Michele Lipori. Redazione Confronti
Un recentissimo report di Human Rights Watch denuncia che in Europa, a partire dall’inizio delle ostilità tra Hamas e Israele (7 ottobre scorso), sono aumentati i crimini d’odio di stampo antisemita e islamofobico. Inoltre, i governi di molti Paesi stanno limitando in modo preoccupante la libertà d’espressione.
Le risposte dei governi europei alle ostilità tra Israele e i gruppi armati palestinesi a Gaza stanno generando dei gravi “effetti collaterali” sui diritti umani in Europa. A denunciarlo è Human Rights Watch, l’Ong con sede a New York che si occupa della difesa dei diritti umani. A preoccupare sono soprattutto le risposte inadeguate alle crescenti segnalazioni di antisemitismo e islamofobia, l’uso di politiche di immigrazione che rischiano di discriminare persone arabe, palestinesi o musulmane, nonché i divieti e altre restrizioni alla proteste e alla libera espressione pacifica del dissenso.
IMPENNATA DELL’ANTISEMITISMO
A partire dall’inizio delle ostilità tra Hamas e Israele (7 ottobre scorso), diversi Paesi hanno segnalato un aumento degli incidenti antisemiti che comprendono attacchi fisici, minacce o incitamenti all’odio rivolti a persone, e atti ostili nei confronti di istituzioni o case private. La polizia di Londra ha registrato 218 incidenti antisemiti solo nei primi 18 giorni di ottobre (erano 15 nella nella stessa forchetta temporale dell’anno precedente) e le autorità nel Regno Unito hanno ricevuto tra il 7 e il 23 ottobre 600 segnalazioni di questo tipo a livello nazionale, rispetto alle 81 dello stesso periodo del 2022. In Francia, lo scorso 24 ottobre il ministro degli Interni Gérald Darmanin ha dichiarato nel Paese si sono verificati 588 atti riconducibili all’antisemitismo che hanno portato a 336 arresti. In Germania, il Bundesverband Rias – un organismo di ricerca sull’antisemitismo finanziato dallo Stato – ha registrato tra il 7 e il 15 ottobre 202 incidenti riconducibili all’antisemitismo rispetto ai 59 verificatisi durante la stessa settimana nel 2022. In Italia le cose non vanno meglio. Sono 42 gli episodi di antisemitismo registrati tra il 7 e il 30 ottobre: il doppio rispetto al 2022.
ISLAMOFOBIA
Anche i crimini d’odio connessi con l’islamofobia sono aumentati notevolmente. Secondo la polizia di Londra, nei primi 18 giorni di ottobre si sono verificati 101 reati di questo tipo nella città di Londra, rispetto ai 42 dello stesso periodo del 2022. Mentre le autorità hanno registrato dal 7 al 19 ottobre in tutto il Regno Unito 291 episodi legati all’islamofobia, un numero almeno sei volte superiore rispetto allo stesso periodo nel 2022. Altri Paesi non hanno pubblicato statistiche relative a episodi di islamofobia denunciati dal 7 ottobre, il che – secondo Human Rights Watch – suggerisce che non si registrano crimini d’odio contro persone musulmane o percepite come tali. Una situazione che rappresenta un grave impedimento nell’elaborazione di risposte politiche efficaci a limitare tali crimini d’odio.
LIMITAZIONE DEL DISSENSO
Per quanto riguarda la risposta governativa al dissenso, l’Ong registra che a partire dal 7 ottobre le autorità di vari Paesi europei hanno imposto restrizioni alle proteste e ai discorsi filo-palestinesi ritenute “eccessive”. Le autorità francesi hanno imposto in prima battuta un divieto totale a proteste e manifestazioni filopalestinesi (impedendo lo svolgimento a 64 di queste), una decisione però annullata il 18 ottobre dal Consiglio di Stato. A Berlino le autorità hanno consentito manifestazioni di protesta pro-palestinesi pur vietandone almeno sette; divieti motivati dalla paura che tali «raduni portassero all’incitamento all’odio, alle dichiarazioni antisemite, all’esaltazione della violenza, all’incitamento alla violenza e quindi all’intimidazione e alla violenza», ovviamente in senso antisemita.
Tuttavia, in molti si sono scagliati contro tali restrizioni affermando che non solo fossero una limitazione della libertà di parola, ma anche discriminatorie. A Londra, è stata esercitata sulla polizia una notevole pressione da parte della politica, in particolar modo da parte del ministro degli Interni britannico Suella Braverman (poi licenziata in seguito di alcune sue dichiarazioni), che aveva chiesto “ulteriori azioni” contro le manifestazioni filo palestinesi, e da parte dall’ex ministro degli Esteri James Cleverly (che ha preso il posto agli interni della Braveman ed è stato rimpiazzato agli Esteri da David Cameron) che ha invitato i sostenitori filo-palestinesi a “stare a casa”. Dichiarazioni che, insieme al recente e controverso Public Order Bill che limita la possibilità di riunioni e scioperi, rischiano di avere un effetto dissuasivo sul diritto alla protesta e alla libertà di espressione.
In modo simile, anche il ministro degli Interni francese ha strumentalizzato il caso dell’insegnante accoltellato e ucciso lo scorso 13 ottobre nel liceo Gambetta ad Arras, per giustificare l’inasprimento di una già controversa legge sull’immigrazione, rinviata lo scorso aprile, per rendere più semplice l’espulsione di cittadini stranieri con sospetti legami con “l’ideologia radicale”. Mentre in Germania, il ministro degli Interni Nancy Faeser ha fatto diventare reato penale il supporto anche indiretto ad Hamas e chiesto l’espulsione delle persone che a essa esprimono sostegno. Il ministro dell’Immigrazione del Regno Unito ha chiesto la revoca dei visti alle persone che diffondono “odio e divisione”, “incitano all’antisemitismo” o sostengono organizzazioni proscritte che nel Regno Unito e nell’Unione europea includono Hamas. Un modus operandi che, secondo Human Rights Watch rischia di generare forti discriminazione contro i migranti e i richiedenti asilo musulmani e arabi.
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Michele Lipori
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