di Michele Lipori. Redazione Confronti.
A partire dagli anni ’80 in Turchia numerosi sono stati gli sforzi da parte dello Stato per scoraggiare le donne dall’indossare l’hijab, arrivando a implementare il divieto di indossarlo nelle istituzioni statali, e dunque colpendo personale universitario, studentesse, avvocate, politiche, ecc.
Nel 1997, dopo che un colpo di Stato militare ha rovesciato un governo a guida islamica, il divieto è stato pienamente applicato. Un divieto di lunga data che è stato rimosso solo nel 2013 dal Partito per la giustizia e lo sviluppo (Akp) al governo, guidato dal presidente Recep Tayyip Erdoğan, allora Primo ministro.
A dimostrazione di quanto la Turchia sia cambiata, sia Erdoğan che il suo principale rivale del Partito popolare repubblicano (Chp) – Kemal Kılıçdaroğlu – alle elezioni presidenziali e parlamentari, hanno messo da parte la propria posizione “fermamente laica”, ribaltato la storica opposizione all’hijab negli ultimi tempi anni e ha assicurato alle donne che il loro diritto di indossare il velo sarebbe stato tutelato.
In campagna elettorale, infatti, il leader del Chp ha annunciato che avrebbe presentato un progetto di legge per proteggere la libertà di indossare il velo nelle istituzioni pubbliche nel tentativo di fare appello ai conservatori turchi, tra i quali il partito laicista ha tradizionalmente scarso sostegno. In risposta, il partito di Erdoğan ha proposto un referendum sugli emendamenti costituzionali per fornire garanzie alle donne che indossano l’hijab nelle istituzioni civili.
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Michele Lipori
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