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La “Sinistra sociale” verso un “Centro”?

by Giorgio Merlo

di Giorgio Merlo. Sindaco di Pragelato, già deputato della Repubblica Italiana

Intervista a cura di Claudio Paravati (Direttore Confronti)

Giorgio Merlo, politico italiano, deputato per quattro legislature, attualmente sindaco di Pragelato in Val Chisone, Torino, non ha mai smesso di scrivere, ragionare, e testimoniare la storia politica di cui ha fatto parte, in particolare di quella “Sinistra sociale” che ha innervato – nella Prima Repubblica – la Democrazia Cristiana. Col suo ultimo libro La Sinistra sociale, edito da Marcianum Press, richiama ancora una volta a quella storia, e pone nel sottotesto la questione: che spazio ha oggi quella tradizione di pensiero? È questa un’intervista pensata in quella che è la tradizione di Com Nuovi Tempi prima e di Confronti poi, con l’ottica di creare uno spazio in cui diverse sensibilità possano confrontarsi, restituendo un luogo di discussione e incontro di idee, senza favorire un partito o corrente politica in particolare.  

Che cos’è e cosa ha significato la Sinistra sociale per la politica del nostro Paese?

Il libro sulla Sinistra sociale nasce dalla precisa volontà di rileggere una esperienza politica, culturale e sociale che ha avuto un ruolo importante nella storia democratica del nostro Paese. Una esperienza, del resto, che è il frutto e il prodotto concreto della tradizione e della cultura del Cattolicesimo sociale che ha rappresentato un aspetto decisivo nella storia secolare dei cattolici impegnati in politica. Certo, la storia della Sinistra sociale di ispirazione cristiana va collocata politicamente. Il suo ruolo è stato altresì importante nella vicenda della Democrazia Cristiana attraverso le sue correnti di riferimento – da Forze Sociali a Rinnovamento a Forze Nuove –  e, soprattutto, con l’azione concreta dei suoi leader e statisti che hanno segnato la sua specificità. Da Giulio Pastore a Carlo Donat-Cattin; da Franco Marini a Guido Bodrato a Sandro Fontana, solo per citarne alcuni. Ma la presenza della Sinistra sociale della Dc era disseminata in tutto il territorio e, per dirla con Aldo Moro, «era una componente decisiva ed essenziale per conservare la natura popolare e sociale della Democrazia Cristiana». Ma la “Sinistra sociale” è stata anche una presenza politicamente rilevante perché non si è mai limitata a teorizzare la politica ma, al contrario, la sua mission è sempre stata quella di rappresentare un pezzo della società italiana – cioè i lavoratori e i ceti popolari – e di tradurre le domande e le istanze di quei mondi in atti politici e legislativi concreti. E il capolavoro politico, culturale e sociale resta, a tutt’oggi, l’approvazione dello Statuto dei Lavoratori nel maggio del 1970 dell’allora Ministro del Lavoro Carlo Donat-Cattin.

In questo contesto cosa significa “popolare”? e quali sono i nomi di riferimento?

È indubbio che la Sinistra sociale affonda le sue radici culturali nella storia e nella tradizione del popolarismo di ispirazione cristiana. Ma la sua attenzione alla dimensione sociale e concreta delle persone, fa di questa esperienza un laboratorio politico nella storia democratica del nostro Paese. Perché il salto di qualità che uomini come Carlo Donat-Cattin e Franco Marini hanno saputo dare alla Sinistra sociale è stato quello di trasformare la cosiddetta “corrente sindacale” della Democrazia Cristiana in uno strumento autenticamente politico con un progetto ben definito da confrontare con altre componenti all’interno del partito. Ben sapendo che, come diceva sempre Guido Bodrato, «la storia della Dc è la storia delle sue correnti». Perché, al di là delle alterne vicende, le correnti della Dc rappresentavano pezzi di società e, al contempo, ceti sociali ben definiti. E la Sinistra sociale di Donat-Cattin e Marini seppe rispondere appieno a quell’esigenza. Cioè uno strumento politico ed organizzativo che aveva una vasta e diffusa rappresentanza nel mondo del lavoro e che era in grado, sempre, di dispiegare una forte e spiccata progettualità politica.

Che fine ha fatto – nella storia recente – questa Sinistra sociale?

