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Morante e Ortese

by Goffredo Fofi

Goffredo Fofi. Scrittore, critico letterario e cinematografico, giornalista.

Nella scrittura di Elsa Morante e Anna Maria Ortese è assente il problema del potere: la loro riflessione era mossa piuttosto da istanze che erano non meno religiose che poetiche. Le loro opere sono in grado di aiutarci ad affrontare le pene dell’esistenza (e della “Storia”) con un pensiero certamente non addormentante.

Tra le più grandi fortune della mia vita ormai lunga, c’è l’amicizia che ho intrattenuto con Elsa Morante e con Anna Maria Ortese.

Ho conosciuto molte altre donne d’eccezione, per esempio nel cosiddetto “lavoro sociale”, come Angela Zucconi e Maria Comandini Calogero fondatrici e direttrici a Roma di una scuola di assistenti sociali voluta da Adriano Olivetti di cui sono stato allievo per due o tre anni, o le ragazze che seguirono Vinay a Riesi, soprattutto Hélène Bataillard, eccetera eccetera.

E anche attrici e registe, da Monica Vitti a Alice Rohrwacher. E una suora straordinaria come sorella Maria di Campello, che fu in corrispondenza con Gandhi e con Schweitzer…

Ma sono le due grandi scrittrici che ho ricordato cui vorrei qui tornare, che uno studioso esigente come Giancarlo Gaeta, il massimo esperto di Simone Weil, considerava grandi filosofe alla stregua della Weil, appunto, e della Arendt. La loro superiorità e differenza rispetto ai filosofi di sesso maschile è stata di non aver considerato il problema del potere, assente dalle loro idee e ovviamente dalle loro ambizioni.

Grandissime scrittrici, Morante e Ortese studiavano e pensavano, mosse da istanze che erano non meno religiose che poetiche. Dalle tante conversazioni avute con loro, si sentiva in entrambe una fortissima istanza religiosa e non solo teorica, ma con una diversità essenziale.

In Morante prevaleva una visione insieme cristiana e orientale, perfino buddista; si vedano gli scritti di Pro o contro la bomba atomica (Adelphi) ma si rilegga anche, in questo senso, anche il romanzo La Storia (Einaudi).

Mentre in Ortese si avvertiva piuttosto una visione pagana, perfino greca (La Natura e i suoi dèi). In questo senso, ella sentì il bisogno di spiegarsi aggiungendo al suo capolavoro Il cardillo addolorato, che l’aveva rivelata a chi ancora non la conosceva, un secondo romanzo che ne spiegasse, pur restando pienamente romanzo, le convinzioni che la sostenevano.

E Alonso e i visionari fu un secondo capolavoro, ma in cui si può dire che la filosofia prevaleva sulla letteratura.

Anche Ortese volle raccogliere i suoi scritti più teorici, che confermano – come quelli di Morante –, la giustezza dell’apprezzamento di Gaeta, nel piccolo volume ancora adelphiano di Corpo celeste.

Ecco, due “filosofe” di fondo profondamente religioso che, pur diverse tra loro, possono aiutarci ad affrontare le pene dell’esistenza (e della “Storia”) con un pensiero certamente non addormentante, anzi risvegliante e, al loro modo, di consolazione e di guida.

Illustrazione © Doriano Strologo

Goffredo Fofi

Goffredo Fofi

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