Michele Lipori. Redazione Confronti
Un recente studio del Pew Research Center ha indagato la propensione al pluralismo religioso di alcuni Paesi del Sud-Est asiatico.
Un recente studio del Pew Research Center basato su dati del 2022 ha indagato la propensione al pluralismo religioso di alcuni Paesi del Sud- Est asiatico, tra cui Cambogia, Sri Lanka e Thailandia – a maggioranza buddhista –, Indonesia e Malesia – a maggioranza musulmana – e Singapore. Nel complesso e nonostante il fatto che in alcuni di questi Paesi si siano spesso verificate tensioni significative con i gruppi religiosi minoritari, le persone intervistate sono risultate generalmente favorevoli alla diversità religiosa.
In particolare quasi tutte le persone intervistate hanno affermato che la diversità religiosa ha un impatto positivo (o tuttalpiù neutro) per il proprio Paese: ad esempio, il 62% degli adulti dello Sri Lanka afferma che la diversità rende il proprio Paese un posto migliore in cui vivere, mentre il 27% afferma che non fa alcuna differenza.
A Singapore, invece – dove esiste un panorama religiosamente diversificato e dove nessuna comunità religiosa costituisce la maggioranza – il 56% degli intervistati afferma che la diversità “rende migliore il proprio Paese”, il 37% afferma che “non fa alcuna differenza” e solo il 4% afferma che la diversità “peggiora il proprio Paese”.
RELIGIONI E “VALORI NAZIONALI”
Altro fattore importante della ricerca è stato quello della compatibilità delle religioni minoritarie con i “valori nazionali”. In questo senso Singapore è la più accogliente per quanto riguarda le varie religioni: circa otto persone su dieci (82%) affermano che anche l’Islam, il Cristianesimo e l’Induismo sono compatibili con la loro cultura nazionale. Negli altri Paesi, invece, la percentuale delle persone che afferma che le altre religioni siano compatibili con la propria
Molte persone nell’Asia meridionale e Sud-orientale praticano la religione in modo pluralistico. In tutta la regione, infatti, non è infrequente che persone afferenti a una religione preghino o siano in qualche modo devote a divinità o figure religiose comunemente associate a un’altra fede.
Ad esempio, un quarto dei buddisti di Singapore afferma di pregare, essere devoto o offrire il proprio rispetto a Gesù, mentre più di un terzo dei cristiani malesi afferma di farlo nei confronti di Allah. Secondo le statistiche, in generale gli hindu sono i più propensi a pregare o a offrire rispetto a divinità non tradizionalmente associate alla loro religione, mentre i musulmani sono i meno propensi.
LA MINACCIA DELL’ESTREMISMO
Nella maggior parte dei Paesi presi in esame, sebbene musulmani e buddhisti siano i gruppi religiosi maggioritari nel Sud-Est asiatico, la maggior parte di loro generalmente non vede la crescita della popolazione di altri gruppi religiosi nei loro Paesi come una minaccia alla propria cultura.
Tra i buddhisti thailandesi, ad esempio, solo un quarto si sente minacciato dalla crescita del Cristianesimo e un terzo da quella dell’Islam. Tuttavia, in alcuni Paesi, un numero considerevole di buddhisti e musulmani vede la crescita di altre religioni come una potenziale minaccia. Circa la metà dei musulmani in Malesia ritiene che la crescita del Cristianesimo (52%) e del Buddhismo (49%) costituiscano una minaccia. E il 68% dei buddhisti dello Sri Lanka ritiene che la crescita dell’Islam sia una minaccia.
Ad ogni modo, in tutta la regione, la maggior parte dei musulmani e dei buddhisti è più propensa a vedere gli estremisti della propria fede come una minaccia rispetto alla crescita di altre religioni. Ad esempio, il 54% dei musulmani di Singapore ritiene che gli estremisti musulmani costituiscano una minaccia, ma molti meno ritengono che sia una minaccia la crescita del Cristianesimo o del Buddhismo (20% ciascuno).
Foto © Sri Lanka Nilanka Kariyawasam
Michele Lipori
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