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Il diritto alla verità e alla giustizia

by Andrea Mulas

di Andrea Mulas. Fondazione Lelio e Lisli Basso.

Il 24 marzo si celebra la Giornata internazionale per il Diritto alla verità sulle gravi violazioni dei diritti umani e per la dignità delle vittime che è stata istituita il 21 dicembre 2010 dall’Assemblea generale dell’Onu. La data ha un forte valore simbolico, in quanto il 24 marzo 1980 venne assassinato l’arcivescovo Oscar Arnulfo Romero nella cappella dell’ospedale La Divina Provvidenza nel corso della celebrazione eucaristica, nella città di El Salvador. Candidato dal Parlamento britannico al premio Nobel per la pace nel 1979, l’arcivescovo rappresentava una spina nel fianco per il regime oligarchico-militare visto che domenica dopo domenica dava voce a tutti coloro che erano ridotti al silenzio, ai desaparecidos e agli assassinati dalla polizia politica.

Il diritto alla verità è la risposta alla mancanza di chiarimenti, indagini, procedimenti giudiziari e punizioni nei casi di gravi violazioni dei diritti umani da parte delle autorità governative. Il diritto alla verità riconosce la legittimità della volontà di conoscere la “piena e completa verità” relativa agli eventi accaduti, comprese le informazioni riguardo chi vi ha partecipato, le circostanze in cui le violazioni hanno avuto luogo e le ragioni che hanno spinto a compiere le azioni di cui si parla. Si tratta quindi di un’indagine volta alla ricostruzione dell’accaduto anche al fine di ottenere giustizia per le vittime di tali soprusi.

Occorre sottolineare che tale diritto, inteso come diritto inalienabile dell’individuo, si configura come un pilastro fondamentale per combattere l’impunità e costituisce un meccanismo di giustizia indispensabile per ogni Stato democratico, poiché contribuisce a non ripetere tali atti violatori. Si tratta, in sostanza, di un obbligo di mezzi, non di risultati, che viene mantenuto finché i risultati non vengono raggiunti, in modo imprescrittibile. Peraltro il derecho a la verdad è emerso con forza nell’ultimo decennio del secolo scorso proprio in America Latina come risposta alla mancanza di verità, chiarimenti, indagini, perseguimenti penali e punizioni di casi di gravi violazioni dei diritti umani e violazioni del diritto internazionale umanitario da parte degli Stati.

Al diritto alla verità è strettamente connesso il diritto alla giustizia, che implica obblighi diversi e autonomi da parte dello Stato, tra cui l’obbligo di indagare, l’obbligo di garantire l’accesso delle vittime ai procedimenti penali e l’obbligo di punire proporzionalmente i responsabili delle violazioni. Il diritto alla giustizia viene reclamato incessantemente, nel rispetto delle istituzioni, da Anna Maria Motta e Giuseppe Paciolla, i genitori di Mario Paciolla, da quel 15 luglio 2020. Si tratta di diritti, verità e giustizia, che hanno una portata universale e che non riguardano il singolo caso, ma che hanno anche i nomi di Giulio Regeni, Andrea “Andy” Rocchelli, Luca Ventre, Michele Colosio, ucciso nel Chiapas, della missionaria Nadia De Munari, assassinata in Perù, o, andando più in là negli anni, Ilaria Alpi e Miran Hrovatin e molti altri.

Esigere la verità è una battaglia per ognuno di loro, e per i diritti di tutti noi. Rinnovano la speranza le recenti dichiarazioni di padre Francisco De Roux, già presidente della Commissione della Verità, che in Colombia ha fatto luce su decenni di conflitto, dando la parola alle vittime: «Spero che al più presto la Procura colombiana prenda in seria considerazione il caso della morte dell’operatore umanitario italiano delle Nazioni Unite, Mario Paciolla, e che sia fatta giustizia».

È necessario quindi proseguire e intensificare l’opera di mobilitazione sia della società civile che delle forze politiche, diffondere la figura di Mario e il suo impegno come cooperante, per sensibilizzare le istituzioni locali, nazionali e gli organismi internazionali, e fare finalmente chiarezza su quel tragico 15 luglio. Fino ad oggi gli imperativi della verità e della giustizia si sono sgretolati contro il muro di gomma dell’Onu, i cui organismi deputati non si sono mai impegnati a fare piena luce sul “caso Paciolla”.

Il poeta argentino Juan Gelman, chiedendo verità e giustizia per le vittime della dittatura argentina, chiuse il suo discorso durante il ritiro del Premio nazionale di poesia con queste parole senza tempo: «Per gli Ateniesi di venticinque secoli fa l’antonimo di dimenticare non era memoria, era verità. La verità della memoria nella memoria della verità».

Ph.  © Clay Banks via Unsplash 

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