALIA E L’EUROPA
Nel raffronto con gli altri Paesi d’Europa, la maggior parte degli indicatori considerati mostra una situazione peggiore per l’Italia, soprattutto per quanto riguarda numerosi indicatori nell’ambito di istruzione e formazione. Ad esempio, la quota di giovani di 15-29 anni che si trovano al di fuori del contesto di istruzione e sono non occupati (Not in Employment, Education or Training – Neet) è più elevata in Italia, dove raggiunge il 19,0%, rispetto all’11,7% della media dei Paesi europei (Ue27). In Italia si osserva anche una quota più elevata di giovani tra i 18 e i 24 anni che escono precocemente dal sistema di istruzione e formazione (3% in più rispetto al valore medio europeo di 9,7%).
Per quanto riguarda il fronte del lavoro, gli indicatori rilevano che tasso di occupazione italiano nel 2022 è di circa il 10% più basso rispetto a quello medio europeo (74,7%), con una distanza particolarmente accentuata tra le donne (l’occupazione femminile in Italia è al 55,0% e quasi il 70% nella media Ue27). Anche il dominio Innovazione, ricerca e creatività mostra un’Italia con ampi ritardi rispetto all’Europa. Nonostante nel 2020 la grande maggioranza dei Paesi membri non avesse raggiunto il proprio target nazionale in termini di quota di Pil investito, il valore per l’Italia (1,51%) si attestava su livelli ben più bassi rispetto alla media Ue27 (2,31%).
Lo svantaggio dell’Italia nel contesto dell’Ue27 si rileva, inoltre, in alcuni indicatori relativi al benessere economico aggiornati al 2021, tra cui il rischio di povertà e la grande difficoltà ad arrivare a fine mese o – con dati riferiti al 2020 – la disuguaglianza del reddito netto (s80/s20). Uno degli indicatori per cui l’Italia si colloca su livelli migliori in termini di benessere, rispetto alla media dei Paesi dell’Unione Europea, è il tasso di omicidi, pari allo 0,5% per 100 mila abitanti, al di sotto della media degli altri Paesi Ue27 (0,9%).
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Michele Lipori
Redazione Confronti