Raul Caruso. Economista, Università Cattolica del Sacro Cuore (Milano). Direttore del Center for Peace Science Integration and Cooperation (CESPIC) di Tirana.
La guerra tra Russia e Ucraina non è una guerra qualsiasi ma piuttosto una guerra “costituente”. Nel momento in cui un accordo tra Russia e Ucraina apparirà probabile, quindi, tutti i governi razionalmente avranno l’interesse a mostrarsi disposti a cooperare. E da questa nuova cooperazione nascerà un nuovo sistema internazionale.
La guerra in Ucraina ha rivelato che il numero di conflitti armati nel mondo è elevato e che tutti questi stanno aumentando di intensità.
A ben guardare, infatti, non abbiamo assistito a nuove guerre ma piuttosto alla recrudescenza di guerre già esistenti ma spesso dimenticate.
La stessa guerra tra Russia e Ucraina non ha avuto inizio nel 2022 ma nel 2014 quando Putin decise di invadere la Crimea. Questo perché la guerra tra Russia e Ucraina non è una guerra qualsiasi ma piuttosto una guerra che cambierà le regole del sistema internazionale.
Per usare una definizione del politologo Robert Gilpin nel suo lavoro Guerra e mutamento internazionale (il Mulino, 1989), questa è una guerra “costituente”.
In parole più semplici, nel momento in cui questo conflitto troverà una fine o quantomeno uno stallo insuperabile, i belligeranti in accordo con la comunità internazionale raggiungeranno un accordo di pace.
Quello sarà il momento di verificare se la comunità internazionale avrà trovato un accordo su quelli che saranno i futuri assetti del mondo. Nel momento in cui questo articolo viene scritto, la sensazione è che il deficit di cooperazione tra paesi abbia condotto nuovamente a una situazione di completa anarchia del sistema internazionale, di cui si è già scritto in queste pagine.
In linea generale, tuttavia, nel momento in cui un accordo sembrerà più probabile, razionalmente i leader mondiali si muoveranno verso un accordo che tutti percepiranno come condiviso. In pratica, la diplomazia tenderà a essere maggiormente efficace nel momento in cui l’accordo tra le parti sarà più vicino poiché tutti i rappresentanti della comunità internazionale si muoveranno verso una soluzione ritenuta plausibile e raggiungibile.
Il risultato diplomatico che si otterrà sarà una sorta di punto focale a cui tutti i Paesi della comunità internazionale tenderanno fino a renderlo stabile. Esso sarà quindi “costituente” poiché da esso poi prenderanno forma i successivi accordi internazionali e in particolare quelli legati alla risoluzione dei conflitti in corso.
In particolare, tutti i governi avranno interesse a inviare un segnale in senso cooperativo alla comunità internazionale, e – come nel modello tit-for-tat [ una locuzione inglese che corrisponde all’italiana “pan per focaccia”, nel senso di ritorsione equivalente] reso celebre da Robert Axelrod – continueranno a comportarsi secondo le norme finché un altro attore non smetterà di cooperare.
Nel momento in cui un accordo tra Russia e Ucraina apparirà probabile, quindi, tutti i governi razionalmente avranno l’interesse a mostrarsi disposti a cooperare. Da questa nuova cooperazione nascerà il nuovo sistema internazionale. Le nuove regole del gioco non potranno che considerare nuovi leader mondiali dato che con la guerra la Russia ha abdicato al ruolo effettivo di potenza mondiale.
Se un maggiore peso della Cina è da considerarsi scontato, non si può dire lo stesso di altri grandi Paesi come l’India, ma anche di alcuni Paesi dell’area mediorientale.
La guerra a Gaza, infatti, ha dimostrato che lo sbandierato accordo tra Iran e Arabia Saudita sotto l’egida della Cina non può considerarsi – almeno finora – foriero di effettivi risultati in termini di stabilità della regione mediorientale.
In linea generale, sebbene un nuovo sistema cooperativo non appaia al momento realizzabile, esso rimane comunque inevitabile. La fine del conflitto tra Russia e Ucraina ne costituirà solamente il primo passo.
Sicuramente non potremo parlare di una vera pace mondiale, ma quantomeno di un sistema internazionale con regole condivise che informeranno le scelte degli stati verso soluzioni cooperative più stabili.
Foto © ehmitrich via Unsplash
Raul Caruso
Economista, Università Cattolica del Sacro Cuore (Milano). Direttore del Center for Peace Science Integration and Cooperation (CESPIC) di Tirana.