di Paolo Naso. Docente di Scienza politica all'Università Sapienza di Roma.
Gli hanno perdonato ogni peccato, lo hanno votato, lo hanno amato e ne hanno celebrato le doti di presidente che ha difeso i valori della “famiglia tradizionale”, che ha modificato gli equilibri della Corte suprema e che, anche grazie a questa mossa, ha inferto un duro colpo alla legislazione sull’aborto. Lo hanno seguito fino all’insurrezione del 6 gennaio del 2020, portando nei giardini di Capitol Hill le loro insegne “cristiane” e intonando preghiere (e urlando invettive) per riparare al torto delle “elezioni rubate”. Per gli evangelical e i cattolici conservatori americani, Donald Trump è stato il re Davide che, nonostante i suoi peccati, ha vinto sul gigante Golia e difeso il Regno d’Israele. Un peccatore redento e anzi salvifico.
Al punto che nel corso del mandato di Trump alla Casa Bianca, l’81% della galassia evangelical ha costantemente sostenuto il Presidente. E ancora oggi, a più di tre anni di distanza dal 6 gennaio del 2020, c’è chi si rammarica che quel una pacifica manifestazione di onesti patrioti sia degenerata a causa di qualche facinoroso. A volte basta poco.
A poco più di un anno dalle elezioni del 2024, però, la luna di miele tra The Donald e i suoi ferventi elettori cristiani sembra tramontata. Nessuna critica – per carità! – né un mea culpa per il sostegno a un presidente che si presenterà agli elettori con decine di imputazioni di grave rilievo penale. Semplicemente, molti evangelical e altrettanti cattolici conservatori ritengono che Trump abbia perso la sua carica innovativa e che sia giunto il momento di guardare altrove, ad altri candidati. A farsi interprete di questi sentimenti è Tony Perkins, direttore del Family Research Council, una delle storiche associazioni della Religious Right.
E dire che nel 2016 era stato uno degli aedi della candidatura di The Donald al quale, una volta insediato alla Casa Bianca, aveva prontamente offerto i suoi servizi spirituali. «Donald Trump – afferma oggi Perkins – è entrato nel parco giochi, ha trovato il bullo che prendeva in giro gli evangelical e li ha presi a pugni. Ed è per questo che ci siamo affezionati a lui. Ma poi la sfida è che è andato un po’ troppo oltre. Aveva troppo vantaggio… Quello che stiamo cercando, francamente, è un incrocio tra Mike Pence e Donald Trump».
Le primarie repubblicane sono ancora lontane ed è difficile capire se il fardello dei 34 reati imputati all’ex presidente gli sbarrerà la strada della competizione con Joe Biden e, nel caso riuscisse ad ottenere il mandato dal Partito repubblicano, quale potrà essere l’esito finale delle elezioni del 2024. I sondaggi incoraggiano l’ex presidente: i margini di vantaggio sul suo competitor DeSantis sono consistenti e, nel confronto con il presidente in carica, Biden è dietro di una incollatura.
Ma, ipotizzando che possa rimontare e vincere le elezioni, che cosa potrebbe succedere? Al minimo uno scontro titanico con la magistratura; al peggio – uno scenario apocalittico – una crisi istituzionale così letale da indebolire come mai è successo l’autorevolezza democratica degli Usa. Per Trump è la battaglia della vita, ed è sin troppo chiaro che la combatterà con tutti i mezzi a sua disposizione.
Alla ricerca di un candidato meno a rischio di Trump, gli evangelical e i loro alleati cattolico conservatori seguono le mosse di Mike Pence il vicepresidente che “tradì” il suo capo legittimando l’esito elettorale. A loro è ben nota la sua conversione alla fede pentecostale e il suo esplicito fondamentalismo religioso. L’altro candidato in pectore è l’attuale governatore della Florida Ron DeSantis: radici italiane, fede cattolica, carriera militare, campione del conservatorismo etico caro agli evangelical.
E quindi propugnatore di una ulteriore stretta sull’aborto, negazionista del cambiamento climatico, favorevole al ricorso alle guardie armate nelle scuole, contrario alla sanità pubblica e contrario alla limitazione dei combustibili fossili. Il Grand Old Party repubblicano non sembra in grado di esprimere candidati di orientamento moderato. Per intenderci, personaggi come il generale Colin Powell o John McCain e Mitt Romney, già candidati alle presidenziali del 2008 e del 2012, sono ormai relitti del passato in un partito teocratico e asservito ai grandi gruppi economici e finanziari, come quasi vent’anni fa aveva intuito il politologo – di orientamento repubblicano egli stesso! – Kevin Phillips.
E così mentre il “partito di Dio” cerca il suo candidato per le elezioni del 2024, Trump si sente tradito e abbandonato: «nel mondo della politica c’è grande slealtà», ha affermato a gennaio scorso quando si sono colte le prime avvisaglie del ripensamento degli evangelical rispetto al suo futuro politico. E chi in passato lo aveva paragonato a Re Davide, oggi già parla del tradimento di Giuda
Foto © Marco Oriolesi via Unsplash
Paolo Naso
Docente di Scienza politica all'Università Sapienza di Roma.