Certo, non si può non storicizzare l’esperienza della Sinistra sociale. Era una componente fondamentale della Democrazia Cristiana ed era declinata da leader e statisti che hanno vissuto da protagonisti quella storia politica, sindacale e culturale. Una storia ed una esperienza che sono proseguiti, seppur con modalità profondamente diverse, anche in alcuni partiti della cosiddetta “Seconda repubblica”. Nel Partito Popolare Italiano di Mino Martinazzoli, Franco Marini e Gerardo Bianco, poi nella Margherita e, infine, nella prima fase del Partito democratico. Certamente non nella sua ultima incarnazione, radicalmente estranea ed esterna a quella cultura, a quella tradizione, a quei valori e, soprattutto, a quella modalità organizzativa. Ma proprio la sostanziale assenza di questa cultura e di questa esperienza politica ha contribuito a rendere quasi del tutto irrilevante ed ininfluente in questi ultimi anni la presenza politica dei cattolici nella cittadella politica italiana. E una delle finalità di questo libro è anche, se non soprattutto, quella di riscoprire una cultura per inverarla nella stagione contemporanea. E questo per una semplice ragione. E cioè, la tradizione e la cultura del cattolicesimo sociale continuano ad essere di una straordinaria attualità anche nella società contemporanea. Perché i partiti vanno indubbiamente storicizzati ma i valori non si possono cancellare. Solo la “sub cultura” populista di matrice grillina ritiene che il passato va archiviato se non addirittura politicamente criminalizzato.

Nel libro sostiene che una rinascita può avvenire solo se «nell’area cattolica italiana decolla una nuova e rinnovata vocazione alla politica». È dunque una questione solo cristiano-cattolica?

No, una Sinistra sociale di ispirazione cristiana non rinasce solo in un ambito cattolico. Perché se così fosse sarebbe una semplice, e del tutto banale, operazione confessionale o neo clericale. Al contrario, e soprattutto in una stagione storica profondamente diversa da quella del passato – cioè rispetto alla fase politica che ha visto protagonista un partito come la Democrazia Cristiana – la Sinistra sociale è un incrocio e la sintesi di più culture politiche e di più esperienze ideali accomunate da un grande obiettivo. E cioè, farsi nuovamente carico – soprattutto nella fase politica attuale caratterizzata da una inedita e persino drammatica “questione sociale” – delle esigenze, delle domande, dei bisogni e dei drammi dei ceti popolari contemporanei e saper elaborare, al contempo, un progetto politico complessivo partendo, però, da quei mondi sociali di riferimento. Certo, per far ciò è indispensabile avere una cultura politica. E, per quanto mi riguarda, questa cultura politica di riferimento affonda anche le sue radici nella storia secolare del cattolicesimo sociale italiano.

 

Oggi l’intento del libro è quello di sostenere una rinascita di questa corrente? E dove si posizionerebbe nel nuovo assetto politico italiano?

È indubbio che la collocazione politica di una nuova e rinnovata Sinistra sociale di ispirazione cristiana è il vero nodo da sciogliere. Ad oggi, vedo più dove “non” si può collocare questa esperienza politica. Con la doverosa premessa che non sarà mai un partito a sé ma solo e soltanto un’area – o una corrente – all’interno di un partito. Su questo versante non c’è differenza rispetto al passato. Ovvero, una corrente politica e culturale all’interno di un partito popolare, interclassista e certamente non “personale”. Certo, non può essere un partito populista e demagogico come quello dei 5 stelle la casa più accogliente, e coerente, per una Sinistra sociale. La differenza, nel caso specifico, è quasi di natura antropologica più che non politica. Né i partiti sovranisti e conservatori della destra. E né, tantomeno, i partiti con un forte profilo massimalista e radicale della Sinistra. L’ambito naturale resta quello di un’area centrista. A patto che si definisca con chiarezza il profilo politico, culturale e programmatico di questo luogo politico. Al riguardo, noi pensiamo ad un Centro “dinamico” – per dirla con la miglior tradizione cattolico popolare e sociale –, riformista, di governo e squisitamente europeista e con un forte profilo sociale. Resto convinto che dopo il risultato delle elezioni europee questo luogo politico decollerà e una Sinistra sociale di ispirazione cristiana potrà trovare il suo ruolo più idoneo recuperando, però, quella cultura e il magistero e la “lezione” di quei grandi leader e statisti del cattolicesimo sociale del passato che sono riusciti a difendere gli interessi dei ceti popolari e, al contempo, elaborare un concreto e convincente progetto politico per tutti. Solo così potremmo essere coerenti con la nostra storia e di nuovo protagonisti nella vita pubblica del nostro Paese.

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Sindaco di Pragelato, già deputato della Repubblica Italiana

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